Il
surriscaldamento globale e i relativi cambiamenti climatici
rappresentano una crisi ambientale collettiva e globale, e minacciano il
godimento dei diritti fondamentali dell’individuo quali il diritto alla
vita, alla vita familiare, all’ambiente salubre, alla salute ed altri.
Tra di essi, va ricompreso anche il diritto (di ultima generazione) ad
un clima sicuro, oltre al diritto all'accesso all'acqua.
acquabenecomune.org
La crisi idrica è oramai un'evidenza conclamata, con effetti nefasti
sulla disponibilità per uso umano, sull'agricoltura e più in generale
sull'ambiente.
E' evidente come tale crisi sia il risultato del matrimonio tra il ciclo dell’acqua e il ciclo economico.
Essa è dovuta principalmente alla scarsità dell’acqua potabile e di quella utilizzabile dal punto di vista umano e socio-ambientale.
Scarsità “man-made”, cioè prodotta dall’uomo, a partire dall'alterazione del ciclo idrico e al crescente inquinamento. Per cui all'emergenza climatica globale si somma da oltre vent'anni un sistema di gestione votato al profitto e a logiche di mercato.
Purtroppo, il dibattito nel nostro Paese è piegato agli interessi delle grandi lobby economico-finanziarie che perseverano nella strategia volta alla definitiva mercificazione del bene acqua.
Il percorso del movimento per l'acqua, invece, ispirandosi al concetto di acqua come bene comune, contesta le politiche fondate sulla sua trasformazione in merce, chiedendone con forza la gestione pubblica e partecipativa come garanzia di libero accesso per tutti, facendo così intravedere nella battaglia per l’acqua il paradigma di un altro modello di società.
Essere riusciti a costruire un vero e proprio movimento nazionale ha trovato il suo humus nelle decine di conflitti territoriali aperti in tutto il paese.
Decine di vertenze aperte da cittadini, lavoratori ed anche amministratori locali che sono portatrici di un’esigenza comune e condivisa, cioè la necessità di una svolta radicale rispetto alle politiche che hanno fatto dell’acqua una merce e del mercato il punto di riferimento per la sua gestione.
La straordinaria partecipazione alla campagna referendaria è stato il segnale di quanto la sottrazione dell'acqua alle logiche di mercato e di profitto abbiano suscitato interesse nell’opinione pubblica e pertanto come questa avrebbe dovuto segnare un punto di svolta.
Ma l’attacco all’esito referendario non si è fatto attendere e il mantra delle privatizzazioni è tornato ad essere il faro delle elites politico-finanziarie che governano il nostro paese.
Sono passati 8 anni da quel pronunciamento e l’emersione della crisi economico-finanziaria a livello globale ha costretto prima a sterilizzare l’esito referendario per poi riprendere il cammino delle privatizzazioni.
Purtroppo la crisi sistemica nel nostro Paese si innesta dentro un profondo degrado delle istituzioni e della democrazia e dentro un altrettanto profonda frammentazione delle relazioni sociali.
I diritti vengono sempre più logorati anche mettendo sotto attacco gli enti locali e la democrazia di prossimità, senza la quale ogni legame sociale diviene contratto privatistico e la solitudine competitiva l’unico orizzonte individuale.
D'altra parte la crisi idrica ha fatto emergere le responsabilità di un sistema di gestione caratterizzato da una decennale mancanza di pianificazione e investimenti infrastrutturali perché piegato ad una logica monopolistica e privatistica che punta esclusivamente alla massimizzazione del profitto.
In questi anni abbiamo pervicacemente lavorato alla promozione della nostra legge per la gestione pubblica del servizio idrico, anche contribuendo, nella scorsa legislatura, alla nascita dell'integruppo parlamentare per “l'acqua bene comune”.
La proposta di legge scaturisce dalla necessità di un cambiamento normativo nazionale e risulta essere la reale e concreta attuazione dell'esito referendario, introducendo modelli di gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico, procedendo da subito alla ripubblicizzazione dello stesso.
Oggi ci ritroviamo a dover dare battaglia per sostenere l'iter di discussione di questa legge, il cui percorso in Commissione Ambiente è fermo da mesi, che rischia di essere affossata sotto una valanga di oltre 230 emendamenti presentati da gruppi politici di maggioranza e opposizione.
Per queste ragioni ci sembra opportuno prendere parola provando ad individuare gli elementi critici e i nodi da sciogliere per giungere finalmente ad una reale tutela di questo bene e ad una sua gestione pubblica e partecipativa.
L’acqua nel mondo, un’abbondanza apparente
La terra è il pianeta dell’acqua, ma il 97% risiede negli oceani e la gran parte di ciò che rimane è intrappolata nelle calotte glaciali dell’Antartico o nel sottosuolo, cosicché per l’uso umano ne rimane circa lo 0,6%, disponibile in laghi, fiumi e falde di acqua dolce facilmente accessibili.
Da un certo punto di vista, l’acqua è come la ricchezza mondiale: in termini globali, infatti, la quantità è più che sufficiente, il vero problema è che alcuni paesi ne dispongono in quantità ben maggiori rispetto ad altri.
Circa 4,4 miliardi di persone non hanno accesso ai servizi igienici e 884 milioni all’acqua potabile [1] soprattutto perché sono intrappolate in una spirale di povertà, disuguaglianza e fallimenti delle politiche governative. Per giungere a una soluzione della crisi idrica globale è necessario anzitutto affrontare queste tipologie di problemi.
D’altra parte negli ultimi decenni sono cambiati rapidamente non solo il clima e il regime delle piogge, concorrendo a diminuire la ricarica delle risorse sotterranee, ma anche l’impatto antropico, con un aumento costante del consumo di acqua e del deterioramento della sua qualità.
Le risorse idriche del pianeta sono limitate e sempre più a rischio: un terzo dei più estesi sistemi di acque sotterranee al mondo è in stato di sofferenza determinata dal fatto che le falde acquifere vengono sfruttate con una velocità maggiore rispetto a quella di rigenerazione, ed è stato stimato che entro il 2050 la “domanda” di acqua mondiale crescerà del 30%, quando già il prelievo mondiale per uso umano è prossimo al massimo livello sostenibile. Il prosciugamento dei corsi d’acqua naturali rappresenta un altro sintomo di stress idrico.
Cosa accade quando vengono violati i limiti dell’uso sostenibile?
La risposta semplificata è che l’integrità degli ecosistemi e, in ultima analisi, la vita umana sono compromessi.
La quantità di acqua non è l’unico indicatore di riferimento per rilevare condizioni di carenza idrica.
Anche la qualità ha una certa importanza in termini di volume di acqua disponibile per l’uso, e in molti dei bacini sottoposti a più forte stress idrico la qualità è stata compromessa dall’inquinamento.
Questa crisi rappresenta una grande minaccia per la sicurezza alimentare, la riduzione della povertà e la sostenibilità ecologica futura.
La crescente domanda di acqua supera la crescita della popolazione. Oggi, come nel passato, gli esseri umani si servono dell’acqua soprattutto per l’irrigazione e l’agricoltura che sono i settori dominanti dell’impiego idrico. Tuttavia, dall’inizio del XX secolo è andato aumentando l’uso di acqua da parte di industrie e comuni urbani, e parallelamente si è dilatato il divario esistente tra crescita della popolazione e domanda di acqua: con l’aumento della ricchezza e lo sviluppo dell’industrializzazione, ciascun individuo usa una maggiore quantità di acqua. Nel corso degli ultimi cento anni, la popolazione è quadruplicata, mentre l’uso di acqua è sette volte maggiore. Se nel mondo è aumentata la ricchezza, è cresciuta anche la sete. Non è difficile individuarne il motivo.
