venerdì 2 febbraio 2018

Cannabis light: cosa si deve fare per coltivarla e quanto si guadagna secondo Roots.

Con il boom della cannabis light, le infiorescenze di canapa a basso livello di THC, in tutto il paese è nato un grande fermento di persone che si vogliono avvicinare a questo mondo. Agricoltori, professionisti di altri settori che hanno terreni a disposizione, ragazzi o famiglie che vogliono dedicarsi alla natura ed alla canapa facendolo diventare un lavoro remunerativo: le richieste sono le più varie e disparate.
La cosa più importante da chiarire è il limite di THC. In Italia è legale coltivare varietà di canapa certificate a livello europeo con un contenuto di THC che non superi lo 0,2%. La legge sulla canapa entrata in vigore a gennaio ha spostato il limite per la coltivazione a 0,6%, specificando che, anche nel caso in cui una coltivazione superasse questa soglia, è comunque esclusa la responsabilità dell’agricoltore. I diversi punti di vista sono di chi considera lo 0,6% come limite per le piante nel campo, e chi lo considera anche come limite per la commercializzazione. Ad oggi vengono comunque vendute nel nostro Paese sia varietà che tengono come limite lo 0,2%, sia varietà che hanno lo 0,6%. Molte di queste arrivano dalla Svizzera con tutti i documenti e le analisi al seguito e vengono importate senza problemi, cosa che non sarebbe possibile se non fosse ritenuto legale.

Altra questione è la vendita del prodotto ad uso tecnico, che riguarda la destinazione d’uso: è una soluzione pensata per evitare qualsiasi problema normativo. Fermo restando che l’uso florovivaistico della canapa è previsto dalla legge entrata in vigore a gennaio (art.2, punto G), l’unico uso umano ad oggi riconosciuto è quello della canapa alimentare, settore per il quale le soglie di THC saranno decise da un decreto del ministero della Salute.
Per chiarire anche tutti gli altri dubbi di chi vorrebbe avvicinarsi alla coltivazione abbiamo fatto quattro chiacchiere con Mario Lorusso, fondatore di Roots, azienda agricola che coltiva canapa in Italia anche per commercializzarne le infiorescenze.

“Non è eccessivamente complicato coltivare canapa da fiore, soprattutto per chi è già agricoltore. Chi è alle prime armi magari è opportuno che si faccia seguire e consigliare su quali varietà sia meglio coltivare”, ha esordito.
Per chi decidesse di affacciarsi su questo mercato consigli dunque di farsi affiancare da un agronomo o comunque da un esperto in materia?

Sì, soprattutto per chi si avvicina in questo modo all’agricoltura. E’ giusto avere uno studio o una persona competente alle spalle che ti possa affiancare in modo professionale per avere la possibilità di imparare le giuste tecniche ed i procedimenti. Anche per evitare di rimetterci in futuro: è quello che ho fatto anche io agli inizi.
Anche perché la qualità dei fiori prodotti sta aumentando…
Sì, la qualità sta crescendo a vista d’occhio. Parlando sempre di varietà cartellinate e quindi per le quali è autorizzata la coltivazione in Italia, sto vedendo giorno dopo giorno miglioramenti sempre più notevoli.
A livello di appezzamento, per le infiorescenze è meglio cominciare con una piccola estensione di terreno?
Io sconsiglio di superare i 2 ettari di coltivazione di canapa da fiore per chi è già esperto ed un singolo ettaro per chi approccia a questo tipo di coltivazione. Dal mio punto di vista è meglio puntare sulla qualità invece che sulla quantità, perché bisogna comunque passare tra i filari, guardarle spesso e controllarle e quindi secondo me è sempre meglio coltivare piccole estensioni.
Ci sono consigli particolari per la preparazione del campo o per la scelta delle genetiche?
Io solitamente vado a vedere campo per campo, facendo delle analisi del terreno per capire quale sia il ph e l’eventuale presenza di metalli pesanti o altri inquinanti. Ogni realtà merita uno studio singolo e l’analisi della propria situazione. Cerco di capire che tipo di terreno è, che acqua arriva e in base a quello consiglio il seme.
Anche perché dal nord al sud le condizioni climatiche cambiano radicalmente…
Una Carmagnola oggi io al sud non la consiglierei per una questione di clima e di possibile sforamento del THC. Così come una Finola non la consiglierei ad un coltivatore inesperto perché è molto delicata. Bisogna valutare caso per caso se si vuole che gli agricoltori siano contenti e che continuino a coltivare canapa.
E’ possibile coltivare anche in indoor o in serra e ad esempio con sistemi idroponici, oltre che in campo?
Sì, è possibile procedere anche in indoor infatti anche noi ci stiamo organizzando per questo. La differenza sta nel tipo di investimento e nel tipo di preparazione perché ci sono più difficoltà rispetto al campo.

Ci sono aziende italiane che ritirano il prodotto?
Sì, ce ne sono, come ad esempio la mia o Easy Joint. Noi cerchiamo di aiutare l’agricoltore seguendo il processo di coltivazione al fine di ottenere il fiore migliore possibile per poi acquistarlo. Non tutti infatti vogliono creare il proprio brand o prodotto, ci sono agricoltori che vogliono solo coltivare e poi conferire le infiorescenze.
Dai primi dati sembra un mercato in costante crescita, cosa ne pensi?
Io credo che più aumenterà la qualità, più ci sarà richiesta. Inoltre secondo me la cannabis light si rivolge a persone che hanno un approccio diverso alla pianta ed è quello che stavano aspettando. Io come esperienza la sto vivendo un po’ come ho vissuto la crescita dei Cannabis Social Club in Spagna: pur aumentando il numero dei club la richiesta è sempre cresciuta.
Quanto si guadagna a coltivare canapa da fiore, facendo i conti su un ettaro e nel caso che sia coltivata ed essiccata bene?
In base a diverse variabili che si possono verificare diciamo che si parte da un minimo di 200 euro al chilogrammo per arrivare fino agli 800, dipende dalla qualità. Se consideriamo che in un ettaro si possono coltivare circa 3mila piante con una media di 50 grammi a pianta il guadagno è variabile. Secondo lo studio dell’Università Sorbona il guadagno medio è sui 10/15mila euro minimo ad ettaro. Più o meno la cifra è questa.
Un guadagno che ad un agricoltore potrebbe fare gola…
Vista l’attuale situazione dell’agricoltura italiana, sì. Inoltre si stanno avvicinando tantissimi ragazzi. Io ho cominciato con la canapa e quest’anno seminerò anche leguminose, perché è un settore che porta un forte approccio all’agricoltura più in generale. Spero che possa essere un modo per incentivare l’agricoltura nel nostro Paese, soprattutto in un momento in cui si fa fatica a trovare un lavoro.
Che investimento serve per iniziare?
In due o tre persone si possono dividere le spese iniziali e partire. In generale per avviare una coltivazione di un ettaro possono essere sufficienti 5mila euro.
Come vivi le polemiche che ci sono state nei confronti delle infiorescenze a basso livello di THC?
Io sinceramente non ho visto così tante polemiche. Credo che ci sia stata una giusta rivendicazione nel chiedersi perché questa sì e quella con più THC invece no, però le leggi non le facciamo noi. Le polemiche forse hanno aiutato a parlare molto del fenomeno, l’importante è che siano costruttive, perché dietro c’è un lavoro non indifferente.
C’è molta confusione sui limiti di THC e sulla denominazione ad uso tecnico, voi come vi comportate?
Per i limiti nella mia azienda considero lo 0,2% di THC come limite massimo per la vendita, lo 0,6% lo considero come un limite massimo di tolleranza sul campo. E’ una scelta aziendale mia, molti vedo che comunque non si pongono il problema di superare lo 0,2% e stare dentro lo 0,6%; non sono certo io che devo giudicare, ognuno si muove come ritiene opportuno. La mia è una scelta dettata anche dal fatto che abbiamo scelto di lavorare solo con piante cartellinate e certificate a livello europeo, senza importare nulla.
Comunque anche le aziende che si mantengono sotto lo 0,6%, stanno vendendo i propri prodotti senza avere problemi…
Sì, certo. E io mi auguro che si continui così perché è un nuovo mercato in cui tutti quanti possono trovare la propria nicchia.
Perché il prodotto viene venduto ad uso tecnico?
E’ una cosa dettata dalla questione del THC negli alimenti (il ministero della salute avrebbe dovuto pubblicare un decreto apposito 6 mesi dopo l’entrata in vigore della legge sulla canapa industriale ma ad oggi è girata solo una bozza che ha fatto molto discutere, ndr), per evitare qualsiasi problema. Noi ci possiamo solo attenere alle leggi.
E cosa pensi del fatto che i tabaccai vorrebbero poterla vendere?
Da una parta ho paura delle multinazionali del tabacco che potrebbero sentirsi minacciate da questo prodotto come è successo per la sigaretta elettronica. Ho paura che il potere di una multinazionale possa frenare questo fenomeno. Dall’altro lato penso anche che più si vede e meglio è, perché è la maniera migliore per sensibilizzare le persone su questa pianta e sdoganarla nei confronti dell’opinione pubblica.
Mario Catania

Nessun commento:

Posta un commento