venerdì 20 dicembre 2019

Spinelli: le Sardine contro la libertà, un incubo orwelliano

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Barbara SpinelliAttenti: dietro agli slogan superficiali delle Sardine c’è l’incubo di un regime orwelliano. Se la sinistra e i media coccolano Mattia Santori e soci, a lanciare l’allarme è Barbara Spinelli, già europarlamentare della Sinistra Europea e figlia di Altiero Spinelli, storico militante del Pci e pioniere antifascista del federalismo europeo col suo “Manifesto di Ventotene”. «Le Sardine hanno annunciato il loro programma, non economico né sociale, ma incentrato quasi interamente sulla comunicazione e sull’uso nonché controllo dei social network», attacca la Spinelli sul “Fatto Quotidiano“. Vaghi e generici, i propositi delle Sardine – secondo la Spinelli – esprimono un pensiero autoritario: se tradotto in leggi, sarebbe inaccettabile per qualsiasi legislazione democratica europea. «Pretendiamo che chi è stato eletto vada nelle sedi istituzionali a fare politica invece che fare campagna elettorale permanente», scrivono le Sardine, “intimando” ai politici di scegliere solo alcuni modi per comunicare. «Pretendiamo che chiunque ricopra la carica di ministro comunichi solamente su canali istituzionali», aggiungono, per colpire la verve mediatica di Matteo Salvini. «Pretendiamo trasparenza nell’uso che la politica fa dei social network». Aggiungono: «Pretendiamo che il mondo dell’informazione protegga, difenda e si avvicini il più possibile alla verità». Ancora: «Pretendiamo che la violenza, in ogni sua forma, venga esclusa dai toni e dai contenuti della politica».

Esplicito l’impegno delle Sardine contro la politica securitaria di Salvini: «Chiediamo alla politica di rivedere il concetto di sicurezza, e per questo di abrogare i decreti sicurezza attualmente vigenti», scrivono. «C’è bisogno di leggi che non mettano al centro la paura, ma il desiderio di costruire una società inclusiva, che vedano la diversità come ricchezza e non come minaccia». Di fronte a queste pretese «non posso fare a meno di esprimere disagio», scrive Barbara Spinelli, dopo la manifestazione di Roma in cui il movimento ha stilato i suoi 6 punti programmatici. «Meglio dunque i silenzi e il vuoto di messaggio delle prime manifestazioni di piazza che la nuova Costituzione distopica “pretesa” dalle Sardine (ma da chi, fra le Sardine?) nei 6 punti indicati a San Giovanni», scrive Spinelli, che li richiama «in ordine di gravità». Il più pericoloso? Il numero 5: l’espressione “la violenza verbale venga equiparata a quella fisica”, secondo l’editorialista, «non resisterebbe al giudizio di nessuna Corte: internazionale (Onu), europea o nazionale». Da anni, le corti discutono e sentenziano su quale violenza sia condannabile, nei media: e i verdetti «separano la violenza verbale da quella fisica, pur fissando alcuni paletti molto ben definiti alla violenza verbale», cioè quella che «prelude inequivocabilmente» a violenze fisiche «imminenti», ma non ancora commesse.
Santori e il manifesto delle Sardine«L’equiparazione è un temibile “novum” giuridico, da evitare a tutti i costi e in tutte le sedi», sottolinea Spinelli: è mostruoso mettere sullo stesso piano violenza verbale e violenza fisica. «Il reato di diffamazione, criticato da diverse Corti europee e internazionali che raccomandano di sostituirlo con l’imputazione di illecito amministrativo, viene rafforzato». Barbara Spinelli, invece, il reato di diffamazione lo depenalizzerebbe: proprio in nome della libertà di opinione. Quindi, quanto ai 6 punti indicati dalle Sardine, «i numeri 3 e 4 promettono male, contaminati come sono, e forzatamente, dal numero 5 che introduce il “novum” giuridico sulla violenza». “Trasparenza” nell’uso che la politica fa dei social network? “Fedeltà ai fatti”, da parte di media? Alt: «Si profila l’aspirazione a un vasto controllo/soppressione dei media e dei loro contenuti, soprattutto online». Aggiunge Spinelli: «Tutto quello che viene ritenuto violento (da chi? Da quale istanza?) è passibile di azioni che limitano la libertà di diffondere e ricevere informazioni». Tradotto: chi mai potrebbe stabilire cos’è vero e cosa non lo è, imponendo ai media – online e offline – che cosa dire e che cosa tacere? Siamo al Ministero della Verità delle Sardine?
Quanto all’abrogazione dei decreti-sicurezza, quello «è l’unico punto veramente sensato», tra le richieste avanzate. «Ma se la pretesa sulla violenza contenuta nel numero 5 (applicata in vari ambiti: media online e offline, manifestazioni pubbliche, etc.) viene inserita nei decreti riscritti, è meglio forse tenersi quelli di Salvini», scrive Barbara Spinelli. «Il numero 2 (”Chiunque ricopra la carica di ministro comunichi solamente nei canali istituzionali”) blinda le oligarchie e non le obbliga, come invece queste dovrebbero, a comunicare “tous azimuts”, anziché solo nei canali istituzionali». Ovvero: se si vietano i social, «la comunicazione limitata le protegge da ogni sorta di attacco esterno, rinchiudendole in un recinto separato», riparando il potere dal dissenso democratico. Il punto 1 delle Sardine recita: “Chi è stato eletto vada nelle sedi istituzionali a lavorare”. «È immaginabile che si faccia qui riferimento alle attività non istituzionali di Salvini ministro dell’interno», aggiunge Spinelli. «Ma la pretesa viene generalizzata e ha un suono inquietante, soprattutto se legata al numero 2». In altre parole: se li prendono alla lettera, i vari “pretendiamo” espressi a Roma, si scivola in men che non si dica verso una dittatura.

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