venerdì 29 dicembre 2017

Lavorare meno, lavorare tutti. Ma a queste condizioni.

«Durante tutto quell’anno gli animali lavorarono come schiavi. Ma erano felici di farlo: non lesinavano sforzi e sacrifici, nella consapevolezza che tutta quella fatica sarebbe tornata a loro vantaggio e a futuro vantaggio della loro specie, e non di una masnada di esseri umani fannulloni e ladri. In primavera e d’estate lavorarono sessanta ore la settimana. In agosto, Napoleone annunciò che bisognava lavorare anche la domenica pomeriggio: l’adesione sarebbe stata rigorosamente volontaria, ma gli assenti avrebbero avuto le razioni dimezzate».
La prima volta che ho letto La fattoria degli animali avevo dodici anni e andavo a scuola dalle suore, una privata femminile con l’obbligo della divisa. 


Francesca Fornario
La sera, a casa, guardavamo “Ok, il prezzo è giusto!”, adattamento dello statunitense “The Price Is Right”. Scopo del quiz, condotto da una futura eurodeputata berlusconiana sulla tv del futuro presidente del Consiglio Berlusconi, era indovinare il prezzo delle cose costose. Lavatrici, tappeti, set di valigie, pellicce. Sii gentile, sempre: ogni persona che incontri potrebbe aver visto “Ok, il prezzo è giusto” e non aver mai letto George Orwell.
Ho riletto ieri La fattoria degli animali, dopo aver intervistato Babbo Natale. Era una donna, si chiamava Giulia, distribuiva volantini agli avventori del centro commerciale della stazione Termini: “Questo centro commerciale è aperto perché un bel giorno Monti, Berlusconi e il Pd di Bersani hanno pensato che nella grande distribuzione fosse giusto lavorare 365 giorni all’anno, un caso quasi unico in Europa. La chiamano liberalizzazione ma la libertà è solo quella dei proprietari della grande distribuzione di tenere i centro commerciali aperti più a lungo, la libertà quindi di fare grossi profitti sul lavoro di persone che devono rinunciare alle festività”.

Giulia non era sola: con lei c’erano decine di altri Babbi Natale davanti ai negozi aperti nel giorno di festa, in 22 città italiane: da Reggio Calabria a Torino passando per Salerno, Napoli, Roma, Pescara, Viareggio, Milano, Padova. Sono gli attivisti di Potere al popolo, la lista popolare nata dopo l’implosione del percorso del Brancaccio e che mette al centro del programma sul lavoro, oltre alla cancellazione della legge-Fornero, del Jobs act e delle leggi che hanno prodotto la precarietà e a un piano per creare occupazione, la riduzione dell’orario a parità di salario: “32 ore settimanali, tanto più necessarie a fronte dei processi in atto di automazione delle produzioni”.

Nessun commento:

Posta un commento