La lotta alla Prosus di Vescovato
(Cremona), una fabbrica con circa 400 dipendenti, ci racconta quella che
possiamo definire come una storia esemplare di solidarietà operaia, un
episodio significativo che questi brutti tempi da tempo non ci
riconsegnavano.
I fatti sono questi. Da tempo 26 lavoratori interinali adibiti alla logistica di questa fabbrica di lavorazione di carne suina, sono stati licenziati perché si erano iscritti alla Usb ed avevano cominciato a farsi sentire sui propri diritti.
Il sistema è noto. Le aziende appaltano i loro servizi esterni (logistica, etc.) a cooperative esterne o ad agenzie interinali che procurano la forza lavoro tramite il micidiale meccanismo dell’intermediazione, ovvero il moderno caporalato.
I 26 lavoratori licenziati nelle settimane scorse hanno dato vita a manifestazioni e presidi chiedendo la riassunzione. Ma l’azienda aveva fatto muro anche utilizzando il pretesto che non sono propri dipendenti.
Mercoledi viene presa la decisione di occupare il parcheggio interno dello stabilimento insieme alle mogli e ai figli dei lavoratori licenziati. I lavoratori e le loro famiglie si presentano con materassi e il necessario a portare avanti una occupazione “a cielo aperto”.
La sera si svolge l’assemblea dentro il parcheggio della fabbrica. All’assemblea questa volta partecipano attivamente anche le donne e sono le più determinate a portare avanti la lotta.
L’azienda chiama la Questura, la quale annuncia che l’occupazione verrà sgomberata. Giovedi mattina davanti alla Prosus si presentano quattro blindati e i funzionari intimano a lavoratori, donne e bambini di sgomberare entro dieci minuti. A quel punto parte un tam tam di messaggi che arriva anche ai lavoratori interni della Prosus, i quali decidono di sospendere il lavoro, di uscire dalla linee e si vanno a schierare davanti alla polizia insieme ai lavoratori licenziati e ai loro familiari. “Le donne e i bambini non si toccano” dicono chiaro e forte gli operai ai funzionari della Questura.
A quel punto la polizia arretra, l’azienda accetta un incontro con i lavoratori licenziati e si procede ad un successivo incontro in Prefettura, con la Prosus che si impegna a far pressione sulle società che hanno l’appalto dei servizi esterni affinché riassumano i lavoratori licenziati.
Abbiamo detto in apertura che questa si sta rivelando come una storia esemplare. E’ noto infatti che in molti stabilimenti spesso le direzioni aziendali puntano a dividere i lavoratori “interni” da quelli dei servizi esterni come quelli della logistica, additando spesso le lotte di questi ultimi come un danno e un ostacolo al lavoro.
Chi era presente ci racconta invece di una situazione mai vista in tempi recenti, un episodio di determinazione e solidarietà operaia di altri tempi. Eppure è accaduto oggi, nel profondo Nord, tra operai “italiani” e operai “immigrati”. L’unità di chi lavora avviene come sempre sul campo.
La lotta indubbiamente educa e si conferma strumento di emancipazione. Di questo hanno timore padroni e ministri.
Di questo deve sentirsi forte chi vuole affermare i diritti di tutti e il concetto di “prima gli sfruttati”.
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