La prospettiva di escalation in Ucraina non spaventa la Russia ma terrorizza l'Europa. Il motivo è elementare. Ma perché i Frankenstein sono liberati?
1. Solo chi è accecato non si accorge di una cosa evidentissima: la prospettiva di escalation in Ucraina non spaventa la Russia ma terrorizza l'Europa.
Il motivo è elementare: loro hanno tutto da perdere se si spaventano,
noi abbiamo tutto da perdere se non lo facciamo. Infatti, nonostante le
rassicurazioni dello stesso Putin il sentimento oggi corrente tra la
popolazione, i media e soprattutto i social network russi è "Non la vogliamo, ma siamo pronti a una guerra". Da noi invece si fa di tutto per esorcizzare l'idea che una guerra ci coinvolgerebbe.
2.
E i più terrorizzati sono, giustamente, i Tedeschi. Così la signora
Merkel si è lanciata di persona in un giro frenetico di incontri
diplomatici, col timore che sia però troppo tardi. Infatti sa benissimo
che la pace doveva essere negoziata un anno fa, prima della guerra. Ma
allora noi eravamo sicuri che la junta avrebbe facilmente vinto
e potevamo tenere bordone agli Usa e far finta di non vedere le
svastiche. Abbiamo dei dirigenti metà venduti e metà ottusi.
3. La Merkel si è portata in giro lo chaperon
Hollande. Qualcuno ha detto per non dare l'impressione di un nuovo
patto Ribbentrop-Molotov (come ha subito insinuato il califfo McCain).
Ma ci sono altri motivi. Deve fare vedere agli Americani che il negoziato a oltranza è quanto vuole il nucleo della UE.
In teoria ci saremmo anche noi italiani, ma in quanto a iniziativa
diplomatica è dalla fine della Prima Repubblica che non contiamo niente.
E la nostra Alta Rappresentante, wonderwoman Mogherini? Non pervenuta. Se si fosse fatta un selfie
davanti al Manneken-Pis di Bruxelles invece che andare a Monaco sarebbe
stata la stessa cosa. La UE infatti non esiste e quindi, anche se
Renzie se la tira, il ruolo della sua Alta Rappresentante è quello del
due di briscola. A Mosca la Merkel e Hollande non l'hanno voluta e
l'hanno lasciata a Monaco a fare la piaciona con la Nato. Ma anche gli
Stati baltici sono stati tagliati fuori. Et pour cause. Questi
Stati sono pronti ad accogliere con isterica gioia le Forze Nato di
Rapida Provocazione, ma dato che sono isterici, giustamente la Merkel si
è guardata bene da averli tra i piedi. Non solo, la Gran Bretagna è
data per persa, essendo ben presente a tutti la sua sudditanza agli Usa
come junior partner. E quindi nemmeno gli UK erano a Mosca. E questo è
clamoroso, perché come è stato notato è la prima volta dai tempi della
guerra Franco-Prussiana del 1870 che la Gran Bretagna non partecipa a
una negoziazione europea importante. Al colloquio con Putin non c'erano
nemmeno gli interpreti. I franco-prussiani non si sono fidati di
nessuno. Anzi, evidentemente si sono fidati solo dei Russi visto che
hanno preferito essere spiati al Cremlino che farsi spiare dagli
alleati.
4. Che i franco-prussiani confidino oggi solo in Putin è una cosa elementarmente razionale. Ma appena ritorneranno coi piedi sulla Terra (occidentale) si accorgeranno di nuovo brutalmente dell'intrico irrazionale che la crisi sistemica sta montando. Lì, come tocchi, tocchi male.
Tutti sanno che armare la junta ucraina è un'idea catastrofica.
Lo ha scritto l'altro giorno John J. Mearsheimer sul New York Times: "Don't Arm Ukraine", diceva seccamente il titolo del suo articolo.
Lo ha detto a Monaco la signora Merkel al presidente ucraino Poroshenko, guardandolo dritto negli occhi: "I
cannot imagine any situation in which improved equipment for the
Ukrainian army leads to President Putin being so impressed that he
believes he will lose militarily".
