martedì 28 maggio 2019

E' stato un voto di protesta. Prima lo capiamo e prima disinneschiamo la Lega. Che ora dovrà dimostrare di risolvere i problemi senza più la canzonetta del "dàgli al négher"

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Se perfino a Riace è passata la tesi leghista del "dàgli al nègher" vuol dire che il voto degli italiani, al di là di tutto, è stato inequivocabile. E sarebbe il caso appena di partire proprio da qui per capire come andare avanti. Il primo dato che salta agli occhi, quasi senza discutere, è che vince chi dice una cosa chiara, chi ha un profilo. E questo ha avuto la sua importanza per dirigere la rabbia degli italiani e, sembra, anche dei francesi. 
Se partiamo da qui si capisce anche la scelta scellerata sia del Movimento Cinque Stelle, sia del Pd, di impostare una strategia tesa a limitare i danni. Si può anche capire che lo faccia un partito di Governo, sempre pronto a dover pagare il pegno della sua azione. Non si capisce però quando questa logica viene applicata da un partito di opposizione come il Pd. 
Questo rispondere alla prevedibilissima ondata populista con l'idea che bastasse soltanto spostarsi un po' più in là per smussare il colpo è da pazzi. Tanto più che l'ondata ha dimensioni e caratteristiche totali. Zingaretti dovrebbe dimettersi solo per questo. 
Il Pd si è presentato a questa scadenza elettorale leccandosi ancora le ferite, non pronto insomma. E fa davvero meraviglia questa euforia da liceali di fronte all'assenza della professoressa che avrebbe dovuto interrogarli. 

Ma dicevamo del segno politico di questo voto. Un segno politico indubitabilmente di protesta. Non si spiega altrimenti il forte calo del Movimento cinque stelle. Un voto di protesta per l'incapacità dimostrata di fronte alla crisi, alla mancanza di lavoro, all'arroganza dei poteri forti. Il trstullo del reddito di cittadinanza non l'ha bevuto nessuno. Anzi, l'effetto è stato quello di incattivire ancora di più gli animi. 
Mettiamo da parte l'assoluta miopia politica di Di Maio & company, seconda solo a quella del Pd. Il punto vero è che se siamo di fronte ad un voto di protesta per le condizioni della crisi economica a queste istanze va data una risposta. E la Lega non è in grado di farlo. E quindi sarà sempre più indotta al manganello. 
Cosa accadrà quando le stesse masse che oggi hanno creduto all'anti-nègher rappresentato dal faccione di Salvini scopriranno che la flat-tax è l'ennesima pressa in giro? 
Ora la Lega è chiamata a dare risposte. E se Di Maio vuole ancora dare un senso alla sua esistenza politica, che è stato capace di bruciare nel giro di dodici mesi, deve partire da qui. 
Un cenno a quanto sta accadendo a Bruxelles. L'affermazione dei Verdi può rappresentare un fuoco di paglia come una grande opportunità. Tutto dipende dai tecnocrati. Se davvero hanno capito che siamo alla fine allora si potrà pensare di mettere un punto all'avanzata del populismo. Se, invece, al contrario, si penserà di sfruttare i Verdi come una stampella di maggioranza allora il disastro è assicurato. Un disastro che ci porterà al fascismo in versione no-soft. Tra Berlino e Parigi non c'è da scherzare. Lì non ci sono i fantoccetti di Casapound. 

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