Noi di Intersos, insieme a tutte le organizzazioni raccolte nel Tavolo Asilo e nella campagna #IoAccolgo, abbiamo chiesto con forza l’annullamento del Memorandum del 2017 e dei precedenti accordi con il governo libico e che, fatti salvi gli interventi di natura umanitaria, non vengano rifinanziati quelli di supporto alle autorità libiche nella gestione e controllo dei flussi migratori.
Cosa ritiene opportuno fare il governo italiano rispetto a questa richiesta e all’imminente scadenza del 2 novembre?
Cosa pensano e propongono le forze politiche che a questo governo hanno dato forma?
Di fronte al dibattito che si è aperto su un tema reale la peggiore risposta sarebbe il silenzio, i posizionamenti interlocutori, le mezze parole da parte di chi ha la responsabilità di decidere.
Non solo perché il silenzio significa la proroga degli accordi in essere, ma perché dimostrerebbe una colpevole sottovalutazione della posta in gioco, che è da un lato la salvaguardia delle vita di centinaia di migliaia di persone, dall’altro il rispetto dei diritti umani e l’aderenza dell’Italia alle norme del diritto internazionale che vietano il respingimento delle persone in fuga verso un Paese non sicuro.
Due anni fa abbiamo denunciato il pericolo di quegli accordi, scegliendo con chiarezza di non farne parte in alcun modo. Da quel momento, le prove si sono accumulate. Numerosi e documentati sono i casi nei quali la Guardia costiera libica non ha risposto alle richieste di soccorso, ha abbandonato in mare persone ancora in vita o è intervenuta esercitando violenze sui naufraghi o addirittura causando incidenti mortali.
Numerosi e documentati i trattamenti disumani e le torture nei centri di detenzione. Dimostrato è il passaggio di finanziamenti italiani a sostegno anche di veri e propri criminali, come il trafficante di esseri umani Bija, sottoposto a sanzioni dal Consiglio di Sicurezza ONU per i crimini contro l’umanità su cui indaga la Corte penale internazionale.
Prendere atto della realtà dovrebbe essere il primo passo per iniziare a voltare pagina. Un segno di discontinuità è urgente e necessario. Un nuovo inizio, che restituisca spazio a un pensiero umanitario, e che rimetta al centro la ricerca di soluzioni finalizzate alla tutela della vita delle persone e del diritto internazionale che ne è garanzia.
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