Il caso è quello di alcuni picker – i lavoratori
addetti al prelievo e alla movimentazione della merce – che, pur
lavorando formalmente per una cooperativa della logistica, domandavano
al giudice il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato in capo alla diversa società committente, che alla cooperativa aveva affidato in appalto il lavoro di magazzino.
Nicola Donnantuoni *
“Un concetto di subordinazione che si imperni sulla nozione di
eterodirezione del lavoro deve inevitabilmente tenere conto
dell’evoluzione tecnologica, che ha reso in molti settori obsoleta la relazione da superiore a subordinato, rimettendo alle macchine di guidare il processo produttivo”: così si esprime il giudice del lavoro del Tribunale di Padova (sentenza n. 550/2019 del 16 luglio scorso).
La decisione germoglia in una terra che sta proprio al centro della
macroregione locomotiva d’Italia, quella nella quale risiede poco più
del 30% della popolazione, ma che produce il 40% del Pil e totalizza più del 50%
dell’export complessivo. Terre d’Italia che, probabilmente, discutendo
di lavoro e di esigenze di politica del lavoro meriterebbero di avere
gran voce in capitolo e di essere al contempo maggiormente osservate e
controllate.
movimentazione della merce – che, pur
lavorando formalmente per una cooperativa della logistica, domandavano
al giudice il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato in capo alla diversa società committente, che alla cooperativa aveva affidato in appalto il lavoro di magazzino.
Il giudice accoglieva le loro domande rilevando che “decidere chi
fosse l’effettivo datore di lavoro significa decidere chi presiedeva
all’organizzazione del lavoro nel magazzino e chi quindi esercitava la direzione sui lavoratori che vi erano addetti. Risulta dalle prove assunte che l’organizzazione del lavoro era in tutto automatizzata e il software attraverso il quale si realizzava tale automazione era nella disponibilità esclusiva” del committente.La fase di raccolta delle prove aveva infatti portato a dimostrare
che i lavoratori operavano attraverso l’utilizzo di un terminale mobile
con il quale, dopo la lettura del codice a barre, ricevevano da una voce preregistrata
tutte le istruzioni operative su come e dove collocare la merce.
Istruzioni che provenivano direttamente dalla società committente,
mentre la cooperativa si limitava a svolgere un ruolo non dissimile da
quello di un semplice capo reparto.
Fatti che hanno condotto il giudice a osservare come il “governo
complessivo dell’attività aziendale e la direzione del lavoro dei
singoli addetti possono essere intesi come una relazione informatizzata con l’apparente committente, lasciando all’apparente datore di lavoro [la cooperativa, nda] una funzione residuale di controllo e di intervento paradisciplinare, più o meno sollecitato”.Il Tribunale, pertanto, ha concluso per la non genuinità
dell’appalto tra committente e cooperativa, dichiarando la sussistenza
di un rapporto di lavoro subordinato direttamente tra i lavoratori della
cooperativa e la società committente. Penso che il Tribunale sia potuto
giungere a questa decisione perché ha avuto il merito di osservare, con
semplicità, la realtà che ci circonda, traendone le dovute conseguenze
in termini di tutela, con un insegnamento ben riassunto
nel principio di diritto citato in esordio: laddove sono le macchine, i
software, i robot e non più l’uomo a guidare il processo produttivo,
allora la ricerca dei parametri per individuare la subordinazione può
essere condotta anche nel rapporto macchina-uomo, e non più soltanto nel rapporto uomo-uomo.
Sarà interessante osservare, sia nella legislazione che nella
giurisprudenza, lungo quali percorsi si avvierà l’indagine in materia di
subordinazione in un futuro che non appare poi così lontano, quando a
impartire ordini e direttive sarà l’intelligenza artificiale.
Oggi gli strumenti informatici e i software sono soltanto strumenti
attraverso i quali è pur sempre l’uomo a impartire le direttive, ma un
domani le stesse potrebbero nascere e provenire direttamente dai robot.La sentenza, a ogni modo, conferma che una parte della magistratura si
sta impegnando nella ricerca e nell’applicazione di tutele e garanzie
che si collocano a livello sistematico, capaci di resistere e
contrastare le tendenze normative degli ultimi, che tanto hanno ridotto e
compresso i diritti dei lavoratori, come già era avvenuto per i rider di Foodora a opera della Corte d’Appello di Torino con la sentenza n. 26 del 4 febbraio scorso.È sicuramente confortante, come osservato anche in questo blog, che
anche “governo e maggioranza sembrano muoversi nella direzione di un
ampliamento delle tutele per le posizioni più deboli, in piena
controtendenza rispetto a tante riforme del diritto del lavoro che hanno
caratterizzato gli ultimi 20 anni”; tuttavia si ha comunque
l’impressione che il Legislatore da un lato non si accorga e non comprenda
come operi la tecnologia all’interno della realtà produttiva odierna;
dall’altro dia prova, ormai da molti anni, di non avere una solida preparazione giuridica.Il decreto legge n. 101/2019, cosiddetto Decreto Rider,
nonostante gli emendamenti presentati dà l’impressione di non essersi
saputo collocare nel sistema, incapace di distinguere, prima ancora che
definire, tra le varie forme di collaborazione che convivono nel nostro
ordinamento giuslavoristico (autonomia, subordinazione, collaborazione
autonoma occasionale, eterorganizzata, coordinata).Gli ampliamenti di tutela – innegabili – sono un
buon segnale, ma resto comunque perplesso e preoccupato di fronte a un
Legislatore che si illude di aver dato soluzione a molti dei problemi
che i lavoratori come i rider hanno dovuto affrontare in questi anni,
aggiungendo soltanto un paio di parole: “Le disposizioni di cui al
presente comma si applicano anche qualora le modalità di esecuzione
della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche
digitali”. Al Tribunale di Padova sono arrivati molto prima del
Legislatore, anche senza quell’aggiunta e con argomenti e risultati a
mio avviso più convincenti.
* Avvocato giuslavorista, socio AGI – Avvocati Giuslavoristi
Italiani, nato e cresciuto a Milano, mi occupo da sempre di Diritto del
Lavoro. Cerco, per quanto mi è possibile, di esercitare la professione
nel rispetto di un significato etico e il Diritto del Lavoro, in questo,
mi è di aiuto: i suoi protagonisti sono soggetti appassionati e le loro
passioni sono rivolte alla ricerca di ciò che è giusto.
Rete per l'Autorganizzazione Popolare - http://campagnano-rap.blogspot.it
Pagine
- Home
- L'associazione - lo Statuto
- Chicche di R@P
- Campagnano info, news e proposte
- Video Consigliati
- Autoproduzione
- TRASHWARE
- Discariche & Rifiuti
- Acqua & Arsenico
- Canapa Sativa
- Raspberry pi
- Beni comuni
- post originali
- @lternative
- e-book streaming
- Economia-Finanza
- R@P-SCEC
- il 68 e il 77
- Acqua
- Decrescita Felice
- ICT
- ECDL
- Download
- हृदय योग सारस
mercoledì 23 ottobre 2019
Lavoro, la subordinazione può essere anche macchina-uomo. E la tutela va comunque garantita
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento