mercoledì 7 febbraio 2018

Potere al popolo critica i limiti del Patto per la Costituzione e rilancia la lotta di classe dal basso

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di Luigi Ficarra

pattoRitengo positiva la risposta data dalla portavoce di Potere al Popolo, Viola Carofalo, ai firmatari del Patto per la Costituzione, Felice Besostri e altri costituzionalisti (*).
La Carofalo evidenzia innanzitutto che le condizioni minime poste nel ‘Patto’ sono “insufficienti ad assicurare davvero a tutti i lavoratori la difesa dei diritti costituzionali alle ferie, al riposo, a un salario decente, alla pace, alla salute, perché essi sono stati sistematicamente negati”.
E negati, dice la Carofalo, non solo con le leggi ordinarie, tipo il Jobs Act ed il decreto Poletti, ma anche con leggi di revisione costituzionale che la classe dominante borghese ha compiuto specie con la modifica degli artt. 81 e 97 cost., per non parlare di quella, anch’essa molto rilevante, dell’art. 118, ultimo comma , cost..
Per cui giustamente dice che in conseguenza delle suddette modifiche molti “principi costituzionali (elencati nel ‘Patto’) sono oggi lettera morta”. Si che quella vigente non è più la Costituzione liberaldemocratica del ’47, ma una costituzione liberale.
Scrive ad esempio la Carofalo che, introdotto l’obbligo del pareggio di bilancio con gli artt. 81 e 97 novellati, non è (oggi) possibile attuare l’articolo 3 cost . Invero, non potendosi fare spese fuori bilancio, non possono “rimuoversi gli ostacoli di ordine economico e sociale ”di cui in esso si parla.
Il secondo comma dell’art. 81 prescrive infatti che “il ricorso all’indebitamento è consentito  solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali”. Non quindi per motivi sociali e di giustizia.

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