Solo in Italia sono circa 400.000 i lavoratori e le lavoratrici esposte al lavoro nero o grigio in agricoltura, di cui circa 100.000 subiscono veri e propri fenomeni di caporalato e grave sfruttamento paraschiavistico. La denuncia e i numeri del fenomeno sono contenuti nel nuovo numero di ASud'Europa, rivista del Centro Pio La Torre, che sarà presentato martedì 24 febbraio presso il Dipartimento di Scienze Agrarie di Palermo.
L’inchiesta –
come anticipa l’agenzia Agi - analizza il dilagare di forme moderne di
caporalato e di sfruttamento dei nuovi immigrati presenti nei centri di
accoglienza in Sicilia. C'è chi ha dovuto pagare cinque, sei o perfino
diecimila euro per arrivare in Italia, con un barcone verso le coste
italiane nel caso dei migranti africani o medio orientali, o
semplicemente con un visto turistico, come nel caso di indiani e
bengalesi, piuttosto che con pulmini organizzati dalla Romania o dalla
Bulgaria.
Il punto di partenza è sempre costituito da un intermediario che promette un lavoro regolare e un permesso di soggiorno. Promessa che si rivela assolutamente falsa, con i migranti che, dopo aver affrontato un vero e proprio viaggio della speranza si ritroveranno costretti a ripagare il debito contratto e quindi disposti a lavorare in nero, sotto caporale.
In Italia – ricostruisce ancora Asud'Europa - altri intermediari, spesso caporali etnici, gestiranno la tratta interna, portando la manodopera laddove ce n'è più bisogno, il tutto per conto di imprenditori italiani senza scrupoli.
"Deve far riflettere tutti , forze sociali e politiche, governi locali, regionali e nazionali, la nascita di forme moderne di caporalato e di sfruttamento dei nuovi immigrati presenti nei centri di accoglienza presenti i Sicilia - dice il presidente del Centro La Torre, Vito Lo Monaco - Le piaghe del sommerso e del lavoro nero nell’agricoltura siciliana ci sono sempre state, ma non era organizzato da caporali come avviene oggi usando anche la tratta dei nuovi schiavi del ventunesimo secolo ospitati presso il Cara di Mineo, i cui proprietari e gestori sono stati lambiti dall’indagine Mafia Capitale. Il caporalato è ormai un reato punito – aggiunge Lo Monaco - ma ciò non basta a prevenirlo e garantire il rispetto della dignità della persona e della legalità per tutti, europei e immigrati. Al rispetto di questa va subordinato l'accesso alle agevolazioni pubbliche, ipotizzando una premialità per le aziende agricole che adottano i protocolli di legalità".
Il punto di partenza è sempre costituito da un intermediario che promette un lavoro regolare e un permesso di soggiorno. Promessa che si rivela assolutamente falsa, con i migranti che, dopo aver affrontato un vero e proprio viaggio della speranza si ritroveranno costretti a ripagare il debito contratto e quindi disposti a lavorare in nero, sotto caporale.
In Italia – ricostruisce ancora Asud'Europa - altri intermediari, spesso caporali etnici, gestiranno la tratta interna, portando la manodopera laddove ce n'è più bisogno, il tutto per conto di imprenditori italiani senza scrupoli.
"Deve far riflettere tutti , forze sociali e politiche, governi locali, regionali e nazionali, la nascita di forme moderne di caporalato e di sfruttamento dei nuovi immigrati presenti nei centri di accoglienza presenti i Sicilia - dice il presidente del Centro La Torre, Vito Lo Monaco - Le piaghe del sommerso e del lavoro nero nell’agricoltura siciliana ci sono sempre state, ma non era organizzato da caporali come avviene oggi usando anche la tratta dei nuovi schiavi del ventunesimo secolo ospitati presso il Cara di Mineo, i cui proprietari e gestori sono stati lambiti dall’indagine Mafia Capitale. Il caporalato è ormai un reato punito – aggiunge Lo Monaco - ma ciò non basta a prevenirlo e garantire il rispetto della dignità della persona e della legalità per tutti, europei e immigrati. Al rispetto di questa va subordinato l'accesso alle agevolazioni pubbliche, ipotizzando una premialità per le aziende agricole che adottano i protocolli di legalità".
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