La sfida principale per la governance dell’acqua è portare la domanda a livelli tali da preservare l’integrità dell’ambiente. Nonostante la politica pubblica muti da paese a paese, sono comunque necessari 4 approcci generali: sottrarre l’acqua alla logica di mercato; sviluppare una strategia nazionale e internazionale; far pagare chi inquina; regolamentare lo sfruttamento delle falde acquifere.
A partire da tali considerazioni, il percorso del Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua si pone l’obiettivo di chiarire ed evidenziare quali siano le dinamiche che intrecciano la crisi idrica alla gestione dell’acqua, i temi ecologici a quelli sociali ed economici, con particolare riferimento al diritto all’accesso all’acqua, ai rischi e alle vulnerabilità derivanti dall'impatto dell'azione umana, dei nostri stili di vita, dei modelli di produzione sulla risorsa stessa e sull'ambiente.
Il paradosso dell'emergenza idrica
Il 2017 è stato un anno nel quale si è manifestata un’eccezionale carenza di risorse idriche disponibili, soprattutto in alcune zone del nostro Paese.
Il Dipartimento di ricerca su Clima e Atmosfera ISAC-CNR, in una nota stampa del 4 Dicembre 2017, ha reso noto che l’anno 2017 si è caratterizzato dall’essere il più siccitoso degli ultimi 200 anni [2].
Nel XX secolo, l’attività umana ha portato a un aumento della presenza nell’atmosfera dei gas a effetto serra. Questo incremento avrà conseguenze importantissime su tutti gli ecosistemi. Il processo di riscaldamento globale è già in atto e produrrà grandi cambiamenti in particolare sulla risorsa idrica. Provocherà un incremento del fenomeno dell’evaporazione degli oceani e dell’acqua sulla terraferma, intensificando e accelerando il ciclo dell’acqua. Tali cambiamenti saranno accompagnati da nuovi regimi pluviometrici e da eventi meteorologici sempre più estremi (alluvioni e piogge flash), tra l'altro su suoli sempre più cementificati e aridi, che non potendo trattenere l'acqua, tendono a farla tornare velocemente in mare ed evaporare. Secondo l'UNCHCR, da qui al 2050, oltre 250 milioni di persone saranno costrette a migrare a causa delle condizioni meteorologiche estreme.
Come effetto complessivo si avrà un acuirsi del rischio e della vulnerabilità, che metterà a repentaglio i mezzi di sostentamento, la salute e la sicurezza di milioni di persone.
Gli studi scientifici convergono sul fatto che le zone aride diventeranno più aride e quelle umide diventeranno più umide, con importanti conseguenze per la distribuzione della produzione agricola.
Secondo il quinto rapporto del IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) per ogni incremento di 1°C della temperatura terrestre, un ulteriore 7% della popolazione mondiale vedrà ridursi del 20% la propria disponibilità di risorse idriche.
Per una gran parte delle persone che vivono nei paesi del Sud del mondo, le proiezioni relative surriscaldamento globale e al relativo cambiamento del clima indicano una minore sicurezza dei mezzi di sussistenza, una maggiore vulnerabilità alla fame e alla povertà, un peggioramento delle disuguaglianze sociali e un maggiore degrado ambientale.
Nonostante sia possibile attenuare il cambiamento climatico futuro, stiamo già oltrepassando il punto di non ritorno e le pericolose variazioni del clima appaiono oggi inevitabili.
La risposta che saprà dare la comunità internazionale determinerà le prospettive per le generazioni di oggi e per quelle future.
L'emergenza che gran parte del nostro paese ha subito durante il 2017 è tutt'altro che messa alle spalle. Anzi rischia di diventare un fenomeno strutturale.
