I fatti, come noto, hanno la testa dura. Si possono omettere, si può cercare di manipolarli, si possono ignorare, ma alla fine – proprio perchè hanno la testa dura – ti ricadono pesantemente sui piedi e rimettono le cose ciascuna al suo posto.
In Venezuela continuiamo ad assistere ad un parossistico tentativo di ignorare e manipolare la realtà, anche di fronte a evidenze che imporrebbero un minimo di serietà.
Diventa quasi estenuante denunciare la filiera della disinformazione e manipolazione mediatica (dovrebbe essere oltretutto molto umiliante, per i giornalisti che vi si prestano).
Inventare un golpe, cercare di legittimarlo, costruirgli narrativamente intorno un consenso popolare (e addirittura militare) che non c’è, diventa alla fine ridicolo di fronte ai fatti reali che ne dimostrano l’inesistenza, o comunque l’inconsistenza.
Alla fine anche i media statunitensi e, a catena, quelli italiani, sono stati costretti ad ammettere che l’ennesimo tentativo di golpe di Guaidò e dei suoi accoliti era un fuoco fatuo. Un bluff anche troppo scoperto.
I golpisti sono corsi a rifugiarsi nelle ambasciate dei paesi amici (Spagna, Brasile etc.). I pochi militari che li avevano seguiti sono stati abbandonati alla loro sorte e si sono arresi rapidamente rivelando di essere stati strumentalizzati. I settori popolari della società venezuelana, invece che ascoltare i golpisti, sono accorsi a proteggere in massa il palazzo presidenziale e il governo di Maduro.
In sostanza, il terzo tentativo di golpe in pochi mesi è fallito miseramente, rendendo ridicolo lo starnazzare dei sostenitori internazionali del colpo di stato in Venezuela; anche quelli del nostro paese. Le rodomontate di Salvini, Tajani e del Pd somigliano perciò moltissimo a quella pietra sollevata in aria che ricade pesantemente sui piedi di chi l’ha alzata.
Ma se in Italia, per il vergognoso servilismo e la conclamata marginalità politica, l’ennesimaboutade filogolpista verrà rapidamente archiviata (anche se sarebbe auspicabile una resa dei conti dentro governo e Parlamento su questi temi, ma non se ne intravedono i soggetti e tanto meno la dignità per farlo), negli Stati Uniti la pietra ricaduta sui piedi dell’amministrazione Trump è ancora più pesante.
Pare che l’unica giustificazione che la Casa Bianca riesca a dare sia quello di un “intervento dei russi”, che avrebbe sventato il golpe.
Bene. E’ certamente vero che ormai, dall’elezione di Trump, l’ombra di Mosca sembra diventata la nemesi della vita politica statunitense, ben più di quanto gli autori di “Americans” (1) avrebbero mai immaginato. Ma si comprende bene come questa tesi. se fosse vera, confermerebbe il declino politico, morale e strategico degli Usa di fronte al loro nemico storico sconfitto nella Guerra Fredda. Se invece è falsa, copre di ridicolo i servizi di sicurezza e la qualità stessa della vita politica statunitense, costretta a indicare in un “agente esterno” la causa dei propri fallimenti.
Una volta gli yankee eccellevano nella costruzione di aerei e di golpe. Oggi i loro aerei cadono o non volano (Boeing 737 Max e F35). E anche i golpe made in Usa non sono più quelli di una volta. Come cantava Bob Dylan?“The times we are changin”….
(1) Serie televisiva creata da Joe Weisberg su un gruppo di agenti sovietici perfettamente mimetizzati come cittadini statunitensi
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