Lo sanno i tecnici della Nato. Secondo uno di loro, che scrive sotto lo pseudonimo "Shellback"
(lupo di mare), in tutte le simulazioni a cui ha partecipato durante la
Guerra Fredda, il Patto di Varsavia aveva sempre vinto. Inoltre
all'epoca, prosegue, la Nato era solo difensiva, mentre qui dovrebbe
andare all'attacco e sarebbero dolori anche maggiori. Anche perché gli
Usa non hanno mai combattuto senza un'assoluta superiorità aerea totale,
se non all'inizio della II Guerra Mondiale, mentre i Russi «non hanno mai goduto di questo lusso»e possono lo stesso vantare una lunga serie di vittorie, tranne in Afghanistan «dove noi non abbiamo fatto meglio». La Nato, invece si è prodotta solo in «quick air campaigns against third-rate enemies yes. This sort of thing, not so much».
5.
Quindi tutti sanno, Usa compresi, che una guerra contro la Russia è una
mossa con alte probabilità di sconfitta militare. Non solo, l'ipotesi
di armare l'Ucraina sta dividendo gli Usa dalla UE al punto tale che un
personaggio come Sarkozy non ha timore di affermare «noi e la Russia facciamo parte di una comune civilizzazione. [...] Gli interessi degli Americani con la Russia non sono gli stessi interessi dell'Europa e la Russia».
Un messaggio pesante: se volete parlare di scontri di civiltà, beh cari
Americani, stati attenti che lo scontro non è tra Europa e Russia,
semmai . .
Se
poi si dovesse mai arrivare a una guerra contro la Russia, con molta
probabilità la Nato si spaccherebbe. Ricordiamoci che gli scenari
nucleari vedono penalizzata l'Europa Centrale. Lo sanno bene i Tedeschi e
lo sanno bene anche i Polacchi, anche se i loro irresponsabili
governanti fanno finta di non saperlo per poter farsi corrompere
allegramente dagli Usa. E siamo sicuri che la Grecia ortodossa
rimarrebbe nel Patto? O la Spagna? E siamo sicuri che la Repubblica Ceca
e l'Ungheria non aspettino altro che entrare in guerra contro il loro
gigantesco ex alleato? Anche sulla Turchia molti hanno dei dubbi. E se
la Germania dice nein, è molto probabile che la Francia dica pas même.
Noi non si sa. Per quanto si capisce potremmo anche essere i più scemi
della compagnia. Magari per la bisogna potremmo reinsediare il
comandante supremo Giorgio Napolitano.
Insomma,
un conto è stringersi in un patto d'acciaio difensivo quando questo
porta soldi e si è sicuri che nessuna delle due parti lancerà mai un first strike
e che nessuna delle due parti metterà mai i piedi nel piatto
dell'altra. Perché nessun presidente americano, fosse stato democratico o
repubblicano, daEisenhower a Reagan, ha mai pensato lontanamente di
spingere il confronto geopolitico fino dentro quelle regioni che, come è
stato ricordato, Mosca ha governato fin dai tempi di Caterina la
Grande. Tutt'altro conto, invece, è avere a che fare con un alleato in
crisi, virtualmente senza soldi veri (nel senso che ha veramente solo
soldi virtuali), rabbioso, che ufficialmente dichiara che se gli torna
comodo lancerà un first strike nucleare anche contro una potenza non nucleare (New Nuclear Posture),
che ingabbia gli alleati in un Patto senza strategia, mangiasoldi, non
solo inutile ma controproducente e che infine ha organizzato in quelle
regioni tabù una trappola geopolitica catastrofica.
6.
E inoltre, chi sarebbero i "nemici" in questa guerra? Se lo
smembramento caratterizzerà il nostro campo, dalla parte avversaria si
nota fin da ora l'opposto. La Cina sa benissimo che dopo la Russia
verrebbe il suo turno. E quindi la sosterrebbe. E l'India? Dubito che
davanti a un asse Russia-Cina sarebbe così incosciente da recidere i
suoi storici legami con la Russia e trovarsi contro il Regno di Mezzo
che geograficamente la sovrasta. E così via. Chi, insomma sosterrebbe
gli Usa?
7.
Quindi la domanda da farsi è duplice: a) Perché gli Usa fanno mosse che
la separano dalla UE mentre avrebbe una necessità immensa di tenerla
fedelmente al suo fianco? b) Perché gli Usa fanno mosse che potrebbero
portare a una disintegrazione della Nato lasciando la Superpotenza da
sola contro il mondo?
Per
risolvere questo rebus intanto dobbiamo appurare se lo abbiamo
impostato nel modo giusto. Solo dopo potremo cercare i perché.
