Che fare se il quadrante dell’evoluzione cominciasse a segnare l’ora di un nuovo adattamento della nostra specie al suo ambiente? Infatti non solo pare che l’ambiente stia mutando, ma che non lo stia facendo “da solo”, bensì con il contributo attivo, perfino spasmodico, della specie umana.
Giulietto Chiesa Giornalista
Nota n. 3. La questione è se la specie umana sia in grado di adattare i propri apparati biologici e percettivi a un ambiente che si modifica a velocità incompatibili che con la velocità stessa dei segnali della piattaforma biologica (questo vale in primo luogo per i settori della information-communication technology).
Nota n. 4 . La specie umana dispone anche di tecnologie che le permettono di guardare un po’ dentro il futuro, cioè di prevedere – entro certi limiti – gli effetti delle proprie decisioni collettive.
Nota n. 5. Se si considerano vere le note di cui sopra, 1,2,3, si pone dunque la questione (politica in senso lato) se non sia il caso di cominciare a mettere all’ordine del giorno della specie umana una scelta tra le due opzioni seguenti: o una qualche forma di accelerazione delle capacità biologiche di adattamento (sempre che sia possibile, tenendo conto che in merito siamo praticamente all’anno zero), oppure un drastico rallentamento delle modificazioni ambientali che stiamo producendo (sempre che sia possibile).
Nota (finale) n. 6. Se nessuna delle due opzioni della nota 5 si rivelasse possibile, allora dovremmo concludere che siamo molto simili a dinosauri coscienti, che stanno scommettendo sulla propria eternità. E lo fanno su una roulette che ha più di un miliardo di caselle.
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