È trascorso da pochi giorni il 30° anniversario della terribile tragedia di Bhopal. Poco dopo la mezzanotte del 3 dicembre 1984 da una fabbrica di pesticidi della Union Carbide ci fu una fuga di gas metile isocianato, che uccise nell'immediato più di 3.000 persone, quasi 8.000 nei giorni successivi e più di 20.000 negli ultimi 3 decenni.
Bhopal è stato uno spartiacque. C'è un'epoca prima di Bhopal e un'era dopo Bho-pal. A me personalmente, quella tragedia ha svelato la violenza dell'agricoltura industriale. E mi ha fatto capire che i pesticidi utilizzati in questo tipo di agricoltura, i prodotti chimici fabbricati nello stabilimento di Bhopal, avevano le loro radici nella guerra. È Bhopal che mi ha messo in cammino per cercare, praticare e promuovere un modello agricolo non violento, libero di pesticidi e pacifico. Da lì è partita la campagna "Mai più Bhopal, pianta un neem", una delle prime azioni per la promozione dell'agricoltura non violenta e senza pesticidi.
L'olio estratto dall'albero di neem, infatti, ha la proprietà di controllare i parassiti senza causare danni. Mentre all'epoca di Bhopal, le proprietà antiparassitarie di questa pianta erano etichettate come superstizione. Ma nel 1994 il neem è stato brevettato dall'Usda, il Dipartimento per l'agricoltura degli Stati Uniti e da A.R. Grace. Abbiamo sfidato quest'azione di biopirateria alleandoci con l'Ifoam (la federazione dei movimenti per il biologico) e con i Verdi europei per far discutere del caso l'Ufficio europeo dei brevetti di Monaco. Ci sono voluti 11 anni, ma alla fine abbiamo vinto e stroncato chi aveva brevettato il neem. Dopo quella, seguirono altre vittorie per i casi di biopirateria contro il riso basmati e il grano.
Ma Bhopal non ha rappresentato solo uno spartiacque personale. È stato un momento di svolta legale, politica ed economica per l'India e per il pianeta. Bhopal è stata una tragedia tossica su due livelli: il primo quello della fuga di metile isocianato dall'impianto di produzione di pesticidi e la permanenza di 350 tonnellate di rifiuti tossici pericolosi nell'area dello stabilimento ormai chiuso della Union Carbide India Ltd; il secondo livello è quello dell'influenza tossica delle imprese sui tribunali e sui governi che si sono succeduti. Dal punto di vista legale, Bhopal è stato utilizzato da Union Carbide e dai tribunali statunitensi per sottrarsi alle responsabilità dei danni causati. Quella tragedia è diventato un precedente per i governi per scrollarsi di dosso il dovere di proteggere i propri cittadini, svendendone i diritti e la sovranità con accordi che danno alle società la possibilità di sfuggire a basso prezzo alle loro responsabilità.
I ricorsi presentati dalle vittime ai tribunali degli Stati Uniti sono stati respinti con la scusa che la sede appropriata era il sistema giuridico indiano, mentre altri casi che coinvolgevano società statunitensi e vittime straniere era giudicati in tribunali degli Stati Uniti. Nel 1999, quando le vittime si rivolsero nuovamente al tribunale federale degli Stati Uniti per ottenere il risarcimento per l'incidente del 1984 e per la presunta contaminazione ambientale ancora in corso attorno al sito dell'impianto di Bhopal, le istanze furono nuovamente respinte.
Nel 1989 la Corte Suprema indiana ha approvato un accordo di rivendicazioni civili contro Union Carbide per 470 milioni dollari. Lo stato ha quindi assunto con forza la rappresentanza delle vittime sul principio del parens patriae, "una dottrina che garantisce il potere intrinseco e l'autorità dello Stato di proteggere le persone che non sono legalmente in grado di agire per proprio conto". Ma negare alla gente di Bhopal la piena sovranità di cittadini attraverso l'applicazione di questo principio rappresenta una grave violazione dei diritti umani che deve essere corretta.