Ad Ottobre del 2017 l’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) ha diffuso un rapporto in cui individua l'Italia come uno degli “hotspot dei disastri naturali” [3], ovvero uno dei territori che sarà maggiormente colpito anche nel prossimo futuro dall'impatto sull'acqua del surriscaldamento globale e dei relativi cambiamenti climatici: le aree oggi esposte a fenomeni estremi lo saranno sempre di più da qui al 2080; si registrerà un aumento significativo della siccità nel sud e la frequenza delle inondazioni fluviali “triplicherà” nel nord Italia; i rifornimenti di acqua, come avvenuto nei mesi estivi del 2017, non saranno garantiti e si avranno conseguenze su fornitura di acqua e qualità dell’acqua. Inoltre, l’aumento delle temperature e il conseguente scioglimento delle nevi sulle cime alpine renderanno le Alpi ancora meno sicure visto che ci si aspetta un aumento di valanghe oltre i 2000 metri di altitudine.
Da ciò risulta evidente che il tema del surriscaldamento e dei relativi cambiamenti climatici è un tema globale ma con ricadute drammatiche a livello locale ed è strettamente connesso alle battaglie in difesa dell'acqua e dei beni comuni che si stanno giocando nel nostro paese.
E allora l'onestà intellettuale imporrebbe di fare marcia indietro rispetto a una serie di opere e progetti che da una parte tendono a valorizzare economicamente l'acqua e dall'altra considerano il suo depauperamento come un effetto collaterale ineluttabile.
Anche per queste ragioni come movimento per l'acqua abbiamo aderito convintamente alla campagna “Giudizio Universale” che si pone l'obiettivo di promuovere un giudizio mai intentato prima in Italia tramite cui chiamare in causa lo Stato per inadempienza rispetto alle politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici con conseguente violazione di alcuni diritti fondamentali.
La sfida della preservazione quali/quantitativa del bene comune acqua va agita, quindi, in connessione intima sia alla lotta per la gestione pubblica e partecipata del ciclo idrico sia a quella per la mitigazione degli effetti del surriscaldamento globale e dei relativi cambiamenti climatici.
Diviene, quindi, irrinunciabile e urgente un cambiamento del sistema passando dalla pianificazione dell’offerta, alla pianificazione e gestione della domanda, rimettendo al centro la tutela e la conservazione dell'acqua e dei beni comuni.
E' evidente come tale crisi sia il risultato del matrimonio tra il ciclo dell’acqua e il ciclo economico.
Essa è dovuta principalmente alla scarsità dell’acqua potabile e di quella utilizzabile dal punto di vista umano e socio-ambientale.
Scarsità “man-made”, cioè prodotta dall’uomo, a partire dall'alterazione del ciclo idrico e al crescente inquinamento. Per cui all'emergenza climatica globale si somma da oltre vent'anni un sistema di gestione votato al profitto e a logiche di mercato.
Purtroppo, il dibattito nel nostro Paese è piegato agli interessi delle grandi lobby economico-finanziarie che perseverano nella strategia volta alla definitiva mercificazione del bene acqua.
Il percorso del movimento per l'acqua, invece, ispirandosi al concetto di acqua come bene comune, contesta le politiche fondate sulla sua trasformazione in merce, chiedendone con forza la gestione pubblica e partecipativa come garanzia di libero accesso per tutti, facendo così intravedere nella battaglia per l’acqua il paradigma di un altro modello di società.
Essere riusciti a costruire un vero e proprio movimento nazionale ha trovato il suo humus nelle decine di conflitti territoriali aperti in tutto il paese.
Decine di vertenze aperte da cittadini, lavoratori ed anche amministratori locali che sono portatrici di un’esigenza comune e condivisa, cioè la necessità di una svolta radicale rispetto alle politiche che hanno fatto dell’acqua una merce e del mercato il punto di riferimento per la sua gestione.
La straordinaria partecipazione alla campagna referendaria è stato il segnale di quanto la sottrazione dell'acqua alle logiche di mercato e di profitto abbiano suscitato interesse nell’opinione pubblica e pertanto come questa avrebbe dovuto segnare un punto di svolta.
Ma l’attacco all’esito referendario non si è fatto attendere e il mantra delle privatizzazioni è tornato ad essere il faro delle elites politico-finanziarie che governano il nostro paese.
