martedì 10 febbraio 2015

Forza Italia, il primo giorno di opposizione: 800 emendamenti e insulti a Renzi dagli house organ della famiglia Berlusconi.


L’ora della rappresaglia è scattata. È nei numeri: 800 sono i sub-emendamenti che Forza Italia ha presentato a una legge di riforma che aveva votato al Senato.

BERLUSCONIEd è nei toni degli house organ berlusconiani. Bastava leggere il Giornale, che stamattina ha aperto a nove colonne con questo titolo: “La deriva autoritaria. Il metodo Renzi: minacciare”. Come ai tempi del metodo Boffo, il fondo è delicato come una mazza chiodata. Si parla di “califfato” di Renzi e il leader che fino a qualche settimana fa veniva descritto come l’erede del Cavaliere e il capo di un unico, grande partito della Nazione, ora è paragonato al sanguinario Valentino dei Borgia. Su Mattino 5 poi, l’intervista sdraiata a Giovanni Toti è stata preceduta da un pezzo in cui veniva descritto il paese sull’orlo del baratro, povero a affamato, ovviamente per colpa di Renzi.

Eccolo, il primo giorno di opposizione post Nazareno. Della svolta “leghista” di Berlusconi. Con l’obiettivo di far saltare le riforme. Ottocento sub-emendamenti, per tirarla per le lunghe. E impedire che si chiuda in questa settimana. In tutto sono 3000 gli emendamenti presentati dalle forza di opposizione. E, come primo atto, si dimette Francesco Paolo Sisto dal ruolo di relatore. In un raffinato intervento in Aula, Sisto dice: “Questo accordo sulle reciproche rinunce in nome delle Istituzioni è sciolto, per cause che non a me qui analizzare e meno che mai giudicare. So solo che Forza Italia è, ora, libera di non essere scontenta, di scegliere solo quello che le piace, senza dover rinunciare alla coincidenza, piena, fra il suo Dna e i suoi voti, nel metodo e nel merito”.
È certo un atto dovuto, ma gli amici pugliesi di Sisto raccontano che, nella scelta c’è anche una questione di stile. Perché c’è modo e modo e rompere. E un giurista ha una certa difficoltà a bollare come deriva autoritaria questi provvedimenti in discussione. Un segnale di questo disagio è nella chiusa dell’intervento: “E così, col dolore profondo del giurista ma con la coerenza dell’appartenenza, rinuncio al ruolo di relatore, restando arbitro imparziale lì dove in questi mesi abbiamo tutti insieme costruito il telaio che oggi regge la riforma”. Non sono propriamente i toni di Brunetta o quelli del Giornale o di Berlusconi medesimo che in privato parla di Renzi dome di un “dittatore” cui dare una lezione. Proprio la svolta leghista alimenta le preoccupazioni dei parlamentari più moderati. I telefoni dei capigruppo bollono in queste ore: “Non possiamo passare dalla subalternità a Renzi a quella a Salvini” è il ritornello. Anche perché, e non è un dettaglio, il premier ha la forza dei numeri. Quando si è votato se rimandare o meno il testo di riforma in Commissione, è passata la posizione del Pd (contraria al rinvio) con oltre cento voti. Forza Italia ha votato con Lega e grillini. “Mi spiace per Forza Italia, ma noi andiamo avanti” dice Luca Lotti, braccio destro di Matteo Renzi.

Nessun commento:

Posta un commento