Desta veramente scandalo ed indignazione il cumulo di menzogne spudorate con cui i giornalisti dei principali canali TV e dei maggiori quotidiani descrivono le operazioni militari in Siria che potrebbero segnare una svolta nel corso della guerra che insanguina il paese da quasi 5 anni. L’apice dello scandalo è raggiunto nella descrizione, del tutto capovolta rispetto alla realtà, della battaglia per Aleppo, che potrebbe rivelarsi decisiva per le sorti della guerra.
riceviamo e pubblichiamo Vincenzo Brandi
La
grande città industriale, posta nel Nord della Siria, è stata
sempre la capitale economica del paese. Nel 2012 la città fu
attaccata da bande jihadiste di diversa tendenza, in buona parte
costituite da jihadisti e mercenari stranieri, che riuscirono a
circondarla quasi completamente, ad occupare alcuni quartieri
periferici comprendenti varie industrie e le centrali elettrica ed
idrica, e ad infiltrarsi anche in alcuni quartieri centrali.
Gli
abitanti non collaborarono minimamente all’attacco, ma ne subirono
tutte le conseguenze. Infatti le industrie furono tutte smantellate
dai jihadisti, continuamente riforniti dalla vicina Turchia con armi
e rinforzi. Le attrezzature industriali furono tutte rivendute nella
stessa Turchia, ovviamente con la complicità delle autorità turche.
Poiché
però la città continuava a resistere, grazie anche ad un’incerta
via di rifornimento posta a Sud-Est del centro e tenuta aperta
dall’esercito, i jihadisti, cui nel frattempo si erano aggiunti
anche i miliziani dello Stato Islamico (o Daesh) provenienti
dall’Est, da Raqqa, tagliarono l’acqua e l’energia elettrica
agli assediati, bombardando nel contempo i quartieri centrali con
razzi e mortai e tormentando gli assediati con sanguinosi attentati
condotti con autobombe ed altri mezzi (il più grave e micidiale fu
condotto contro l’Università con la morte di decine di studenti).
Su tutto questo vi sono, tra le altre, le continue testimonianze dei
vescovi delle comunità cristiane cittadine, che riferiscono anche di
aver fatto scavare pozzi nei recinti delle chiese per alleviare le
sofferenze della popolazione assetata, testimonianze che i
giornalisti non potevano ignorare, anche se non avessero voluto
prestare fede alle dettagliate notizie fornite dall’agenzia siriana
SANA, o dalle fonti russe (Sputnik-edizione italiana) e libanesi (Al
Manar).
La
controffensiva dell’esercito siriano, scattata negli ultimi mesi
del 2015 con l’appoggio dell’aviazione russa, è diretta
innanzitutto a “liberare”
la città dall’assedio. L’esercito è quindi avanzato “dal
centro della città verso la periferia e le località vicine”
per allontanare gli assedianti. Verso Nord-Est è stata “liberata”
la grande base militare di Kuweiri, posta a circa 25 kilometri e
assediata da oltre tre anni, respingendo i miliziani di Daesh verso
l’Eufrate. Verso Nord-Ovest sono state “liberate”
due cittadine distanti circa 40 Kilometri, assediate anch’esse dal
2012 dai jihadisti di Al Nusra (ramo siriano di Al Queda) e dai loro
alleati di Ahrar Al Sham e dell’Esercito Libero Siriano . L’agenzia
SANA ha mostrato le folle festanti che accolgono l’esercito
“liberatore”.
Anche verso Sud-Ovest l’esercito avanza per riaprire le strade
verso le province di Homs ed Hama e permettere un maggior afflusso di
rifornimenti essenziali alla popolazione.
Ebbene,
le parole usate dai nostri giornalisti di regime dicono
vergognosamente l’esatto opposto della realtà. Secondo loro (e
secondo le veline che ricevono) sarebbe l’esercito nazionale che
“avanza verso Aleppo”
per “riconquistarla”,
come se la città fosse in mano ai rivoltosi e ai mercenari
stranieri, e non invece assediata da oltre tre anni dai jihadisti. Da
Aleppo gli abitanti fuggirebbero verso la Turchia, terrorizzati dai
bombardamenti russi.
In
realtà all’interno del perimetro cittadino non si combatte più. I
gruppi jihadisti e mercenari che si erano infiltrati in città sono
accerchiati ed hanno solo la prospettiva di arrendersi o raggiungere
un accordo con il governo simile a quello raggiunto dai jihadisti che
erano accerchiati in un quartiere isolato di Homs e furono
accompagnati alla frontiera turca con degli autobus forniti dal
governo.
Il
fronte si trova ormai molto a Nord della città a soli 20 Kilometri
dalla frontiera turca (notizia del 7 febbraio). L’esercito
nazionale vuole raggiungere la città frontaliera di Azaz per
bloccare i continui rifornimenti di armi e mercenari stranieri che la
Turchia fa affluire. Anche in altre zone della Siria, come
nell’estremo Sud nella provincia di Deraa, l’esercito respinge i
Jihadisti verso la Giordania (che prudentemente sta cambiando il suo
atteggiamento ostile verso il governo siriano), mentre anche il
tratto di frontiera con la Turchia nel Nord della provincia di
Latakia (dove venne proditoriamente abbattuto da un missile turco un
aereo russo) è ormai sotto il controllo dell’esercito che blocca
le infiltrazioni dei mercenari.
Di
fronte a questa svolta nella guerra i nostri giornalisti, che per
anni hanno ignorato la fame e la sete dei civili intrappolati ad
Aleppo e taciuto sulle loro condizioni drammatiche per cui molti
hanno abbandonato la città e sono finiti profughi, ora si stracciano
le vesti parlando dei civili che fuggono dalle zone dei
combattimenti. Facendo eco alla propaganda ed alle richieste dei due
avventurieri criminali, il presidente turco Erdogan ed il suo primo
ministro Davutoglu, tra i principali responsabili del massacro
siriano insieme ai Sauditi e agli USA, chiedono la fine dei
“bombardamenti russi”. Ma questo fervore pseudo-umanitario nasce
solo dal fatto che i mercenari al servizio del neo-colonialismo e
dell’imperialismo occidentale e delle monarchie oscurantiste del
Golfo stanno perdendo la guerra e che la Siria, con l’aiuto della
Russia, dell’Iran e degli Hezbollah libanesi, si dimostra un osso
più duro del previsto. Quando i popoli resistono è vero che
“l’imperialismo è una tigre di carta”.
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