Sono passati 8 anni da quel pronunciamento e l’emersione della crisi economico-finanziaria a livello globale ha costretto prima a sterilizzare l’esito referendario per poi riprendere il cammino delle privatizzazioni.
Purtroppo la crisi sistemica nel nostro Paese si innesta dentro un profondo degrado delle istituzioni e della democrazia e dentro un altrettanto profonda frammentazione delle relazioni sociali.
I diritti vengono sempre più logorati anche mettendo sotto attacco gli enti locali e la democrazia di prossimità, senza la quale ogni legame sociale diviene contratto privatistico e la solitudine competitiva l’unico orizzonte individuale.
D'altra parte la crisi idrica ha fatto emergere le responsabilità di un sistema di gestione caratterizzato da una decennale mancanza di pianificazione e investimenti infrastrutturali perché piegato ad una logica monopolistica e privatistica che punta esclusivamente alla massimizzazione del profitto.
In questi anni abbiamo pervicacemente lavorato alla promozione della nostra legge per la gestione pubblica del servizio idrico, anche contribuendo, nella scorsa legislatura, alla nascita dell'integruppo parlamentare per “l'acqua bene comune”.
La proposta di legge scaturisce dalla necessità di un cambiamento normativo nazionale e risulta essere la reale e concreta attuazione dell'esito referendario, introducendo modelli di gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico, procedendo da subito alla ripubblicizzazione dello stesso.
Oggi ci ritroviamo a dover dare battaglia per sostenere l'iter di discussione di questa legge, il cui percorso in Commissione Ambiente è fermo da mesi, che rischia di essere affossata sotto una valanga di oltre 230 emendamenti presentati da gruppi politici di maggioranza e opposizione.
Per queste ragioni ci sembra opportuno prendere parola provando ad individuare gli elementi critici e i nodi da sciogliere per giungere finalmente ad una reale tutela di questo bene e ad una sua gestione pubblica e partecipativa.
L’acqua nel mondo, un’abbondanza apparente
La terra è il pianeta dell’acqua, ma il 97% risiede negli oceani e la gran parte di ciò che rimane è intrappolata nelle calotte glaciali dell’Antartico o nel sottosuolo, cosicché per l’uso umano ne rimane circa lo 0,6%, disponibile in laghi, fiumi e falde di acqua dolce facilmente accessibili.
Da un certo punto di vista, l’acqua è come la ricchezza mondiale: in termini globali, infatti, la quantità è più che sufficiente, il vero problema è che alcuni paesi ne dispongono in quantità ben maggiori rispetto ad altri.
Circa 4,4 miliardi di persone non hanno accesso ai servizi igienici e 884 milioni all’acqua potabile [1] soprattutto perché sono intrappolate in una spirale di povertà, disuguaglianza e fallimenti delle politiche governative. Per giungere a una soluzione della crisi idrica globale è necessario anzitutto affrontare queste tipologie di problemi.
D’altra parte negli ultimi decenni sono cambiati rapidamente non solo il clima e il regime delle piogge, concorrendo a diminuire la ricarica delle risorse sotterranee, ma anche l’impatto antropico, con un aumento costante del consumo di acqua e del deterioramento della sua qualità.
Le risorse idriche del pianeta sono limitate e sempre più a rischio: un terzo dei più estesi sistemi di acque sotterranee al mondo è in stato di sofferenza determinata dal fatto che le falde acquifere vengono sfruttate con una velocità maggiore rispetto a quella di rigenerazione, ed è stato stimato che entro il 2050 la “domanda” di acqua mondiale crescerà del 30%, quando già il prelievo mondiale per uso umano è prossimo al massimo livello sostenibile. Il prosciugamento dei corsi d’acqua naturali rappresenta un altro sintomo di stress idrico.
Cosa accade quando vengono violati i limiti dell’uso sostenibile?
La risposta semplificata è che l’integrità degli ecosistemi e, in ultima analisi, la vita umana sono compromessi.