Ora,
l'invio di armi (offensive o difensive non fa differenza) da parte
dell'America all'Ucraina, indurrebbe, prima ancora di essere effettuato,
un simmetrico invio dalla Russia alla Novorussia. Essendo i miliziani
della NAF più motivati perché stanno combattendo per la propria terra,
il bilancio a loro favore non cambierebbe. Questo lo sanno benissimo
anche gli Americani. L'economia ucraina, che già sopporta un'emorragia
di circa 10 milioni di dollari al giorno per la guerra, collasserebbe
ancora più in fretta. Gli Usa potrebbero solo sperare che una guerra
prolungata si rivelasse catastrofica anche per l'economia russa e quindi
per il governo di Putin. Ma ormai dovrebbero capire che contro hanno un
asse tra la maggior potenza energetica del mondo e la maggior potenza
economica del mondo, che insieme fanno la maggior potenza militare del
mondo. Per raggiungere una decisione riguardo a una guerra, diceva il
Maresciallo Montogomery già nel 1962 in una audizione alla Camera dei
Lord, «occorre che certe regole di guerra siano chiare. La Regola 1 a
pagina 1 del manuale di guerra è: "Non marciare su Mosca". In diversi
hanno tentato, Napoleone, Hitler, e non è una buona idea. Questa è la
prima regola. Non so se le Signorie Vostre conoscono la Regola 2 della
guerra. È questa: "Non combattete con le vostre truppe in Cina"».
Dato che è da supporsi che negli Usa queste cose si sappiano,
l'escalation di proclami bellici contro la Russia e la stessa trappola
ucraina montata a bella posta sembrano realmente il parto di una
disperazione che sta facendo uscire fuori di senno.
A
meno che non si pensi veramente che i governanti americani siano
idealisti e generosi. Scordatevelo, i veri idealisti anticomunisti,
quelli che credevano veramente che fosse un compito morale distruggere
il Regno del Male, cioè l'URSS, i vecchi cold war warriors,
guerrieri della Guerra Fredda, tranne pochissimi si sono tutti
allontanati da Washington che dall'insediamento alla Casa Bianca del
pacifista anni '60 Bill Clinton in poi è terreno di scorribande dei
neo-cons, disprezzati dai vecchi conservatori. Uno di essi, Paul Craig
Roberts, ha recentemente affermato che «l'attacco di Washington alla Russia ha superato il confine dell'assurdo per entrare nel regno dell'insanità mentale»[1].
8.
Ma se assumiamo per ipotesi che a Washington in realtà non siano pazzi e
psicopatici che motivo riusciamo a vedere dietro questa che a tutti gli
effetti sembra un'immensa zappata sui piedi? Ripeto, l'assunzione è che
non siano così pazzi da voler perdere una guerra convenzionale con la
Russia (esito obbligato) o di far perdere a tutto il mondo un conflitto
nucleare. In termini leggermente differenti, il problema è in quale modo
spiegare quello che sta succedendo senza ricorrere a essenze o poteri
malvagi che transitano da una potenza all'altra e come i famosi
ultracorpi portano i decisori infettati a decisioni suicide per la razza
umana.
Se
non vogliamo percorrere quella strada, l'unica spiegazione razionale
che a me viene in mente è che a Washington stiano perseguendo la strategia del cane pazzo.
Sembra
una contraddizione in termini, ma la strategia del cane pazzo ha una
logica ben precisa. Usa la follia ma con del metodo. È stata messa a
punto dagli Israeliani, a più mani. In parte risente dell'impostazione
dell'ex ministro della difesa israeliano Pinhas Lavon che, come scriveva
il suo primo ministro Moshe Sharett, secondo premier israeliano, «predicava costantemente "atti di follia" o "la furia cieca" nel caso in cui Israele fosse stato offeso».
Ma ci avviciniamo di più al nostro concetto quando riflettiamo sul
perché Martin van Creveld, professore di Storia Militare all'Università
Ebraica di Gerusalemme, dichiarò alla rivista olandese Elsevier, numero 17 del 2002: «Possediamo
diverse centinaia di testate atomiche e di missili e possiamo lanciarli
contro obbiettivi in tutte le direzioni, forse anche a Roma. La maggior
parte delle capitali europee sono obbiettivi della nostra aviazione
militare. Fatemi citare il Generale Moshe Dayan: "Israele deve essere
come un cane pazzo, troppo pericoloso da infastidire".
