martedì 16 febbraio 2016

No Triv, la sentenza della Consulta ai primi di marzo sugli altri due quesiti potrebbe far saltare il castello di carte di Renzi

 


controlacrisi fabio sebastiani
Nel 2016 gli italiani rischiano di essere chiamati alle urne quattro o addirittura cinque volte: ci sono i due turni delle amministrative, il referendum sulle trivelle (cui potrebbe aggiungersi una seconda votazione perché ci sono altre due questioni al vaglio della Consulta) e il referendum costituzionale di ottobre, quello indetto da Renzi in persona. Perché non accorpare il referendum sulle trivelle con le amministrative?

Enzo Di Salvatore, costituzionalista, ed esponente del movimento No Triv che domenica scorsa ha tenuto una importante assemblea organizzativa, entra nel dettaglio della mossa del Governo, che ha fissato al 17 aprile la data del referendum contro le trivelle nel mediterraneo, facendo il punto sui dati reali.
E se quindi da una parte Renzi vuole evitare quella che chiama “ideologizzazione” dall’altra il suo entuourage parla di un rischio concreto per il rottamatore d'Italia. Stando ad alcuni sondaggi riservati, insomma, la causa No Triv in realtà ha molti più consensi di quello che sembra, e di quello che viene raccontato dal circuito dei mass media, mai come in questo momento ben schierati dalla parte del Governo. L'unica, insomma, è mirare al "quorum". Da qui la decisione sulla data del 17 aprile. Ma davvero non c'è il rischio che tanta pervicacia non venga ripagata dalla saggezza popolare con la stessa moneta? Cioè, se, come sembra, ad aprile dovrebbero concentrarsi i giochi su una sempre più probabile "manovra bis", non potrebbe darsi che diventi proprio quello il "referendum "pro/anti-Renzi" che l'ex sindaco avrebbe voluto ad ottobre?
Ovviamente per il 17 aprile i tempi sono molto ristretti. E domenica scorsa l’assemblea ha cercato di darsi un ordine e dei passaggi organizzativi molto precisi. Sono ben 27 milioni gli italiani che hanno diritto al voto. Ci sono da coordinare sia i vari comitati locali, ma anche l'eventuale elenco di personalità illustri, i vari delegati regionali, e i parlamentari.

Il pronunciamento della Corte costituzionale su “piano delle aree” e “permessi e concessioni sulla terraferma” è atteso per i primi del mese di marzo. Un eventuale verdetto positivo determinerebbe un altro appuntamento referendario. E sarebbe davvero illogico non accorparlo con il precedente, questo punto spostandolo in avanti in virtù del nuovo pronunciamento.
“Ci si sfidi sul merito del quesito ma non che si faccia di tutto perché i cittadini non siano informati”, sottolinea Di Salvatore in questa intervista a Radio Rete Edicole.
Alcune delle tante associazioni che danno vita all’universo “No Triv” hanno scritto una lettera al Presidente della Repubblica per chiedere di rivedere il provvedimento in favore di un Election Day.
Anche perché a conti fatti, l’accorpamento avrebbe conseguito due risultati: ampliare la partecipazione democratica dei cittadini e risparmiare una cifra quantificata fra 350 e 400 milioni di euro.
Nella lettera inviata al presidente Mattarella, le associazioni ribadiscono le ragioni a sostegno della necessità di un election day che accorpi il referendum alle prossime elezioni amministrative: una “richiesta avanzata da Regioni, parlamentari, associazioni ambientaliste, comitati e rappresentanti della società civile” e ignorata dal governo, nonostante fosse “un’opzione perseguibile in tempi brevi, adottando lo strumento del decreto legge”.

Nove regioni su venti si sono schierate a favore del movimento No Triv. E di queste, ben sette sono a guida Pd (le altre sono Lega e Centrodestra). “Forse questo ha convinto Renzi a fare di tutto per scongiurare i referendum e, una volta passati, tentare di contrastarli in modo deciso puntando al fatto che i cittadini non fossero informati”, conclude Di Salvatore.

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