La quantità di acqua non è l’unico indicatore di riferimento per rilevare condizioni di carenza idrica.
Anche la qualità ha una certa importanza in termini di volume di acqua disponibile per l’uso, e in molti dei bacini sottoposti a più forte stress idrico la qualità è stata compromessa dall’inquinamento.
Questa crisi rappresenta una grande minaccia per la sicurezza alimentare, la riduzione della povertà e la sostenibilità ecologica futura.
La crescente domanda di acqua supera la crescita della popolazione. Oggi, come nel passato, gli esseri umani si servono dell’acqua soprattutto per l’irrigazione e l’agricoltura che sono i settori dominanti dell’impiego idrico. Tuttavia, dall’inizio del XX secolo è andato aumentando l’uso di acqua da parte di industrie e comuni urbani, e parallelamente si è dilatato il divario esistente tra crescita della popolazione e domanda di acqua: con l’aumento della ricchezza e lo sviluppo dell’industrializzazione, ciascun individuo usa una maggiore quantità di acqua. Nel corso degli ultimi cento anni, la popolazione è quadruplicata, mentre l’uso di acqua è sette volte maggiore. Se nel mondo è aumentata la ricchezza, è cresciuta anche la sete. Non è difficile individuarne il motivo.
La sfida principale per la governance dell’acqua è portare la domanda a livelli tali da preservare l’integrità dell’ambiente. Nonostante la politica pubblica muti da paese a paese, sono comunque necessari 4 approcci generali: sottrarre l’acqua alla logica di mercato; sviluppare una strategia nazionale e internazionale; far pagare chi inquina; regolamentare lo sfruttamento delle falde acquifere.
A partire da tali considerazioni, il percorso del Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua si pone l’obiettivo di chiarire ed evidenziare quali siano le dinamiche che intrecciano la crisi idrica alla gestione dell’acqua, i temi ecologici a quelli sociali ed economici, con particolare riferimento al diritto all’accesso all’acqua, ai rischi e alle vulnerabilità derivanti dall'impatto dell'azione umana, dei nostri stili di vita, dei modelli di produzione sulla risorsa stessa e sull'ambiente.
Il paradosso dell'emergenza idrica
Il 2017 è stato un anno nel quale si è manifestata un’eccezionale carenza di risorse idriche disponibili, soprattutto in alcune zone del nostro Paese.
Il Dipartimento di ricerca su Clima e Atmosfera ISAC-CNR, in una nota stampa del 4 Dicembre 2017, ha reso noto che l’anno 2017 si è caratterizzato dall’essere il più siccitoso degli ultimi 200 anni [2].
Nel XX secolo, l’attività umana ha portato a un aumento della presenza nell’atmosfera dei gas a effetto serra. Questo incremento avrà conseguenze importantissime su tutti gli ecosistemi. Il processo di riscaldamento globale è già in atto e produrrà grandi cambiamenti in particolare sulla risorsa idrica. Provocherà un incremento del fenomeno dell’evaporazione degli oceani e dell’acqua sulla terraferma, intensificando e accelerando il ciclo dell’acqua. Tali cambiamenti saranno accompagnati da nuovi regimi pluviometrici e da eventi meteorologici sempre più estremi (alluvioni e piogge flash), tra l'altro su suoli sempre più cementificati e aridi, che non potendo trattenere l'acqua, tendono a farla tornare velocemente in mare ed evaporare. Secondo l'UNCHCR, da qui al 2050, oltre 250 milioni di persone saranno costrette a migrare a causa delle condizioni meteorologiche estreme.
Come effetto complessivo si avrà un acuirsi del rischio e della vulnerabilità, che metterà a repentaglio i mezzi di sostentamento, la salute e la sicurezza di milioni di persone.
Gli studi scientifici convergono sul fatto che le zone aride diventeranno più aride e quelle umide diventeranno più umide, con importanti conseguenze per la distribuzione della produzione agricola.
