giovedì 21 dicembre 2017

Un altro anno di tagli per i comuni nella legge di bilancio.

Un altro anno di tagli per i comuni nella legge di bilancio. Nessuno ne parla. Anzi, molti continuano a raccontare che per i Comuni i sacrifici sono finiti. Errore: nella legge di Bilancio in via di approvazione in questi giorni c'è una pillola avvelenata, che costerà almeno 600 milioni di tagli alla spesa corrente per i Comuni italiani. 
 
 
È il conto che sarà presentato alle Amministrazioni locali per effetto del rinnovo del contratto del pubblico impiego. Aumenti più che legittimi per i dipendenti dopo anni di blocco salariale, peccato che il negoziato condotto a Roma sia stato definito senza misurare gli effetti sul territorio.
Ma ormai è un'abitudine. A Roma si decide, si dispone. Poi nel paese ci si adegua. Dopo il quinquennio terribile (2011-2015) costato 9 miliardi di tagli ai bilanci dei Comuni italiani, molti hanno intonato il peana della fine delle sofferenze, della rinnovata autonomia con risorse liberate per investimenti, soprattutto e per la fine della forsennata caccia alla spesa corrente da tagliare. Invece non è così. Si dirà: magli effetti del nuovo contratto del pubblico impiego colpisce tutti i comparti della Pa! Vero. Peccato che non tutta la Pa abbia contribuito allo stesso modo in questi anni di tagli alla spesa. Peccato che ancora le Amministrazioni centrali non possano vantare saldi di bilancio positivi nel 2016. Gli enti locali sì. I Comuni soprattutto sono stati virtuosi. Anche e soprattutto tagliando negli anni scorsi proprio sulla spesa per il personale.

Il blocco del turn over, anche questo imposto a livello centrale, senza alcuna attenzione alle diversità territoriali e alle esigenze di un personale rinnovato e nuovamente formato per attrezzarsi alle nuove regole del bilancio armonizzato, così come ai formalismi del nuovo Codice degli appalti. Il personale così penalizzato, in termini di quantità e qualità delle risorse utilizzabili, non ha sempre potuto governare gare e bandi per investire le nuove risorse disponibili. Non si riesce a spendere, proprio perché è sempre più raro il personale capace di farlo con competenza ed efficacia.
Dopo i sacrifici per turn over bloccato e del depauperamento delle risorse umane e delle professionalità negli uffici delle Pa del territorio, ecco una nuova crescita della spesa "obbligata" dal nuovo contratto, che finirà per far ridurre altre voci della spesa corrente: più soldi in busta paga ai dipendenti pubblici, ancora meno servizi per i cittadini, in una tristissima "guerra tra poveri", frutto di un'incapacità di programmazione e di organizzazione da parte del Governo centrale.
L'incoerenza dimostrata dal rinnovo del contratto del pubblico impiego, che il Governo non ha minimamente calcolato negli effetti da gestire sui Comuni e gli altri enti territoriali, è l'ennesima prova di una progressiva disarticolazione delle linee di collaborazione istituzionale nel nostro paese. Lo stesso approccio che ha visto abolire le Province, salvo poi farle rivivere senza competenze; lo stesso approccio che ha visto far ricadere sulle Regioni le incombenze amministrative delle Province, stravolgendo il mandato istituzionale delle Regioni: legislazione, non amministrazione. A loro volta le Regioni – in questo caso la mia Regione, le Marche, si è distinta per un'insensibilità particolare per i Comuni – hanno scaricato nuovi oneri amministrativi sui Comuni (come le funzioni di genio civile), ingolfando una macchina amministrativa locale già oberata e depauperata di risorse umane e finanziarie.
È la legge del cerino; il programma dello scaricabarile che praticano ignobilmente le nostre Istituzioni centrali e regionali. Ogni tanto, almeno in punta di diritto, questo approccio dittatoriale viene sanzionato. Anche la recente sentenza 247/2017 della Corte Costituzionale ha sancito l'illegittimità dello Stato nell'appropriarsi dei risparmi generati dalle Amministrazioni locali. I tagli alla spesa pubblica dei Comuni sono stati "incamerati" dalla contabilità nazionale, come saldo di bilancio dello Stato. Secondo la Consulta lo Stato non è legittimato ad acquisire i benefici della spending review generata dalle Pa locali. Non ci si può far belli dei sacrifici altrui: la regola vale per tutti. Secondo la Corte costituzionale, vale anche per lo Stato italiano. Vedremo con quanta solerzia questo sacrosanto principio diventerà prassi. Legittimo avere qualche dubbio. Per esperienza.

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