Una causa penale contro la Union Carbide e Warren Anderson, suo ex amministratore delegato, si trascina nel sistema giuridico indiano dal 1989. Nel giugno 2010 un tribunale ha emesso un verdetto, giudicando Union Carbide India Ltd. e sette ex-dirigenti della società colpevoli di negligenza criminale. La società è stata tenuta a pagare una multa di 500.000 rupie (10.870 dollari) e i dirigenti sono stati condannati ciascuno a due anni di carcere e multati per 100.000 rupie a testa (2.175 dollari). Il 2 agosto 2010, il Central Bureau of Investigation indiano ha presentato un appello alla Corte Suprema cercando di ripristinare le accuse di omicidio colposo contro gli imputati. Nel maggio 2011, la Corte Suprema ha respinto la richiesta e ha rifiutato di riaprire il caso e di ripristinare le accuse più dure. Tuttavia, dopo le proteste dei sopravvissuti di Bhopal nel novembre 2014, il governo indiano sta cercando di arrivare ad un risarcimento supplementare fino a 1.24 miliardi di dollari. I superstiti di Bhopal, portando i risultati degli studi del Consiglio indiano di ricerca medica nella relazione epidemiologica del 2004, chiedono di portare l' importo di risarcimento a 8,1 miliardi di dollari.
Il 6 febbraio 2001, la Union Carbide Corporation è diventata una consociata interamente controllata dalla Dow Chemical Company, a seguito di una operazione di oltre 11 miliardi dollari. Nonostante la fusione abbia messo in comune i passivi e gli attivi delle due società, Dow ora vorrebbe rinnegare la responsabilità per il disastro di Bhopal. Ma, mentre Dow da una parte vuole l'immunità dalla responsabilità di ulteriori decessi e malattie causate da Union Carbide a Bhopal, dall'altra ha accettato la responsabilità per i danni causati ai lavoratori della Union Carbide negli Stati Uniti.
Questo sistema a doppio standard, di privatizzare i profitti ma socializzare i disastri, caratterizza questo modello societario sin dai tempi di Bhopal. Dow, insieme a Monsanto, è responsabile della diffusione di Ogm, pericolosi e non testati nei loro effetti complessivi così come lo erano le sostanze chimiche fondate sulla guerra. Monsanto ha presentato la semente resistente Round up come una bacchetta magica per controllare le erbe infestanti. Invece circa 65 milioni di ettari di terreni agricoli negli Stati Uniti sono stati attaccati da erbacce resistenti al Round Up. Il 15 ottobre 2014 l'Environmental Protection Agency, nonostante le proteste da parte di cittadini e scienziati, ha dato l'approvazione finale al prodotto della Dow Enlist Duo, mais geneticamente modificato e soia resistente al Roundup e al 2,4-D, o acido 2,4-diclorofenossiacetico, che era uno degli ingredienti dell'Agente Orange, il defoliante utilizzato nella guerra del Vietnam che ha causato gravissimi problemi alla salute delle popolazioni durante e dopo il conflitto.
Dice Marcia Ishii-Eiteman, senior scientist del Pesticide Action Network: "La resistenza delle piante infestanti agli erbicidi chimici è uno dei più grandi problemi con cui gli agricoltori si trovano a fare i conti. Si tratta del diretto risultato della scelta di convertire così tanti dei nostri campi alle varietà geneticamente modificate per essere resistenti agli erbicidi. Dobbiamo sbarazzarci il prima possibile di questa futile corsa all'armamento chimico". Proprio mentre si dispiega questa inutile corsa, un numero sempre maggiore di comunità e paesi stanno democraticamente scegliendo di diventare Ogm free. Nello scorso novembre, durante le elezioni americane di mid-term, la contea di Maui nelle Hawaii ha votato in questo senso. Immediatamente Dow e Monsanto hanno citato Maui per fermare la legge che proibisce le coltivazioni Ogm.
Società come Dow e Monsanto, impegnate nella guerra chimica contro la terra e le comunità in tutto il mondo, stanno ora colpendo i processi democratici attraverso cui le persone cercano di prevenire i reati delle multinazionali contro la natura e gli esseri umani. Il 30° anniversario di Bhopal dovrebbe catalizzare le azioni in tutto il mondo per chiedere ancora che si faccia giustizia per quella sciagura ambientale e umana e per tutte le vittime di un'economia basata su sostanze tossiche. Questo anniversario dovrebbe rafforzare la nostra volontà di istituire sistemi alimentari liberi da un agricoltura tossica, e per difendere libertà di ognuno di noi di vivere liberi dai veleni.
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