[.] Dovremo cercare di impedire che le cose arrivino a tanto. Ma le
nostre forze armate non occupano la tredicesima posizione al mondo, ma
piuttosto la seconda o la terza. Abbiamo lacapacità di trascinare il mondo con noi. E posso assicurarvi che sarà ciò che accadrà prima che Israele affondi»[2].
E qui il concetto si collega a quanto sostenuto da Noam Chomsky in "The Fateful Triangle",
corroborato dalle dichiarazioni del francese Francis Perrin che aiutò
gli Israeliani a costruire l'atomica, ovvero che la bomba israeliana in
realtà è indirizzata agli Stati Uniti, non per lanciargliela contro ma
per dire "Se voi non ci aiutate in una situazione critica, vi
obbligheremo a farlo, altrimenti useremo la bomba atomica".
Insomma,
un'operazione di fidelizzazione, diremmo oggi, come una tessera a punti
sui generis. Fa come ti dico io, oppure faccio i capricci atomici.
Questa
potrebbe essere oggi la strategia statunitense. Vediamo le implicazioni
di questa ipotesi, che tutto sommato è meno sgangherata di quella di un
complotto di psicopatici fissati sul potere e sui soldi.
Innanzitutto,
abbiamo sì escluso dei pericolosi psicopatici ma ci siamo trovati a che
fare con dei bambini col delirio di onnipotenza che fanno i capricci
atomici. Uno scenario solo un pochino meno inquietante.
In
secondo luogo qual è il fine di Washington di dire agli Europei "Fate
quello che voglio o vi trascino in un disastro militare apocalittico
contro la Russia"? Ovvero, cosa vogliono?
Secondo
me il fine è di obbligare gli Europei entro la camicia di forza della
Nato militare e della Nato economica, cioè gli accordi Ttip, e
subordinare la politica finanziaria e monetaria europea direttamente
agli Stati Uniti. In un certo senso è un po' un ritorno all'inizio del
dopoguerra, quando il mondo veniva diviso in due a tavolino da Truman
con la Guerra Fredda e l'impianto di Bretton Woods delineava una
produzione politica di moneta secondo una gerarchia di banche centrali
facente capo alla Fed.
Come ho brevemente spiegato in un altro articolo, il significato geo-economico di questa camicia di forza «è
quello di tentare di rilanciare la globalizzazione nei nuovi termini
che detterà (o vorrebbe dettare) il blocco atlantico [.]. E' . evidente
che l'accettazione di questi termini da parte dei BRICS li condannerebbe
a uno sviluppo che non contempla, anzi ostacola, la loro crescita e
assestamento in quanto stati-nazione moderni, quindi con dinamiche
sociali più armoniose, più equilibrate e più socialmente protette. Per
molti versi si tratta di un ambizioso (ma difficile) progetto
neo-comprador, cioè di dominio sulle economie delle nazioni estere
attraverso élite subordinate a un potere imperiale».
La
difficoltà del progetto risiede nel fatto che nemmeno un intervento
divino riporterà la situazione internazionale allo stato in cui era nel
1945. Moltissimi dei fattori chiave di allora sono esattamente
capovolti: gli Usa non detengono più il 70% delle riserve auree
mondiali, bensì sono privi di riserve auree; non sono più il maggior
Paese creditore del mondo, bensì molto probabilmente (dipende dai
calcoli) il Paese più indebitato del pianeta, non hanno la valuta più
stabile economicamente, finanziariamente e politicamente, bensì una
valuta che a tutti gli effetti sta in piedi per miracolo, perché gli
Stati Uniti sono comunque "molto grossi". Non solo, gli Usa non hanno
più la maggiore produttività del mondo e di fatto non sono più la
maggior potenza militare del mondo.
Il
parallelo con la situazione postbellica lo dobbiamo cercare nella
volontà di configurare un'area d'influenza rigidamente regolata, un
impero formale, per agire sulla scena internazionale nuovamente come
potenza egemone. Che è quanto fecero alla fine della II Guerra Mondiale,
ma in condizioni sistemiche molto diverse e immensamente più
favorevoli. Quindi dovranno manovrare su altre leve. Ad esempio il
progetto non sta in piedi se la finanza cinese, statale e privata, non
verrà pompata massicciamente nel circuito della finanza internazionale.
