giovedì 24 ottobre 2019

Perché rischiare il carcere per curarsi con la cannabis?

Rischio il carcere per curarmi”, questo è l’appello di Walter De Benedetto, un malato di artrite reumatoide di Arezzo, che da qualche giorno gira su tutti i social. Walter da anni ha un piano terapeutico che prevede una certa quantità di cannabis. 
Malgrado la Regione Toscana sia stata la prima in Italia a rimborsare i costi dei vari preparati prodotti in Italia o importati dall’Olanda o dalla Germania, la ASL della sua città non ne ha abbastanza e, “salomonicamente”, la divide con altre decine di persone che hanno patologie differenti ma esigenze simili.
 
Perché rischiare il carcere per curarsi con laWalter ha deciso di assumersi la responsabilità di farsi portavoce del dolore, e spesso della disperazione, di migliaia di persone che hanno, tra i vari, anche il problema di non poter ricevere la quantità di cannabinoidi prevista dal proprio medico. 
Walter ha deciso di scrivere al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, al Presidente della Camera Roberto Fico e ai ministri della Salute e della Difesa per chiedere un incremento della produzione di cannabis terapeutica. Non per sé ma per tutti.
Dal 2007 l’Italia consente la prescrivibilità dei prodotti a base di cannabis per vari tipi di condizioni, e dal 2012 una quindicina di Regioni hanno adottato leggi per rimborsare i prodotti specificando chi possa scrivere le ricette e chiarendo il catalogo dei prodotti rimborsabili. 
Dal 2015 lo Stabilimento Farmaceutico Militare di Firenze coltiva infiorescenze ricche di CBD (uno dei due principi attivi utilizzati per fini terapeutici) che spedisce direttamente alle farmacie che ne fanno richiesta. 
Da una decina d’anni la stragrande maggioranza dei prodotti disponibili sul mercato provengono dall’Olanda (e sono ricchi anche di THC), mentre dal 2018 sono stati importati prodotti anche dalla Germania a seguito di specifiche gare d’appalto.

Da qualche settimana l’Unione europea ha approvato l’Epidiolex, un farmaco a base di cannabis indicato per il trattamento di forme rare ma gravi di epilessia. E’ la prima volta che accade nel nostro continente. Si tratta di un prodotto made in USA lanciato nel 2018. 
A seguito di questo riconoscimento da parte dell’Agenzia del farmaco europea potrà esser prescritto in tutti gli Stati Membri dell’UE. 
L’Epidiolex si presenta in forma liquida da assumere per bocca, come fosse uno sciroppo, e contiene solamente CBD.
Secondo stime del Governo, il fabbisogno nazionale è intorno ai 1000 chili
A metà giugno 2019 l’Agenzia Industrie Difesa ha indetto una prima gara a procedura aperta accelerata (importo presunto 1.520.000,00 Euro al netto di IVA) per la fornitura di 400 Kg di cannabis (320 Kg contenenti THC, 30 misto THC e CBD e 30 prevalentemente CBD) per le esigenze dello Stabilimento Chimico Farmaceutico di Firenze e una seconda per dei macchinari (importo presunto 230.000,00 Euro al netto di IVA) per rafforzare la produzione made in Italy nel capoluogo toscano.
Malgrado a Firenze la coltivazione continui, non senza problemi, siamo ancora a corto di prodotti per soddisfare le esigenze di un numero crescente di malati. Quante siano però le persone che ricevono prodotti a base di cannabis per terapie non è dato sapere - il Ministero della Salute è in ritardo nella pubblicazione dei dati relativi al numero di ricette, le condizioni per cui sono previsti i piani terapeutici, le tipologie di prodotto prescritte e gli eventuali effetti avversi.
E pensare che l’Italia è stato tra i primi stati sovrani a legalizzare l’accesso a terapie a base di cannabis e che nel 2018, secondo un rapporto delle Nazioni unite, è tra i primi dieci produttori di cannabinoidi terapeutici al mondo!
Nel 2019 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha raccomandato alla Commissione sulle Droghe delle Nazioni unite di togliere la cannabis dalla tabella delle piante e sostanze più pericolose in modo da facilitarne l’uso medico-scientifico previsto dalle convenzioni internazionali. 
L’Italia ha ricollocato la pianta nella seconda tabella nel 2014 a seguito, tra le altre cose, della dichiarazione di incostituzionalità della Legge Fini-Giovanardi del 2006. 
Per sua stessa ammissione, quella di Walter De Benedetto è “una storia di negazione del diritto alla salute e di accesso a terapie per curare il dolore grazie alla cannabis”. 
All’inizio di ottobre nella sua casa di Arezzo sono state sequestrate nove piante di marijuana che Walter utilizzava “arrangiandosi” per alleviare i dolori dell’artrite reumatoide che non riusciva a lenire per via dell’insufficienza dei prodotti provvisti dall’ASL.
Nella sua lettera a governo e Parlamento Walter ricorda che “la scarsità dei prodotti è dovuta a una crescente domanda a cui l’Italia non riesce a corrispondere con la produzione nazionale o le importazioni” e si appella affinché la nuova legge di bilancio preveda “ulteriori finanziamenti in questo senso”.  
Nel 2016 l’Associazione Luca Coscioni e Radicali Italiani, insieme a decine di altre associazioni, hanno raccolto oltre 68.000 firme per presentare una proposta di legge d’iniziativa popolare per la legalizzazione della cannabis (per tutti i fini); se nella XVII Legislatura esisteva un inter-gruppo di quasi 300 tra Deputati e Senatori, dal 2018 si sono perse le tracce della volontà riformatrice. Eppure, almeno sulla carta, ci sarebbe una maggioranza parlamentare che nei propri programmi e dichiarazioni sarebbe a favore della regolamentazione legale.
Alla lettera di Walter De Benedetto si aggiungono le oltre 25.000 firme raccolte su un paio di appelli che chiedono la ricostituzione dell’inter-gruppo, la presentazione di altri disegni di legge, e comunque di iscrivere all’ordine del giorno la proposta popolare che prevedeva norme molto più liberali e onnicomprensive relative anche agli aspetti terapeutici della pianta.
Riusciranno ancora una volta i malati, che lottano con i loro corpi contro la malattia, ad arrivare al cuore della politica piuttosto che rischiare il carcere per vedere il loro diritto alla salute rispettato?

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