controlacrisi.orgvalerio sebastiani
E’
da qualche mese, ormai, che in Germania, a partire da Dresda, sta
prendendo forma in maniera sempre più incalzante un movimento composito e
pregno di brutali contraddizioni, che ha iniziato ad estendersi a
macchia d’olio in numerosi laender tedeschi, soprattutto a Leipzig, Bonn
e Darmstadt.
Nelle foto dal web, manipoli di persone che sorreggono bandiere tedesche, croci cristiane colorate di rosso, arancione e nero e neonazisti che sventolano drappi con moschee sbarrate di rosso intrecciando slogan feroci di stampo razzista e mostrando striscioni su cui, tra gli altri, è stampato l’acronimo PEGIDA: Patriotische Europäer Gegen die Islamisierung des Abendlandes. Ovvero, Patrioti Europei contro l’Islamizzazione dell’Occidente. Il logo è tutto un programma "trasversale": nel cestino dei rifiuti finiscono la bandiera nera dell'Isis ma anche quella rosso-stellata del Pkk, la croce uncinata e la bandiera "Antifa'". Grande confusione o un nuovo movimento di opinione qualunquista? Tutto era iniziato quasi in sordina, con raggruppamenti di poche centinaia di persone nelle piazze di Dresda, “cittadini qualunque”, onesti appartenenti alla classe media che protestavano con esplicita avversione contro un governo troppo permissivo, a detta loro, nei confronti degli immigrati, di religione islamica in particolare. Sono bastate poche settimane di tam-tam via internet e le “passeggiate del lunedì” hanno di fatto creato un clima incandescente tale da far crescere la protesta e squarciare il velo di Maya, rivelando la natura xenofoba dell’intera mobilitazione. Lunedì 15 dicembre, il magma sociale ha raggiunto l’acme di partecipazione, con circa 15.000 persone. Tutte convinte, a quanto pare, che la Germania stia subendo un processo sempre più massivo di “islamizzazione” e che l’unica risposta degna per questi “invasori” sia la cacciata coatta dal suolo tedesco e quindi, un subitaneo ridimensionamento delle politiche governative in materia di immigrazione.
Le piazze sono sobillate da Lutz Bachmann, un leader improvvisato, legittimato esclusivamente da una verve pungente e macchinosa, che al momento non pare essere collegato ad alcun partito politico, ma dai suoi interventi emerge una chiara affinità con l’etnocentrismo tipico dei gruppi neonazisti.
Nel frattempo a Norimberga, il 12 dicembre, tre edifici del principale centro d’accoglienza per immigrati e rifugiati politici andavano a fuoco. La cenere pulita dalle pareti esterne rivelò svastiche e slogan nazisti, rendendo chiaro all’opinione pubblica quanto la violenza xenofoba e razzista non avesse abbandonato il paese “principe” del neoliberismo europeo e delle sue contraddizioni, mostrando nuovamente le fauci e gli artigli, facendo riemergere ombre non del tutto assopite.
L’asse Norimberga-Dresda in questo senso, può essere chiosato come il paradigma su scala locale del sempre più incessante consenso che stanno guadagnando i partiti nazionalisti in Europa, alimentati da chiari rigurgiti neofascisti e populisti.
Rigurgiti che in Germania dal 2000 stanno trovando facile sedimentazione tra quelle frange della popolazione sempre più disilluse dalla classe politica liberale, ora sempre più marginalizzate nella psicosi e nella frenesia della società occidentale; che ricercano nella presunta natura “unificante” del popolo, nella sua accezione tra l’altro più circoscritta, maniacale ed identitaria, nella rabbia incontrollata verso l’”altro” visto semplicemente come “un nemico interno” da espellere, una consolazione all’incapacità di canalizzare rabbia e conflitto verso i responsabili della crisi che sta vivendo il ceto medio tedesco, tra lavori mal retribuiti e disuguaglianze di reddito estremamente sensibili.
