Molto in questi giorni di tragedie
familiari si sta scrivendo per stigmatizzare come la stampa stia dando
pessima prova di sé nello speculare sulla vicenda della madre, forse
colpevole, del piccolo Loris.
Monica Lanfranco
Passando per la città ho visto esposti
nelle edicole gli strilli di alcuni quotidiani che promettevano ‘tutti i
particolari’, anticipando così i plastici ricostruttivi che presto
Vespa esporrà in trasmissione alimentando la consueta banalità del male,
mediatica e sociale.
Nei media, come al bar, si oscilla tra
la santificazione della maternità e la ‘moderna’ tendenza all’insulto
sessista: la ministra al giovedì è una madonna rinascimentale ma di
venerdì si può di lei dire quanto sia esperta nell’arte della fellatio:
eccoci dunque nella scanzonata era del ‘post’ (soprattutto post
femminismo), epoca gossipara, fiera della sua amoralità e sessualmente
libera di adorare apertamente il porno e il mercato che produce.
Una società che si sveglia inorridita
alla notizia di una madre (forse) assassina e si corica digerendo la
fiera dei padri utilizzatori finali di adolescenti.
Si può, allo stesso tempo, sostenere che
la 194 è un delitto e poi pretendere che le bambine abbiano spazi
dedicati nelle beauty farm per truccarsi da donne ed essere pronte
all’uso. A Genova, in un salone di bellezza, il pacchetto con sconto che
va per la maggiore è l’offerta mamma-figlia (adolescente) per
(finalmente) liberarsi dai peli superflui, per non parlare dei programmi
in rosa confetto di alcune spa in Emilia Romagna dedicate alle bambine
sotto i 10 anni.
Che madri sono quelle che accettano
scenari simili per le figlie (e i figli)? Credo che la domanda sia
falsata dalla considerazione del materno come di una categoria astorica e
apolitica.
Le donne e gli uomini sono figlie e
figli delle loro famiglie, che a loro volta sono anche il risultato del
clima sociale e culturale del luogo dove vivono.
Non tutte le donne e non tutti gli
uomini dovrebbero riprodursi: mettere al mondo e prendersi cura,
educare, insegnare ad assumersi responsabilità adulte non dovrebbe
essere un obbligo, ma la cultura diffusa vede nella maternità la forma
più matura di espressione della femminilità.
Donne e uomini hanno cominciato a
sganciare la sessualità dalla riproduzione non da molto: questa
separazione significa libertà e autodeterminazione per le donne, così
dovrebbe essere, ma non lo è sempre, persino nella nostra parte del
mondo che si definisce evoluta, perché di questa libertà si ha paura.
C’è ancora una grande pressione,
specialmente sulle donne, affinchè si coroni con la maternità un
presunto destino femminile che le vuole principalmente mogli e madri,
pena l’incompletezza.
Io adoro e onoro mia madre, alla quale
devo moltissimo, ma so che se mia madre fosse nata oggi quasi certamente
non mi avrebbe messa al mondo: mia madre non è stata forzata alla
maternità, ma se avesse avuto le possibilità che ho avuto io, grazie a
lei, le sue scelte sarebbero state diverse, e anche il suo contributo al
mondo lo sarebbe stato: senza di me, e gli anni che ha dovuto dedicare a
crescermi, avrebbe sviluppato i suoi talenti meglio di quanto ha
potuto.
Ciò che dovrebbe farci riflettere è che
c’è qualcosa di molto pericoloso nel fatto che, nonostante gli enormi
passi avanti nella condizione umana, milioni di donne e di uomini
facciano scelte riproduttive non meditate, frutto più spesso di
ignoranza o immaturità, a volte in modo forzato, ‘errori’ che si
incarnano in figli e figlie che non si è pronte a crescere,
semplicemente perché è troppo presto, oppure perché non si dovrebbe
diventare genitori e genitrici, ma accade.
Quello che cerco di dire è che la
decantata ‘famiglia’ è un luogo malato se non trasmette senso del
limite, capacità di autodeterminazione, valore dell’ascolto delle
proprie aspettative e desideri.
Voglio davvero diventare madre, e padre? Domanda apparentemente semplice, ma non la è.
Mi chiedo se alle donne e agli uomini
che uccidono i figli e le figlie sia stata data la possibilità di
scegliere davvero in modo consapevole l’unico impegno definitivo
dell’esistenza, o se al contrario queste persone abbiano imboccato senza
cultura, supporto, chiarezza la strada di responsabilità che non erano
in grado di reggere.
L’unico antidoto che vedo, per rendere
minime altre tragedie, e per crescere essere umani che possano diventare
serene e buone madri (e buoni padri) sta nell’educazione, fin
dall’asilo, a non ingabbiare i generi dentro la divisa di future brave
mamme e laboriosi papà, insegnando a diventare prima di ogni altra cosa
donne e uomini consapevoli. Altrimenti, qualche decennio dopo, il
rischio sarà trovare solo mamme cattive e padri cattivi, e noi qui a
inorridire senza fare un solo passo avanti.
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