Scrisse Flaiano che "In ogni minoranza intelligente c'è una
maggioranza di imbecilli". Mai aforisma fu più azzeccato per descrivere
il desolante panorama politico italiano alle porte di importanti
elezioni politiche.
Cosa spicca anzitutto in questo paesaggio? Spicca l'assenza di una
lista del sovranismo costituzionale, dei patrioti democratici. Per dirla
in parole semplici: non avremo una lista No Euro che ponga al centro la
riconquista piena della sovranità nazionale. Tutti i tentativi, a
partire da quello più coerente della C.L.N. di ITALIA RIBELLE E SOVRANA, sono falliti.
...Ma le élite hanno le
loro ragioni per mentire, non potrebbero infatti conservare potere e
privilegi senza l'uso della menzogna...
antimperialista.it
Questo
fallimento sta dentro un primo paradosso: quello per cui l'Italia è il
Paese in cui traballa l'egemonia di chi sta sopra, di chi comanda, ed è
quello in cui si registra la più alta percentuale di cittadini che
considerano l'uscita dalla gabbia eurista un'opzione preferibile al
rimanerci.
Dal che sorge la domanda: come mai, malgrado esista
un bacino potenzialmente molto ampio di elettori no-euro, non avremo una
lista che lo incontri? Diversi sono i fattori, ne segnalo due
macroscopici.
Il primo è la conclamata impotenza dei gruppi e
delle associazioni del campo sovranista a fare fronte comune.
Insipienza, infantilismo, imperizia politica, settarismi incrociati.
La
lista delle deficienze soggettive dei sovranisti potrebbe essere ancora
più estesa. "In gni minoranza intelligente c'è una maggioranza di
imbecilli". Mettiamo nel conto, ovviamente, anche la campagna di
derisione, di ghettizzazione e di satanizzazione da parte dell'élite
eurista a cui questo campo è stato sottoposto ed il quadro è completo.
Fattore, quest'ultimo, che tuttavia non è un alibi: i sovranisti hanno
mancato un appuntamento molto importante, e ciò avrà delle serie
conseguenze. Un ciclo si chiude, un altro se ne aprirà. Vedremo quello
che ne verrà fuori.
Prima di passare al secondo fattore che
spiega l'assenza di una lista elettorale del sovranismo cosituzionale,
lasciatemi segnalare il secondo paradosso. Data l'ampiezza del
malcontento verso l'Unione europea e il regime della moneta unica, tutte
le liste ed i partiti, nessuno escluso, ammettono che l'Unione europea è
una camicia di forza per l'Italia, che l'euro è una Spada di Damocle
appesa sulla testa del nostro Paese. Tutti, ma proprio tutti, si lagnano
e piagnucolano, compresi i coccodrilli che ci hanno ficcato in questo
casino. E così tutti cianciano di cambiare e di ritoccare i Trattati
europei; invocano "flessibilità" nell'applicazione dei criteri
ordoliberisti di Maastricht; implorano una politica diversamente
accomodante della Bce. Tutti, ma proprio tutti, dall'estrema sinistra
all'estrema destra, da Potere al Popolo
a Casa Pound, passando per Berlusconi e lo stesso Renzi, invocano una
"diversa Europa": dei popoli, delle nazioni sovrane, e chi più ne ha più
ne metta. Ognuno, a ben vedere, si considera altreuropeista.
Su questa posizione si sono attestati i "populisti" che si dicevano
no-euro: i Cinque Stelle, la Lega salviniana e i Fratelli d'Italia della
Meloni. Ed infine gli ultimi arrivati Giulietto Chiesa e Ingroia.
C'è
un "piccolo" particolare: modificare i Trattati è una chimera, una cosa
praticamente impossibile visto che occorre, in base all'art. 48 del Trattato sull’Unione europea (TUE), l'unanimità dei paesi membri. Toglietevi lo sfizio, per capire come gli artefici della Ue hanno voluto rendere non-riformabile l'Unione, leggete questa altra clausola.
Detto quindi che tutta questa marmaglia altreuropeista mente
sapendo di mentire, ovvero prende per il culo i cittadini nascondendo
la sua fifa matta ad ingaggiare battaglia contro l'oligarchia eurista
allineata dietro alla Germania, passo al secondo fattore che spiega come
mai, malgrado esista un bacino potenzialmente molto ampio di elettori
no-euro, non avremo una lista che lo incontri.
