Dovremmo occuparci delle vicende in corso in Italia, della politica del governo, del nuovo presidente della repubblica, del Parlamento ridotto a misero notaio delle decisioni prese altrove, delle cosiddette riforme costituzionali fatte con colpi di mano, con la strafottenza di chi si considera “superiore”, “political correct”, dei “pierini” (don Milani) “democratici”, sedicenti di sinistra. È bene invece volgere lo sguardo altrove. Per importanza di questo orizzonte, per dimensione e importanza dei problemi. E per pulizia mentale.
di Giorgio Riolo
A
Davos, a fine gennaio, si è svolto il Forum Economico Mondiale,
l’assise dei dominanti mondiali, con tanto di presidenti e di
amministratori delegati di multinazionali, economisti, giornalisti e
corredo vario. Questa volta, una autorevole esponente di Oxfam, potente
Ong, ha potuto riferire che 85 individui sparsi nel mondo possiedono
tanta ricchezza quanto 3,5 miliardi di persone, la metà della
popolazione mondiale. E in un anno, il 2014, ancora in piena crisi
economica, questi straricchi hanno aumentato la loro ricchezza del 14%.
Il Credit Suisse nell’ottobre 2014 ha reso noto un rapporto sulla
ricchezza mondiale. Nel 2000 la ricchezza complessiva mondiale ammontava
a 117.000 miliardi di dollari. Nel 2014 questa saliva a ben 262.000
miliardi di dollari. La forbice tra chi sta in alto e chi sta in basso è
vertiginosamente aumentata. Lo 1% in alto possiede reddito quanto il
48,5% della popolazione mondiale. Altro dato impressionante: il 70%
della popolazione mondiale ha meno del 3% del reddito mondiale. La crisi
economica globale dal 2007-2008 ha comportato una paurosa
redistribuzione al contrario. Dal basso in alto, da chi meno ha a chi
più ha.
Per
concludere questa litania. Ricordiamo sempre i “trenta gloriosi” del
neoliberismo, da Reagan in avanti. Il rapporto tra reddito da lavoro e
reddito da capitale (e reddito dei manager) negli Usa è passato da circa
1 a 42, negli anni ottanta, a 1 a 419 ai primi anni 2000. Oggi si parla
di 1 a 500 e passa. Il comandamento di Reagan era: il ricco produce
ricchezza, il povero produce povertà, pertanto aiutiamo i ricchi (meno
tasse ecc.). Questa la versione feroce della storiella. Versioni un poco
più “political correct”, più “temperate”, le hanno sviluppate governi
di centrosinistra, socialdemocratici ecc. Ragione per cui un documento
della Banca Mondiale, dei primi anni 2000, destinato ai soli funzionari
della Banca stessa, da non divulgare, diceva esplicitamente che era bene
che le cosiddette “riforme” le portassero avanti i governi di
centrosinistra. Non ci sarebbero state rivolte, essendo narcotizzate le
popolazioni, che queste riforme le dovevano subire sulla propria pelle,
dal fatto che le “riforme” le fanno i loro governi “popolari”.
Questo
dal lato dello stato del mondo, dei dominanti. Dal lato delle
alternative a questo stato, le cose non vanno proprio bene. Quest’anno
2015, il Forum Sociale Mondiale, nato a suo tempo come contrapposizione
al Fem di Davos, si terrà a fine marzo a Tunisi. Nel 2013 si era già
tenuto nella stessa Tunisi. Come sempre i Fsm sono esperienze umane e
politiche importanti, anche esaltanti, di grande impatto, di grande
valore culturale e politico. Ma questo fatto del ritornare allo stesso
luogo denunzia una vera difficoltà del Forum. Che solo nel 2003, al Fsm
di Porto Alegre, Lula, allora candidato alla presidenza del Brasile,
definiva “il fatto politico più importante della nostra epoca”.
Dal
2001, all’inizio dei Fsm, pensavamo veramente e fondatamente che “un
altro mondo è possibile”, che costituissimo un potenza mondiale in grado
di misurarsi con lo strapotere militare, economico, mediatico (di
“potere” e basta) dei dominanti. La storia doveva riportarci a una
giusta misura. La retorica e la metafisica smentite dai reali rapporti
di forza su scala mondiale. E proprio all’apice della forza del Fsm, nel
2003, con la manifestazione mondiale contro la guerra in Iraq, “la
seconda potenza rimasta in campo”, inizia il declino. E tuttavia il
Forum Sociale Mondiale è il luogo dove attivisti e intellettuali dei
movimenti, dei sindacati, delle Ong ecc., di organismi di varia natura e
di varia ispirazione, si incontrano e non solo analizzano e denunciano,
ma cercano di elaborare proposte, strategie alternative.