Ma, prima di tutto, il progetto non funzionerà se gli Stati Uniti non
saranno in grado di suscitare nei grossi competitor delle élite che
possano trarre vantaggio dal progetto neo-imperiale formale e al
contempo opporsi efficacemente alle forze che difendono la sovranità di
quei Paesi. I primi tentativi sono falliti. In Cina Occupy Central
è sparito nel nulla. In Russia il loro fallimento è stato addirittura
accelerato dalle sanzioni, ma già la fine politica del cleptocrate
Eltsin gli aveva assestato un bel colpo, con l'esito clownesco che gli
oligarchi che avevano aderito al progetto sconfitto, in Occidente
venivano chiamati regolarmente "dissidenti", mentre tutti quelli che
preferivano trarre profitto dallo sviluppo indipendente del proprio
Paese rimanevano marchiati come "oligarchi"[3].
In
definitiva, la strategia neo-imperiale formale dovrà usare in termini
principalmente politici l'enorme blocco economico a guida Usa che si
formerebbe e trovare il modo di sfruttare le proprie debolezze associate
alle proprie dimensioni (ovverosia, il modo di ricattare).
Come
farà, in parte si può immaginare, perché saranno ripetizioni in
condizioni nuove di cose già viste. Ma in gran parte si tratterà di
capirlo in corso d'opera. Non credo che nemmeno gli strateghi
statunitensi abbiano una "grand strategy" così raffinata e dettagliata. Forse non hanno nemmeno una "grand strategy", e navigano in gran parte a vista.
9.
I negoziati di Minsk ci daranno qualche prima indicazione. Ad esempio
se va verso la fine la necessità di minacciare militarmente la Russia e
quindi di minacciare politicamente l'Europa. Da qui inizierebbe la
seconda parte della strategia del cane pazzo e quindi si sarebbe in
grado di iniziare a verificare se la nostra ipotesi è sgangherata o se
tiene. Ma non sarà comunque una cosa facile, perché il dopo-accordi, se
accordi ci saranno, non sarà limpido. Limitiamoci per ora a immaginarci
cosa succederà nel Paese direttamente interessato.
Un
accordo si potrà avere solo se Poroshenko accetterà la federalizzazione
dell'Ucraina. Se lo farà il conflitto in Novorussia finirà, ma si
aprirà uno scenario inquietante per altri motivi.
Innanzitutto
Poroshenko dovrà aspettarsi una rivolta dei partiti e dei gruppi armati
nazisti e ultra nazionalisti che si sentiranno traditi. Ciò mi fa
pensare che nell'immediato verranno rivelati solo gli accordi relativi a
un cessate il fuoco e la rinuncia degli Usa di armare Kiev. Ripeto, se
accordi a Minsk ci saranno [4].
Ma
i termini più generali verranno, se possibile, nascosti fino almeno
allo scioglimento dei battaglioni di volontari ed eventualmente a una
sostituzione del ministro della Difesa. L'accordo generale deve
sicuramente garantire un'autonomia al Donbass e al resto della
Novorussia tale da disinnescare le rivendicazioni dei nazionalisti ultrà
filorussi, che quasi di sicuro chiederanno l'annessione alla Madre
Russia, che Putin non intende accettare, perché sarebbe quasi
sicuramente l'inizio di una nuova guerra, anche se quelle richieste
avranno dalla loro parte migliaia di civili morti nei criminali
bombardamenti ucraini e le nefandezze dei battaglioni punitivi nazisti.
Quindi assisteremo anche a conflitti politici interni al campo russo
(potrebbe essere il momento buono per gli Usa per indebolire Putin, ma
questo indebolimento ribalterebbe tutto lo scenario, perché solo un
ottenebrato non si rende conto che Putin è l'unico oggi a poter tener
testa al nazionalismo russo. Altro che Hitler-Putin!).
Ma
una volta firmati gli accordi, oltre a scatenare il malcontento e la
rabbia di nazisti e nazionalisti ucraini, non c'è motivo che a quel
punto in Galizia non scenda in campo un partito autonomista che inveendo
contro "il nuovo patto Ribbentrop-Molotov" pretenda a sua volta un
trattamento simile, rivendicando una repubblica semi-autonoma. Cosa gli
si risponderà? Infine non c'è motivo per escludere in Ucraina una
stagione di violenze di tipo terroristico e squadristico, a macchia di
leopardo. E non c'è motivo di escludere una ripercussione di estrema
destra in tutta Europa, con nuove alleanze e, anche, nuovi obiettivi.
I mostri di Frankenstein lasciati liberi si comportano da mostri di Frankenstein lasciati liberi. E' ovvio. Non vi pare?
La partita è iniziata, ma nessuno ha chiaro come finirla.
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