lunedì 29 dicembre 2014

Quirinale, Prodi: Fi toglie veti. Minzolini: “E l’ideale”. Santanchè: “Ci penserei”.

Quirinale, Prodi: Fi toglie veti. Minzolini: “E l’ideale”. Santanchè: “Ci penserei”Il Professore, l'Imbattibile, il totem dell'anti-berlusconismo, non è più invotabile. L'ex direttore del Tg1: "Solo così si può arrivare a una pacificazione". La deputata: "Sono disposta a votare chicchessia che mettesse al centro la fine delle contrapposizioni perché hanno fatto solo male agli italiani".

Se davvero riuscisse, sarebbe la mossa del cavallo. Altro che Amato. No: Romano Prodi, l’unico imbattuto, il totem degli anti-Berlusconi, al Quirinale grazie ai voti di Forza Italia. Un quadro surrealista, non uno scrutinio segreto. Va bene, Berlusconi non ne ha mai parlato: l’ufficio stampa di Forza Italia ha smentito qualsiasi confronto sul punto. Ma Augusto Minzolini ne parla da settimane senza che nessuno gli dica di andarci piano.
Anzi, lo ha chiamato Carlo Rossella: “Sono d’accordissimo” gli ha detto. “Prodi – dice a ilfattoquotidiano.it il senatore e ex direttore del Tg1 – sarebbe l’opportunità di avere un chiarimento. Dopo 20 anni ti guardi negli occhi e decidi: ma questo Paese cosa deve fare? Vogliamo continuare ancora così? Vogliamo continuare con i mediocri che si approfittano del fatto che tu hai un’idea chiara e io ho un’idea chiara, ma si mettono in mezzo, non sono né l’uno né l’altro e condannano questo Paese alla staticità?”. La parola magica che volteggia tra Palazzo Chigi, Palazzo Grazioli e largo del Nazareno come una carta del mazzo di Silvan è “pacificazione”. Per Minzolini il Professore è la chiave che fa scattare la serratura. Certo, Minzolini è uno spirito libero. E allora la controprova va cercata tra gli ultraberlusconiani. Daniela Santanchè, per dire, cosa farebbe se dal pentolone del Nazareno – in mezzo a soglie di sbarramento e consiglieri al posto dei senatori – Verdini, Renzi e Guerini tirassero fuori proprio il nome di Prodi e Forza Italia desse indicazione di voto? Protesterebbe, darebbe di matto, espatrierebbe? Macché: “Dovrei pensarci” risponde a ilfatto.it. D’altra parte “votare Napolitano è stato un grave errore, io non lo voterei mai più, però, sa, ormai il mio stomaco è talmente forte che dopo aver votato Napolitano, cosa vuole, posso votare chiunque”.
Santanchè: “Votare Napolitano è stato un grave errore, io non lo voterei mai più, però, sa, ormai il mio stomaco è talmente forte che dopo aver votato Napolitano posso votare chiunque”
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Prodi capo dello Stato sarebbe un filotto da colpo perfetto del biliardo, almeno visto da fuori: la quintessenza del Pd sul Colle più alto ma “legato” e “riconoscente” ai voti ricevuti da Forza Italia (130 grandi elettori tra Camera e Senato più almeno un’altra decina tra i consiglieri regionali). E Prodi sarebbe perfetto per studiare una mossa che funzioni da calumet della pace: la grazia, perché i servizi sociali stanno per finire, ma i fronti giudiziari aperti per Silvio Berlusconi sono ancora parecchi. “Avrebbe dovuto farlo Napolitano – si lamenta ancora la Santanchè – Gli è mancato il coraggio. D’altronde hanno sempre detto che è sempre stato un coniglio bianco su un foglio bianco”. Ma per un’operazione del genere la grazia è la condizione necessaria? “La condizione necessaria è volta agli italiani che hanno bisogno che questo Paese pacifichi, questo mi interessa. Però, sa, abbiamo visto che Renzi è molto bravo quando deve fare le battaglie con le parole, quando ne deve fare con i fatti…”. Della grazia a Minzolini interessa il giusto: “La pacificazione è una cosa che deve riguardare tutto il Paese, poi viene tutto il resto, se deve venire”.
Prodi the peacemaker, l’uomo dell’appeasement. Sembra un racconto di Asimov. Ma Minzolini ci crede e dice che in Fi non è solo: “In questi 20 anni per il Quirinale è sempre stato preso l’uomo ‘di mezzo’, cioè né l’uno né l’altro. La teoria è di scegliere sempre quello più uguale a te, ma se deve fare grandi operazioni di chiarimento non riesce a farle perché deve legittimarsi prima da una parte e poi dall’altra. E’ stata la storia di 20 anni di questo Paese perché sono sempre state scelte delle personalità che non erano delle personalità forti”. Uno scenario che rende, secondo l’ex giornalista della Stampa, “anche un po’ la mediocrità di questo Paese. Il dramma di questo Paese è che è diventato un Paese mediocre. Anche nel giornalismo, per esempio, non è che tu metti lì persone forti: che ti posso dire, non ti verrebbe mai in mente di mettere un Santoro al Tg1. Si sceglie sempre quello poco chiaro”. Per il senatore basterebbe guardarsi in giro, “copiare” per così dire. “La Germania – spiega – ha un sistema più bipolare del nostro ma alla fine hanno fatto un ‘Sistema tedesco’, con Schroeder e la Merkel. Noi facciamo il compromesso con le personalità più grigie, più ambigue che di fatto riescono a imporsi non perché hanno un’idea chiara che può essere condivisibile o non condivisibile, ma perché non hanno un’idea“.
