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Attenti: dietro agli slogan superficiali delle Sardine c’è l’incubo di un regime orwelliano. Se la sinistra e i media coccolano Mattia Santori e soci, a lanciare l’allarme è Barbara Spinelli, già europarlamentare della Sinistra
Europea e figlia di Altiero Spinelli, storico militante del Pci e
pioniere antifascista del federalismo europeo col suo “Manifesto di
Ventotene”. «Le Sardine hanno annunciato il loro programma, non
economico né sociale, ma incentrato quasi interamente sulla
comunicazione e sull’uso nonché controllo dei social network», attacca
la Spinelli sul “Fatto Quotidiano“.
Vaghi e generici, i propositi delle Sardine – secondo la Spinelli –
esprimono un pensiero autoritario: se tradotto in leggi, sarebbe
inaccettabile per qualsiasi legislazione democratica europea.
«Pretendiamo che chi è stato eletto vada nelle sedi istituzionali a fare
politica invece che fare campagna elettorale permanente», scrivono le
Sardine, “intimando” ai politici di scegliere solo alcuni modi per
comunicare. «Pretendiamo che chiunque ricopra la carica di ministro
comunichi solamente su canali istituzionali», aggiungono, per colpire la
verve mediatica di Matteo Salvini. «Pretendiamo trasparenza nell’uso
che la politica fa dei social network». Aggiungono: «Pretendiamo che il
mondo dell’informazione protegga, difenda e si avvicini il più possibile
alla verità». Ancora: «Pretendiamo che la violenza, in ogni sua forma,
venga esclusa dai toni e dai contenuti della politica».
Esplicito l’impegno delle Sardine contro la politica securitaria di
Salvini: «Chiediamo alla politica di rivedere il concetto di sicurezza, e
per questo di abrogare i decreti sicurezza attualmente vigenti»,
scrivono. «C’è bisogno di leggi che non mettano al centro
la paura, ma il desiderio di costruire una società inclusiva, che
vedano la diversità come ricchezza e non come minaccia». Di fronte a
queste pretese «non posso fare a meno di esprimere disagio», scrive
Barbara Spinelli, dopo la manifestazione di Roma in cui il movimento ha
stilato i suoi 6 punti programmatici. «Meglio dunque i silenzi e il
vuoto di messaggio delle prime manifestazioni di piazza che la nuova
Costituzione distopica “pretesa” dalle Sardine (ma da chi, fra le
Sardine?) nei 6 punti indicati a San Giovanni», scrive Spinelli, che li
richiama «in ordine di gravità». Il più pericoloso? Il numero 5:
l’espressione “la violenza verbale venga equiparata a quella fisica”,
secondo l’editorialista, «non resisterebbe al giudizio di nessuna Corte:
internazionale (Onu), europea o nazionale». Da anni, le corti discutono
e sentenziano su quale violenza sia condannabile, nei media:
e i verdetti «separano la violenza verbale da quella fisica, pur
fissando alcuni paletti molto ben definiti alla violenza verbale», cioè
quella che «prelude inequivocabilmente» a violenze fisiche «imminenti»,
ma non ancora commesse.
«L’equiparazione è un temibile “novum” giuridico, da evitare a tutti i
costi e in tutte le sedi», sottolinea Spinelli: è mostruoso mettere
sullo stesso piano violenza verbale e violenza fisica. «Il reato di
diffamazione, criticato da diverse Corti europee e internazionali che
raccomandano di sostituirlo con l’imputazione di illecito
amministrativo, viene rafforzato». Barbara Spinelli, invece, il reato di
diffamazione lo depenalizzerebbe: proprio in nome della libertà di
opinione. Quindi, quanto ai 6 punti indicati dalle Sardine, «i numeri 3 e
4 promettono male, contaminati come sono, e forzatamente, dal numero 5
che introduce il “novum” giuridico sulla violenza». “Trasparenza”
nell’uso che la politica fa dei social network? “Fedeltà ai fatti”, da
parte di media? Alt: «Si profila l’aspirazione a un vasto controllo/soppressione dei media
e dei loro contenuti, soprattutto online». Aggiunge Spinelli: «Tutto
quello che viene ritenuto violento (da chi? Da quale istanza?) è
passibile di azioni che limitano
la libertà di diffondere e ricevere informazioni». Tradotto: chi mai
potrebbe stabilire cos’è vero e cosa non lo è, imponendo ai media – online e offline – che cosa dire e che cosa tacere? Siamo al Ministero della Verità delle Sardine?
Quanto all’abrogazione dei decreti-sicurezza, quello «è l’unico punto
veramente sensato», tra le richieste avanzate. «Ma se la pretesa sulla
violenza contenuta nel numero 5 (applicata in vari ambiti: media
online e offline, manifestazioni pubbliche, etc.) viene inserita nei
decreti riscritti, è meglio forse tenersi quelli di Salvini», scrive
Barbara Spinelli. «Il numero 2 (”Chiunque ricopra la carica di ministro
comunichi solamente nei canali istituzionali”) blinda le oligarchie e
non le obbliga, come invece queste dovrebbero, a comunicare “tous
azimuts”, anziché solo nei canali istituzionali». Ovvero: se si vietano i
social, «la comunicazione limitata le protegge da ogni sorta di attacco
esterno, rinchiudendole in un recinto separato», riparando il potere
dal dissenso democratico. Il punto 1 delle Sardine recita: “Chi è stato
eletto vada nelle sedi istituzionali a lavorare”. «È immaginabile che
si faccia qui riferimento alle attività non istituzionali di Salvini
ministro dell’interno», aggiunge Spinelli. «Ma la pretesa viene
generalizzata e ha un suono inquietante, soprattutto se legata al numero
2». In altre parole: se li prendono alla lettera, i vari “pretendiamo”
espressi a Roma, si scivola in men che non si dica verso una dittatura.
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