Qui
è il luogo per riprendere il discorso sulle cause vere, recenti e
remote, sull’arcano, da dove originano le violenze, le rivolte, i
fanatismi, le brutture nel mondo. Adesso abbiamo “scoperto” la Libia con
l’Isis che avanza. Adesso gli stessi sciacalli e sciacalletti che hanno
manomesso e continuano a manomettere, a “giocare con il mondo”, in
Libia, in Siria ecc., ci chiamano alle armi. Giove fa impazzire coloro
dei quali vuole sbarazzarsi.
In
primo luogo, i dominanti riscrivono la storia a proprio uso e consumo e
poi la dimenticano. Volendola dimenticare, come “obsolescenza
programmata”. Assisi e soddisfatti nelle loro condizioni da benestanti,
benpensanti, gente per bene, sicuri, autocompiaciuti, razionali,
illuminati, scevri dalla barbarie, sempre degli “altri”. Le vittime del
colonialismo e dell’imperialismo no. La memoria è una delle poche cose a
loro disposizione. E allora hanno buon gioco i capi dell’Isis a
reclutare, a manipolare, a costruire immaginario, a mettere in ginocchio
gli occidentali e sgozzare. Usano le immagini come simbolo, come
messaggio. Non tanto per impaurire gli occidentali, questo è ovvio, ma
soprattutto per reclutare, nelle periferie del mondo e nelle periferie
delle città occidentali. Si richiamano così alla memoria, sempre
latente, le generazioni, i milioni di esseri umani impiccati, uccisi,
torturati, messi in ginocchio, umiliati. Quale spaventosa energia, quale
spaventosa violenza compressa, e pronta ad esplodere, nel passato e
oggi, si cela in queste periferie. Assieme alla povertà, alle
ingiustizie sociali nostre contemporanee, il vero giacimento d’odio, di
risentimento, di rancore. Frantz Fanon, psichiatra, nero,
rivoluzionario, lo aveva spiegato bene nel libro di sempre “I dannati
della terra”. Qualora volessimo esercitare noi, non dominanti
dell’Occidente, la memoria.
Gli
stessi dominanti un poco sobri, i campioni del realismo politico
occidentale, prescrivono sempre che le potenze colonialiste non
intervengano direttamente nelle aree del mondo dove hanno compiuto i
loro misfatti, appunto i misfatti da colonialismo. L’Italia è proprio
l’ultima a pensarsi come da coinvolgere in una guerra in Libia.
Invece
di agire sulla fonte prima del fondamentalismo-integralismo islamico,
il wahhabismo, la cui culla è stata ed è l’Arabia Saudita e la dinastia
saudita. Invece di agire sulle petromonarchie, assolutiste e
oscurantiste (Arabia Saudita, Qatar, Emirati ecc.), che il giornalismo
prezzolato si guarda bene dal definire “regimi”, stati-canaglia (la
litania del baraccone mediatico è sempre: il regime di Putin, il regime
di Assad, il regime di Gheddafi, il regime di Chavez, il regime iraniano
e via denominando). Invece di agire sul loro protettore Usa, culla
della democrazia, della guerra giusta, della civiltà. Per i quali Usa
queste petromonarchie spesso compiono il lavoro sporco. Finanziano,
manovrano questi gruppi, eserciti, califfati. Un altro esempio storico
di come possiamo addirittura anche considerare questi regimi come fatti
da “figli di puttana”, ma, come diceva Henry Kissinger a proposito di
Pinochet e dei generali cileni del golpe, sono i “nostri” figli di
puttana.
Il
Forum Sociale Mondiale di Tunisi 2015 avrà molta materia da trattare. E
forse là dove vi è stata una vera “primavera”, la Tunisia, con il
protagonismo di popolo e non di potenze straniere, il Fsm potrà
riprendere ruolo e importanza e cercare di influire sulle sorti del
pianeta. Senza ricadere però nella retorica e nella metafisica.
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