Egoismo strutturale del ceto medio. Sicuramente. Ma un egoismo che sta mobilitando una considerevole massa di persone, riversata in un calderone ribollente di contraddizioni sensibili, con una composizione spuria le cui parti non sono distinguibili nettamente, che potrebbe deviare verso qualunque strada.
Nelle foto dal web, manipoli di persone che sorreggono bandiere tedesche, croci cristiane colorate di rosso, arancione e nero e neonazisti che sventolano drappi con moschee sbarrate di rosso intrecciando slogan feroci di stampo razzista e mostrando striscioni su cui, tra gli altri, è stampato l’acronimo PEGIDA: Patriotische Europäer Gegen die Islamisierung des Abendlandes. Ovvero, Patrioti Europei contro l’Islamizzazione dell’Occidente. Il logo è tutto un programma "trasversale": nel cestino dei rifiuti finiscono la bandiera nera dell'Isis ma anche quella rosso-stellata del Pkk, la croce uncinata e la bandiera "Antifa'". Grande confusione o un nuovo movimento di opinione qualunquista? Tutto era iniziato quasi in sordina, con raggruppamenti di poche centinaia di persone nelle piazze di Dresda, “cittadini qualunque”, onesti appartenenti alla classe media che protestavano con esplicita avversione contro un governo troppo permissivo, a detta loro, nei confronti degli immigrati, di religione islamica in particolare. Sono bastate poche settimane di tam-tam via internet e le “passeggiate del lunedì” hanno di fatto creato un clima incandescente tale da far crescere la protesta e squarciare il velo di Maya, rivelando la natura xenofoba dell’intera mobilitazione. Lunedì 15 dicembre, il magma sociale ha raggiunto l’acme di partecipazione, con circa 15.000 persone. Tutte convinte, a quanto pare, che la Germania stia subendo un processo sempre più massivo di “islamizzazione” e che l’unica risposta degna per questi “invasori” sia la cacciata coatta dal suolo tedesco e quindi, un subitaneo ridimensionamento delle politiche governative in materia di immigrazione.
Le piazze sono sobillate da Lutz Bachmann, un leader improvvisato, legittimato esclusivamente da una verve pungente e macchinosa, che al momento non pare essere collegato ad alcun partito politico, ma dai suoi interventi emerge una chiara affinità con l’etnocentrismo tipico dei gruppi neonazisti.
Nel frattempo a Norimberga, il 12 dicembre, tre edifici del principale centro d’accoglienza per immigrati e rifugiati politici andavano a fuoco. La cenere pulita dalle pareti esterne rivelò svastiche e slogan nazisti, rendendo chiaro all’opinione pubblica quanto la violenza xenofoba e razzista non avesse abbandonato il paese “principe” del neoliberismo europeo e delle sue contraddizioni, mostrando nuovamente le fauci e gli artigli, facendo riemergere ombre non del tutto assopite.
L’asse Norimberga-Dresda in questo senso, può essere chiosato come il paradigma su scala locale del sempre più incessante consenso che stanno guadagnando i partiti nazionalisti in Europa, alimentati da chiari rigurgiti neofascisti e populisti.
Rigurgiti che in Germania dal 2000 stanno trovando facile sedimentazione tra quelle frange della popolazione sempre più disilluse dalla classe politica liberale, ora sempre più marginalizzate nella psicosi e nella frenesia della società occidentale; che ricercano nella presunta natura “unificante” del popolo, nella sua accezione tra l’altro più circoscritta, maniacale ed identitaria, nella rabbia incontrollata verso l’”altro” visto semplicemente come “un nemico interno” da espellere, una consolazione all’incapacità di canalizzare rabbia e conflitto verso i responsabili della crisi che sta vivendo il ceto medio tedesco, tra lavori mal retribuiti e disuguaglianze di reddito estremamente sensibili.
Egoismo strutturale del ceto medio. Sicuramente. Ma un egoismo che sta mobilitando una considerevole massa di persone, riversata in un calderone ribollente di contraddizioni sensibili, con una composizione spuria le cui parti non sono distinguibili nettamente, che potrebbe deviare verso qualunque strada.
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