Mi corre in aiuto l'intellettuale Riccardo Achilli il quale, sul sito L'INTERFERENZA, qualche giorno fa ha scritto:
«Con
riferimento ai primi, vi è da considerare che una sinistra che volesse
mettere al centro della sua proposta l’uscita dall’euro non godrebbe di
sufficiente consenso nel suo elettorato di riferimento. In una recente
ricerca condotta dal sottoscritto su un panel di oltre 1.000 elettori,
in larga misura di sinistra, e pubblicata sul sito ricostruire.org,
emerge una chiara riluttanza da parte della base ad affrontare con
chiarezza la possibilità concreta di una fuoriuscita “whatever it takes”
dalla moneta unica. Solo il 17% degli intervistati ha risposto che
occorre uscire dall’euro senza se e senza ma. Quasi il 70% chiede,
invece, un cambiamento di politiche economiche dentro l’euro. E di
questo 70%, l’89% si professa, politicamente, orientato a sinistra. I
motivi sono in fondo semplici da capire: un Paese demograficamente
anziano è riluttante ai grandi sconvolgimenti e preferisce approcci più
riformisti, il battage mediatico continuo sull’ineluttabilità dell’euro
fa temere catastrofi immani in caso di suo abbandono, un maldigerito
concetto di internazionalismo proletario (peraltro foriero di tragiche
sconfitte in tutta la storia della sinistra - se i trotzkisti sono stati
l’emblema stesso della sconfitta e del settarismo senza speranza non è
un caso, e non è che, messi alla prova, fossero meno feroci e
determinati rispetto alla controparte, tutt’altro) male assemblato
insieme a bislacche concezioni su presunte correlazioni fra
patriottismo, fascismo e guerra, hanno obnubilato ogni capacità di
approfondimento intellettuale, anche fra i migliori. Una sinistra che si
presentasse di fronte al suo elettorato parlando di uscita dall’euro
perderebbe più della metà del suo elettorato potenziale. Lo ha capito
anche Mélenchon, che in Francia, nelle ultime settimane di campagna
elettorale, ha evitato ogni riferimento diretto ad una opzione di
uscita, per quanto la sua posizione contro l’Europa sia senz’altro molto
netta. E non si fa politica per testimoniare la Verità, per quella ci
sono le sette religiose o filosofiche».
La diagnosi è
esatta: l'élite eurocratica domina e ci strangola, tra le altre cose,
perché la "gente di sinistra", nella sua maggioranza si è da tempo
convertita alla fede ordoliberista di marca tedesca o, vedi i sinistrati
radicali, si considera diversamente europeista. La terapia —
"non si fa politica per testimoniare la Verità, per quella ci sono le
sette religiose o filosofiche" — la terapia fa invece cascare le braccia
per quanto è fraudolenta, cinica, gesuitica.
Che c'entra qui,
caro Achilli, la Verità con la V maiuscola, che chiama in causa
filosofia e ontologia? Qui c'è di mezzo la Politica, ovvero dire le cose
come stanno, aprire gli occhi dicendo la verità ai cittadini per quanto
amara essa sia, e dunque indicare attraverso quali misure e passaggi
essi debbano agire per difendere i loro interessi e far uscire il Paese
dal marasma.
Se la sinistra si è inabissata è anche perché, nei
decenni, si è messa al servizio dei dominanti, fingendo di fare il
contrario, turlupinando e disarmando i cittadini ed anzitutto la sua
stessa base sociale.
Quella di Achilli, a ben vedere, è la
concezione della politica propria delle élite dominanti, fondata
sull'inganno consapevole delle masse, sul raggiro. Ma le élite hanno le
loro ragioni per mentire, non potrebbero infatti conservare potere e
privilegi senza l'uso della menzogna.
Che anche un intellettuale
(no-euro) come Achilli giunge a giustificare l'inganno come modalità
politica, la dice lunga su quel che la sinistra è diventata, e ci fa
dunque una grande tristezza. Parrebbe proprio vero che "in
ogni minoranza intelligente c'è una maggioranza di imbecilli"
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lunedì 25 dicembre 2017
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