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lunedì 21 ottobre 2019
Il 15 ottobre è stata la Giornata del lavarsi le mani. Ma la rivoluzione ‘igienica’ deve essere un’altra.
Nulla da eccepire quando si sa che lavarsi le mani col sapone, prima di mettersi a tavola, è una misura igienica primordiale.
Il nuovo ministro dell’Acqua e dell’Igiene, già responsabile della difesa del Niger, lo ha ricordato durante l’allocuzione pronunciata a l’occasione dell’anniversario della celebrazione.
Mani pulite per tutti, ricordava, è il tema scelto dalla Comunità Internazionale per il 2019. In effetti gli specialisti della salute presentano questa operazione come la più efficace e la meno costosa per prevenire diverse malattie infettive – la mancanza di acqua potabile provoca il decesso di circa 3,5 milioni di bambini ogni anno nei Paesi più poveri. Altri studi, inoltre, hanno rivelato che il lavaggio delle mani col sapone fa recedere le malattie della pelle, le infezioni oculari e i vermi intestinali. Un mezzo “efficace e poco costoso di prevenzione delle malattie e dunque di salvare vite umane”, ha ancora ribadito il nuovo ministro dell’Igiene pubblica e dell’Acqua.Nulla da eccepire dunque: per una volta siamo all’avanguardia rispetto a quanto è andato affermandosi con la temuta e decantata globalizzazione. “Lavarsi le mani” è diventato col tempo – e anche grazie ai più noti Think-Tank, i centri di pensiero, le università, i gruppi di interesse e soprattutto le politiche – l’opzione preferenziale dei cittadini d’oggi. Lavarsi le mani col sapone si è gradualmente trasformato nel “lavars-ENE” le mani che caratterizza, ormai da tempo, il riflusso nel privato e l’adesione convinta al consumo di beni e persone.
Il mantra di una parte del mondo contemporaneo, che sostiene la vacuità ad alternative possibili all’attuale modello di società, si poggia su questa scelta indotta. Si vive in una giungla e allora si salvi chi può, ognuno per sé e Dio per tutti. Abbiamo, da questo punto di vista, un illustre antecedente su cui, con malcelata innocenza, attesta il vangelo secondo Matteo. Ponzio Pilato, il governatore romano della Giudea sotto occupazione, prende l’acqua e si lava le mani davanti alla folla dicendo “Io non sono responsabile della morte di quest’uomo. È un affare vostro!”. Fu così che un innocente fu giustiziato.
Da allora gli interessi politici hanno utilizzato la stessa metafora. Ci si lava le mani e si dà la colpa all’economia che rimanda al sistema e che a sua volta si affida alla filosofia che definisce l’uomo come lupo per gli altri uomini. Rispunta una ben nota figura politica inglese che affermava testualmente di non aver mai incontrato qualcosa di simile a quella che viene chiamata società ma solo degli individui. Ci si lava le mani della sofferenza creata da scelte economiche e politiche. Nel Paese dove siamo stati, giustamente, invitati a “lavarci le mani”, è lo smantellamento dell’educazione che ne diventa l’esempio più calzante.
Decine di scuole sono chiuse per motivi di sicurezza: ma finché saranno gli invisibili a sparire dalle aule nulla di sostanziale cambierà. Ci si lava le mani dei bambini di sabbia e dei contadini da cui provengono. Ci si lava le mani dei giovani universitari cancellati dal registro anagrafico del futuro da inventare. Ci si lava le mani dei poveri perché non servono a consumare le mercanzie ai supermercati. Ci si lava le mani soprattutto di Dio che si usa solo quando serve.
La Giornata mondiale del lavaggio delle mani col sapone del 15 di ottobre è l’appello a una rivoluzione igienica. Le Mani pulite per tutti è un invito da osservare e insieme da contestare. “Sporcarsi” le mani nella politica, per la giustizia sociale e la dignità di tutti significa lavarsi le mani nel rispetto di quanto di più sacro e pulito ci sia al mondo. I padri delle Indipendenze e delle Repubbliche, molti dei quali hanno dato la vita perché possiamo vivere nella libertà, avevano le mani rese limpide da una coscienza oggi smarrita. L’igiene delle mani dovrebbe andare di pari passo con l’igiene sociale, l’uguaglianza dei diritti e un lavoro degno per tutti.
Perché la democrazia – che è uno stato dello spirito – funzioni, occorrono militanti, cittadini preparati e dunque persone disposte a sporcarsi le mani nella quotidiana scelta del bene comune. Solo allora e non prima sarà legittimo lavarsi le mani col sapone. Quelle saranno infine mani libere.
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