venerdì 27 febbraio 2015

Se questa economia uccide, che ruoli spettano alla società civile e alla politica?

Ci sono tre riflessioni illustri che mi ronzano in testa da giorni.


Portavoce Comitato per l’Expo dei Popoli
 
Giosue' De Salvo HeadshotLa prima è di papa Francesco che, a proposito della crisi ormai permanente, ha detto:
No, a un'economia dell'esclusione e della iniquità. Questa economia uccide... Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa...Questo è il frutto della legge di competitività per cui il più forte ha la meglio sul più debole...È dunque necessario, se vogliamo realmente risolvere i problemi e non perderci nei sofismi, risolvere la radice di tutti i mali che è l'iniquità
La seconda è del presidente Sergio Mattarella che il 7 febbraio scorso nel suo messaggio all'Expo delle Idee ha scritto:
L'aumento delle diseguaglianze tra paesi ricchi e popolazioni povere, in costante lotta per sopravvivere alla denutrizione, rende indispensabile l'adozione di un nuovo modello di sviluppo che modifichi questa inaccettabile tendenza... Si tratta di una sfida globale che interessa l'intero pianeta e che richiede scelte politiche e azioni condivise per la gestione sostenibile delle risorse, la difesa delle biodiversità, la salvaguardia e valorizzazione dei territori, troppo spesso messi a rischio da comportamenti egoistici ed irresponsabili
La terza è di Olivier De Schutter, relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto al cibo dal 2008 al 2014, che ha concluso il suo mandato affermando:

L'eliminazione della fame e della malnutrizione è un obiettivo raggiungibile. Tuttavia, non sarà sufficiente rivedere la logica dei nostri sistemi alimentari. Occorre rovesciarla... Gli attuali sistemi alimentari risultano efficienti solo per quel che riguarda la massimizzazione dei profitti dell'agribusiness... Obiettivi quali l'approvvigionamento delle comunità con alimenti diversi e culturalmente accettabili, il sostegno ai piccoli produttori, la protezione del suolo agricolo e delle risorse idriche, l'incremento della sicurezza alimentare in aree particolarmente vulnerabili, non devono essere ridotti alla ricerca unidimensionale di aumentare la produzione di cibo...Il deficit principale dell'economia del cibo è quello democratico. Solo attraverso lo sfruttamento del sapere dei popoli e includendo i loro bisogni e le loro preferenze nel progetto di ambiziose food policies, otterremo dei sistemi alimentari solidi e duraturi
Ora mettere a fuoco queste frasi, calibrate parola per parola, consente di non perdersi "in inutili sofismi" e - soprattutto in ambiti che vedono una pluralità di attori in campo, come per esempio nella cooperazione e nella solidarietà internazionale - di continuare a svolgere quel gioco delle parti che è il sale della democrazia!
Gli spot e agli annunci della Carta di Milano in occasione dei 42 tavoli del 7 febbraio scorso all'Hangar Bicocca parlano di una grande alleanza tra governi, imprese e cittadini ma detta così, questo modo di mettere tutti sulla stessa barca, regge fino a un certo punto. Perché se i nostri sistemi alimentari non sono democratici (De Schutter), se l'attuale modello di sviluppo genera diseguaglianze tra paesi ricchi e popolazioni povere (presidente Mattarella), se quest'economia uccide (papa Francesco) allora ci sono degli assassini e delle vittime.
Gli assassini sono ben note politiche aziendali e ben note politiche o non-politiche governative, nazionali e sovranazionali.
Le vittime sono chi soffre la fame e la malnutrizione, chi viene espropriato di beni comuni quali acqua, terra e sementi, coloro a cui viene negata la dignità del lavoro e coloro che non hanno nessun rimedio legale per le violazioni dei loro diritti fondamentali.
A noi società civile spetta di denunciare gli assassini e dar voce e sollievo pratico alle vittime.
Alla politica spetta prevenire nuovi assassini e garantire una riparazione legale alle vittime.
È quindi tempo di "scelte" per chi amministra (presidente Matarella), occorre schierarsi come decisori politici, per combattere l' "iniquità" quale radice di tutti i mali (papa Francesco) e trasformare i sistemi agroalimentari globali da fonte di "profitto per pochi" a fonte primaria di "diritti per tutti" (Olivier De Schutter).
È questa la richiesta forte e articolata che emergerà dall'Expo dei Popoli del 2-6 giugno prossimi.
Una richiesta rivolta agli Stati nazionali che arriverà dalle 40 Ong e associazioni italiane che compongono il comitato organizzatore ma soprattutto dalle reti internazionali e dai movimenti contadini che hanno eletto Milano come una delle tappe di mobilitazione globale verso la nuova Agenda di sviluppo post 2015 e il nuovo Accordo sul cambiamento climatico.
La Carta di Milano lanciata dal presidente Renzi è cosa buona e giusta. Ma se i tempi sono quelli sopra descritti, se le urgenze sono quelle sopra narrate, ciò che serve non è una Carta di Milano che cerchi di mettere tutti d'accordo. Alla Farnesina ce lo hanno spiegato mille volte come ciò sia impossibile di questi tempi.
E allora ciò su cui il governo italiano potrebbe e dovrebbe puntare, secondo noi (che dunque nel gioco delle parti siamo quelli che avanzano delle richieste, non ideologiche ma basate su esperienza e analisi) è la formazione di un nuovo tipo di "coalizione di volenterosi". Una "coalizione di Stati volenterosi" che invece di fare la guerra all'ex "amico che era nemico del mio nemico" di turno, forzi gli equilibri dello scacchiere internazionale e si impegni a rovesciare la logica degli attuali sistemi agroalimentari, si impegni a definire regole che rendano il diritto al profitto variabile subordinata del diritto al cibo e agli altri beni comuni e che si impegni a ad attuare politiche in grado di ridare una piena sovranità alimentare ai popoli e alle comunità locali.
Questa è la vera sfida di Expo 2015, questa sarebbe secondo noi la sua migliore eredità.

Nessun commento:

Posta un commento