controlacrisi fabio sebastiani
Nella sua relazione introduttiva lei ha detto “non c’è più tempo”. Oggi si è raggiunto un qualche risultato a suo avviso?
Abbiamo
fatto un passo molto importante che è quello di costituirci in una vera
e propria soggettività politica, in un comunità che sa quali sono i
vincoli della propria appartenenza, e che ci uniscono, e che può
finalmente prendere la parola e assumere delle decisioni condivise.
Fino
ad oggi eravamo una moltitudine di individui e di persone che si
riconoscevano genericamente in un progetto di lista quale Altra Europa
con Tsipras e che condividevano l’idea che si dovesse allargare il campo
e continuare anche dopo le elezioni europee. Oggi siamo un soggetto. E’
stato defintio un soggetto-progetto, cioè un soggetto che non si
considera assolutamente autosufficiente, che vive dell’intenzione di
avviare un percorso collettivo molto più ampio di quelli che sono i suoi
attuali confini con lo scopo molto ambizioso di dar vita anche in
Italia a una casa comune della sinistra e dei democratici. Si tratta di
ricostruire laa sinistra che è scomparsa, dal basso sicuramente ma anche
dall’alto, cioè lavorando sui diversi pezzi e parti dopo il diluvio e
il cambiamento generale del nostro quadro e la stessa mutazione genetica
del Pd. E questo è stato confermato nel nostro documetno politico che
individua esplicitamente la necessità di costruire la massa critica
necessaria non a fare testimonianza ma a tentare di spostare
effettivamente gli equilibri, italiani ed europei.
Tra i temi che avete affrontato c’è quello della reinvenzione dei modi e delle forme dell rappresentanza politica.
Una
delle priorità che ci siamo dati è proprio la riflessione sulle forme
della politica e sulle sue necessarie innovazioni prendendo atto che c’è
un processo di crisi molto profonda delle forme novecentesce e della
necessità di immaginare delle modalità dello stare insieme adeguate ai
nostri tempi.
Un altro nodo è quello della rappresentanza delle istanze sociali.
C’è
un pullulare di iniziative, in particolare negli ultimi mesi. E nel
momento in cui questa tensione si è accentuata è emerso da una parte il
limite enorme della frammentazione di queste esperienze e, dall’altro,
il vuoto di rappresentanza anche sociale. Non a caso Landini l’ha
giustamente messo al centro della sua inizitiva. Noi abbiamo salutato
con molto calore la proposta della Fiom di dar vita a una coalizione
sociale che orizzontalmente ricomponga quello che è stato diviso. Siamo
convinti che quella è una condizione necessaria per il cambiamento
dell’equilibrio generale ma non sufficiente perché rimane il nodo dell
rappresentanza politica e di come questo processo di ricomposizione
sociale incroci il processo verticale della rappresentanza politica.
Vi
siete un po’ impantanti sul caso Liguria, ma per il resto sembra che la
direzione sulle elezioni regionali sia abbastanza chiara…
Siamo
favorevoli a liste unitarie in alternativa esplicita e rigorosa al Pd.
Ce sono sono molte in Toscana e nelle Marche. E c’è la Liguria, a cui ho
dato nell relazione introduttiva una esplicita sottolineatura perché lì
si profilano davvero le condizioni per un significativo smottamento
dell’insediamento sociale del Pd. E’ una frattura nel Pd, anche perché
noi crediamo che la credibitlià di un progetto dipenda anche dai suoi
risultati, e cioè dalla quantità di consenso anche elettorale che riesce
d ottenere. Lì c’è una grande occasione a nostro avviso. Un emendamento
dell’assemblea ha preferito non sottolineare eccessvimente il ruolo
della Liguria rispetto al panorama generale.
Cosa direbbe a un giovane per convincerlo a riavvicinarsi alla politica?
Si
tratta di un tema drammatico per certi versi, perché ci sono
generazioni perdute alla politica, che a sua volta la politica ha
disperso e perduto. Ed ad ostacolare la comunicazione con i giovani c’è
addirittura una barriera linguistica. Molte delle nostre parole, dei
nostri linguaggi e delle nostre categorie sono sconosciute ai ragazzi,
che sono le vere vittime della situazione attuale. L’impegno politico e
l’impegno collettivo è per molti versi un residuo del passato, ma molto
dipenderà d quello che a loro volta i giovani autonomamente riusciranno a
fare rispetto alle nuove linee di frattura che si apriranno. I vecchi
partigini, in fondo, avevano cominciato a parlare con la mia generazione
del ’68 dopo che noi ci siamo mossi. Noi scoprimmo l’utilità di quel
dialogo qundo iniziammo a selezionare i nostri nemici e quindi anche i
nostri alleati.
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lunedì 20 aprile 2015
"Un soggetto-progetto, nella prospettiva della casa comune e non per fare testimonianza". Parla Marco Revelli
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