dinamopress-andrea cegna
“Ad Ayotzinapa non c’è natale nè anno nuovo, la lotta non ha vacanze” questo il testo di uno degli striscioni in corteo per le vie di Città del Messico. Il 26 di dicembre in Messico non è giorno di festa ma è uno dei giorni dentro alle ferie di Natale e per l’ultimo dell’anno.
Le università sono chiuse, e si sente. Il corteo è formato da diverse migliaia di persone, certamente non le stesse diverse decine di migliaia che hanno riempito lo Zocalo nelle altre mobilitazioni di questi mesi. Manca quasi del tutto la componente universitaria, vera protagonista nella capitale in questi mesi. Il corteo è comunque molto partecipato, diciamo che se in Italia nei giorni di natale si facesse un corteo con questi numeri cammineremmo a 2 metri da terra.
Gli spezzoni non mandano musica, ci sono diversi interventi e tantissimi cori. Storie e biografie differenti in piazza, dal black block al doppio petto, un pò a dimostrare la trasversalità della mobilitazione in questi mesi. Era dal 1994, esplosione della lotta zapatista, che il Messico non viveva una fase così. Certo il mondo è cambiato e certamente questa non è l’anticamera di una rivoluzione, ma allo stesso tempo è una cosa inedita ed è forte, costante, desbordante. Cosa succederà è la vera domanda!
Quando si saprà qualcosa dei 43? Cosa farà Nieto? Ci sarà una svolta autoritaria nel paese? Il grido “Fuera Nieto” e la richiesta di sospendere la tornata elettorale del 2015 perchè con questa classe politica non si può pensare di andare ad elezioni si trasformerà in qualcos’altro?
Intanto anche nei giorni delle feste più importanti in questo paese la mobilitazione non si ferma, non ci sono vacanze che tengano e per i genitori, amici e parenti dei 43 di Ayotzinapa la retorica illegale/legale ha un altro significato rispetto a quello che media e politica vorrebbero tratteggiare: illegale è l’operato del governo, non qualche azione diretta che la politica istituzionale o normalizzata vorrebbe tacciare di “nemica” del processo di verità e giustizia per i Normalisti.
La Jornada parla di 4000 persone in piazza, ma dobbiamo ricordare che nei giorni della più grande manifestazione per Ayotzinapa mentre i movimenti dichiaravano oltre 150mila persone il giornale scriveva 15mila.
I numeri però non contano, contano la perseveranza, la dimensione nazionale e spontanea delle manifestazione. Tanto che con i cortei di oggi si è evidenziato come mai nessun governo Messicano è stato tanto impopolare nel paese, mai come in questi giorni non c’è fiducia nelle istituzioni e si respira un senso di insicurezza molto forte.
Una crisi politica alimentata creata dai movimenti, creata dalla risposta degna e coraggiosa dei Normalisti di Ayotzinapa e dai genitori e parenti dei desaparacidos. La scuola politica delle normali rurali si vede e si sente.
La lucha sigue
*In viaggio in Messico per partecipare al Festival delle Resistenze e delle Ribellioni promosso dall'Ezln
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