venerdì 20 dicembre 2019

Raid impuniti dei coloni israeliani contro i villaggi palestinesi

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Gerusalemme, episodi di odio razziale mascherato da vandalismo. L’ultimo di una lunga serie di attacchi notturni contro auto e case palestinesi è avvenuto ad Al Jib, vicino Gerusalemme. Ma i responsabili raramente finiscono in manette.

L’assurdo del razzismo ebraico

Episodi di odio razziale mascherato da vandalismo, denuncia Michele Giorgio, su Nena News. «Ma da queste parti -governo e polizia e magistratura israeliani- minimizzano e i media occidentali si adeguano alla definizione le rare volte in cui prendono in considerazione queste notizie».
Come definiore la scritta «Arabi? Espellili o uccidili!», lasciata l’altra notte su un edificio del villaggio palestinese di al Jib, alle porte di Gerusalemme?
L’area presa di mira di recente è quella a nord-ovest della Gerusalemme palestinese. «Ma il ‘price-tag’, il prezzo che i palestinesi devono pagare secondo gli autori dei raid notturni, si registra di frequente anche in Cisgiordania e nei centri abitati arabi in Galilea, in territorio israeliano». Ogni volta la polizia annuncia di aver avviato un’indagine e varie autorità condannano l’accaduto. Poi, o sono tutti sbirri pippa, o sono complici, visto che non accade nulla e cala il silenzio fino alla prossima scorribanda. Talmente sporca che persino i centri per i diritti umani anche israeliani, denunciano che i responsabili degli attacchi, dopo l’arresto, raramente sono portati in giudizio. Amnistia privata decisa da chi?

Ebraismo alla Netanyahu

Razzismo e violenza teppistica, quindi vigliacca. «Ad al Jib sono state danneggiate 18 auto palestinesi. Altre 160 hanno subito la stessa sorte qualche giorno fa nel quartiere di Shuafat a Gerusalemme Est. Venti macchine sono state colpite nel villaggio arabo di Manshiya Zabda, in Israele, e i responsabili del blitz notturno hanno lasciato ovunque disegni e scritte contro gli arabi e l’Islam. Lo stesso è avvenuto a novembre a Jaljulia (40 macchine danneggiate) e a Deir Ammar (cinque auto). In precedenza hanno subito raid Yatma, Qabalan, Beit Dajan, Majdal Bani Fadil e al Dik».
Anche i palestinesi cristiani sono nel mirino. Ne sanno qualcosa gli abitanti di Taybe, ad est di Ramallah. Il villaggio qualche settimana fa è stato dichiarato dagli estremisti israeliani “area militare chiusa Kumi Ori”.
«Un’azione di appoggio alla protesta (violenta) dei coloni di Yitzhar, uno degli insediamenti israeliani più ideologici, contro l’esercito che aveva proclamato zona chiusa l’avamposto coloniale di Kumi Ori. Gli abitanti di Yitzhar, che non esitano ad attaccare anche i soldati, sono accusati di aggressioni agli agricoltori palestinesi che, a loro giudizio, non si tengono a distanza dalla colonia quando vanno a coltivare i campi.

Memoria di orrori di ieri

«La situazione attuale -ammonisce Michele Giorgio- ricorda il periodo precedente alla scorribanda omicida dell’estate del 2015 a danno della casa della famiglia palestinese Dawabsha, nel villaggio di Duma, nei pressi di Nablus». Remocontro del 31 luglio 2015: «Coloni terroristi in Israele uccidono bebè palestinese invocando il Messia Re. La Palestina che rischia di esplodere e il governo per la colonizzazione e l’apartheid». Nell’attacco con bottiglie incendiarie rimasero uccisi due genitori e il loro bambino, Ali, di pochi mesi. In vita è rimasto solo il secondo figlio, Ahmad, 11 anni, che porterà per sempre sul corpo i segni di ustioni gravissime. I presunti responsabili sono stati arrestati e sono sotto processo già da tre anni ma le notizie sull’andamento delle udienze sono molto scarse.

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