lunedì 29 dicembre 2014

Napolitano se ne va tra i fischi degli italiani. I sondaggi lo mettono ko. Repubblica fa finta di niente

controlacrisi-fabio sebastiani
Se ne va tra l’ignominia generale. Giorgio Napolitano, prossimo ad abbandonare il Quirinale – perché le sue sono formalmente delle dimissioni, non va dimenticato – subisce un vero e proprio tracollo di popolarità. Stando a quanto scrive Ilvio Damanti, a commento di un sondaggio esclusivo di Demos per Repubblica, “Re Giorgio” dal 2010 ad oggi ha lasciato sul terreno qualcosa come ventisette punti percentuali per quanto riguarda la “fiducia” degli italiani passando dal 71% al 44%. Un salasso che è in assoluto il più alto, superiore addirittura di cinque punti all’Unione europea. 

Del resto se proprio Giorgio Naoplitano è stato l’interprete più fedele e rigoroso dell’austerità targata Ue non ci si potevano aspettare gli allori. Cosa imputano gli italiani a Napolitano? Diamanti si guarda bene dall’analizzare questo dato, ligio come è a non disturbare il manovratore (eppure ce ne sarebbero di motivi no?), ma è chiaro che Napolitano paga il prezzo di una politica fatta solo di lacrime e sangue senza niente in cambio. Anzi, sì, una grande litanìa di promesse mai veramente incassate dal popolo. Chi si ricorda di tutti gli annunci sul “fine crisi” che vanno avanti dal 2010? Siamo al 2014 e il baratro aumenta, se non peggio. Di sviluppo non se ne parla. Tutto continuerà come prima e aumenteranno i disoccupati. Che presidente è uno che non riesce a dire nemmeno una parola di verità sullo stato di povertà e disperazione in cui la crisi sta lasciando il Paese? 

Tutto questo, per fortuna, non è sfuggito agli italiani che hanno pesantemente castigato Napolitano. Tutti aspettano il discorso d’addio. E c’è da scommettere che nemmeno lasciando il Quirinale Napolitano riuscirà a produrre un sussulto significativo sul disastro del Bel Paese. Sarà la solita paccottiglia sul senso di responsabilità e sul servilismo dell'Italia a poteri forti e Troika. 

Il Prc aveva parlato tempo da di "peggior presidente della storia repubblicana". Un giudizio per niente ideologica stando ai numeri. 

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