Secondo il quinto rapporto del IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) per ogni incremento di 1°C della temperatura terrestre, un ulteriore 7% della popolazione mondiale vedrà ridursi del 20% la propria disponibilità di risorse idriche.
Per una gran parte delle persone che vivono nei paesi del Sud del mondo, le proiezioni relative surriscaldamento globale e al relativo cambiamento del clima indicano una minore sicurezza dei mezzi di sussistenza, una maggiore vulnerabilità alla fame e alla povertà, un peggioramento delle disuguaglianze sociali e un maggiore degrado ambientale.
Nonostante sia possibile attenuare il cambiamento climatico futuro, stiamo già oltrepassando il punto di non ritorno e le pericolose variazioni del clima appaiono oggi inevitabili.
La risposta che saprà dare la comunità internazionale determinerà le prospettive per le generazioni di oggi e per quelle future.
L'emergenza che gran parte del nostro paese ha subito durante il 2017 è tutt'altro che messa alle spalle. Anzi rischia di diventare un fenomeno strutturale.
Ad Ottobre del 2017 l’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) ha diffuso un rapporto in cui individua l'Italia come uno degli “hotspot dei disastri naturali” [3], ovvero uno dei territori che sarà maggiormente colpito anche nel prossimo futuro dall'impatto sull'acqua del surriscaldamento globale e dei relativi cambiamenti climatici: le aree oggi esposte a fenomeni estremi lo saranno sempre di più da qui al 2080; si registrerà un aumento significativo della siccità nel sud e la frequenza delle inondazioni fluviali “triplicherà” nel nord Italia; i rifornimenti di acqua, come avvenuto nei mesi estivi del 2017, non saranno garantiti e si avranno conseguenze su fornitura di acqua e qualità dell’acqua. Inoltre, l’aumento delle temperature e il conseguente scioglimento delle nevi sulle cime alpine renderanno le Alpi ancora meno sicure visto che ci si aspetta un aumento di valanghe oltre i 2000 metri di altitudine.
Da ciò risulta evidente che il tema del surriscaldamento e dei relativi cambiamenti climatici è un tema globale ma con ricadute drammatiche a livello locale ed è strettamente connesso alle battaglie in difesa dell'acqua e dei beni comuni che si stanno giocando nel nostro paese.
E allora l'onestà intellettuale imporrebbe di fare marcia indietro rispetto a una serie di opere e progetti che da una parte tendono a valorizzare economicamente l'acqua e dall'altra considerano il suo depauperamento come un effetto collaterale ineluttabile.
Anche per queste ragioni come movimento per l'acqua abbiamo aderito convintamente alla campagna “Giudizio Universale” che si pone l'obiettivo di promuovere un giudizio mai intentato prima in Italia tramite cui chiamare in causa lo Stato per inadempienza rispetto alle politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici con conseguente violazione di alcuni diritti fondamentali.
La sfida della preservazione quali/quantitativa del bene comune acqua va agita, quindi, in connessione intima sia alla lotta per la gestione pubblica e partecipata del ciclo idrico sia a quella per la mitigazione degli effetti del surriscaldamento globale e dei relativi cambiamenti climatici.
Diviene, quindi, irrinunciabile e urgente un cambiamento del sistema passando dalla pianificazione dell’offerta, alla pianificazione e gestione della domanda, rimettendo al centro la tutela e la conservazione dell'acqua e dei beni comuni.
Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua
Note
1 Progress on Drinking Water, Sanitation and Hygiene: 2017 Update and Sustainable Development Goal Baselines. OMS-UNICEF 20172 www.cnr.it/it/nota-stampa/n-7807/isac-cnr-2017-anno-piu-secco-degliultimi-due-secoli
3 Agenzia Europea dell’Ambiente, rapporto “Adattamento ai cambiamenti climatici e riduzione del rischio di catastrofi in Europa — rafforzare la coerenza della base di conoscenze, delle politiche e delle prassi” - 17 ottobre 2017
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