Minzolini: “Basta compromessi con personalità grigie e ambigue: riescono a imporsi non perché abbiano un’idea chiara condivisibile o no, ma perché non hanno un’idea”
Sì, ma – nel caso – chi lo dice a Berlusconi? Perché nel frattempo parlare questa lingua dentro il centrodestra è come essere in terra straniera. Matteo Salvini manda a dire al leader di Forza Italia che vuole un “non sinistro”. Maurizio Gasparri spranga la strada a “scelte inaccettabili”. Giorgia Meloni solletica le pance di chi non sopporta più l’Ue: “Votiamo un euroscettico”. “Ma se uno deve fare davvero la pacificazione in questo Paese – riprende Minzolini – deve farla mettendo insieme e ponendo come interlocutori le persone che hanno guidato, usando una metafora, gli eserciti che si sono combattuti in questi venti anni”. Nel senso? “C’è un problema di sistema, siamo arrivati a un punto in cui noi in Europa dobbiamo essere abbastanza forti per poter contare e quindi c’è bisogno di un sistema Italia come c’è un sistema Germania e un sistema Francia. Altrimenti rimaniamo sempre uno armato contro l’altro e rischiamo di non contare niente“.
Quindi Berlusconi cosa risponderebbe se il Pd proponesse davvero Prodi? “Non lo so quale risposta potrebbe dare – risponde la Santanchè – Escludo che Renzi voglia un presidente come Prodi, così a naso. Credo si torni ai vecchi principi della vecchia Democrazia Cristiana dove il presidente della Repubblica doveva essere a servizio del presidente del Consiglio”. Insomma, il paradosso potrebbe essere che ora che dentro Forza Italia potrebbe avviarsi un confronto su una figura vista come il mostro di Duesseldorf, potrebbe essere davvero Renzi a scegliere qualcun altro. Minzolini ricorda: “Io queste cose le ho dette 20 giorni, un mese fa tant’è che il presidente del Consiglio subito, dopo 7-8 giorni, ha ricevuto Prodi. Si era un po’ innervosito. E non l’ho mai fatto per consigliare a Berlusconi di fare questo. Io l’ho detto perché credo sia il modo giusto se vuoi davvero pacificare questo Paese. La pacificazione in passato l’hanno fatta De Gasperi e Togliatti. Devi prendere delle forti personalità. Poi non so se questa cosa qui può camminare o non può camminare e se Berlusconi la condivide. È un discorso fatto alla luce del sole. Visto che non dev’essere il mondo dei mediocri, queste cose le devi dire apertamente”.
Forza Italia offre tutta la buona volontà di collaborazione istituzionale per il “bene della politica”. “Se il problema è mettere lì una persona non autorevole per far diventare il Colle una dependance di Palazzo Chigi io non sono d’accordo – chiarisce Minzolini – Se invece metti lì una persona che non deve essere contro Renzi, ma deve portare il Paese fuori da questa condizione di difficoltà… Ma è possibile che tutte le personalità forti in un modo o nell’altro vengano emarginate o criminalizzate? Lo stesso Berlusconi, ma anche qualcuno dall’altra parte. Invece emergono solo queste figure di compromesso e di mediazione che alla fine non producono nulla di nuovo”.
I voti berlusconiani – come sottolinea anche Gasparri – possono essere fondamentali per votare il prossimo capo dello Stato, come lo sono per le riforme costituzionali. “Con il momento che gli italiani stanno vivendo sulla loro pelle – spiega la Santanchè – e con il minimo storico della politica tra facce di maiale, cozze pelose, toy boys, mutande verdi, io credo che sarebbe un segnale straordinario se eleggessimo alla prima votazione il presidente della Repubblica con un’amplissima maggioranza. Io da italiana mi auguro questo, che la politica dia per una volta uno spettacolo che sia meno nefasto di quello che abbiamo dato e stiamo dando”. Siccome stiamo tornando ai canoni della Dc, secondo la Santanchè, allora “sono disposta a votare chicchessia che mettesse al centro la pacificazione di questo Paese perché questa contrapposizione ha fatto male agli italiani”. Gianfranco Rotondi, uno che di democristiani si intende, si mette di fianco al pentolone di Renzi e Berlusconi, il grembiule di MasterChef e predice: “La ‘cottura’ è a buon punto. Sapranno trovare soluzione giusta nel solco del processo di riforme avviato e nell’interesse esclusivo del Paese”. Che poi lì dentro ci sia non solo un ritorno al futuro ma anche una specie di trattato di Versailles che metta nella differenziata tutto (dalle leggi ad personam ai girotondi) resta, al momento, quasi una scommessa.

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