Il 27 dicembre 1947 De Nicola, De Gasperi e Terracini, ponevano la firma al testo definitivo della Costituzione Repubblicana.
In settant’anni i principi di giustizia sociale, di eguaglianza e di pace della nostra Carta sono stati applicati nelle scelte politiche ed economiche solo per poco più di un decennio, dalla fine degli anni ‘ 60 all’inizio degli anni ’80 del secolo scorso. Prima i governi democristiani avevano negato, persino denunciandoli come fece Scelba, quei principi.
In settant’anni i principi di giustizia sociale, di eguaglianza e di pace della nostra Carta sono stati applicati nelle scelte politiche ed economiche solo per poco più di un decennio, dalla fine degli anni ‘ 60 all’inizio degli anni ’80 del secolo scorso. Prima i governi democristiani avevano negato, persino denunciandoli come fece Scelba, quei principi.
Era la sinistra comunista e socialista che rivendicava contro quei governi l’applicazione della Costituzione. Poi il grande movimento di lotta sociale, civile e politico con al centro le lotte operaie aveva cambiato le cose, conquistando quello stato sociale e quei diritti del lavoro fino ad allora solo proclamati.
A partire dalla svolta liberista degli anni ’80, tutte le conquiste sociali e civili sancite dalla Costituzione sono state rimesse in discussione e via via cancellate.
Nel nome del mercato e della competitività l’articolo 3 della nostra Carta, che impone alla Repubblica di “rimuovere” le ingiustizie sociali, è stato stravolto nel suo esatto opposto. I governi e le istituzioni non sono più intervenuti per affermare i diritti delle persone contro il potere economico, ma al contrario per rimuovere tutte le tutele che erano state duramente conquistate e per permettere al potere di agire indisturbato.
I trattati europei, a partire da quello di Maastricht, hanno imposto quei vincoli liberisti che sono l’esatto opposto dei principi sociali della Costituzione, fino a stravolgere il suo stesso testo con la modifica dell’articolo 81. Il pareggio di bilancio e i patti di stabilità per gli enti locali, imposti dal Fiscal Compact e costituzionalizzati dal parlamento con un voto quasi unanime, da Monti a Berlusconi a Gentiloni a Bersani, hanno fatto carta straccia dei diritti della prima parte della nostra Carta. Essi rimangono validi fino a che non costino troppo.
Le leggi a favore della precarietà, dal Pacchetto Treu al Jobsact, hanno legalizzato rapporti di lavoro sempre più vicini alla schiavitù. Oggi la realtà dell’articolo 1 è che la Repubblica è fondata sullo sfruttamento del lavoro.
Negli anni ’60 si rivendicava che la Costituzione dovesse entrare nei luoghi di lavoro e per un periodo effettivamente le persone divennero cittadini anche quando lavoravano. Oggi non solo le lavoratrici ed i lavoratori sono ridiventati sudditi sottoposti alle più brutali angherie, ma la distruzione dei diritti del cittadino è dilagata dai luoghi di lavoro a tutta la società. Una forma di fascismo aziendalistico e di mercato governa sempre di più ogni aspetto della nostra vita.
La disoccupazione di massa è la più palese violazione dei principi costituzionali. Oggi essa è diventata parte strutturale del sistema, che ne ha bisogno per imporre a chi lavora di mangiare la minestra o saltare dalla finestra.
E che dire dei 18 milioni di poveri o quasi tali, che danno al nostro paese il record d’Europa? Ognuna e ognuno di loro potrebbero tranquillamente dire: per me la Costituzione non esiste. Così come essa non esiste con una distribuzione della ricchezza che è tornata ai livelli del 1880, con poche grandi famiglie sempre più sfacciatamente proprietarie di tutto.
L’articolo 11 della Costituzione non è esistito per tutti i governi e per tutti i presidenti della Repubblica che si sono succeduti dal 1991 ad oggi. Tutti loro hanno tradito il ripudio della guerra, impegnando l’Italia in tutti gli sporchi interventi militari occidentali che si sono succeduti in questi decenni. Ora si prepara un’azione coloniale in Niger agli ordini di Macron, mentre ubbidendo alla Nato e a Trump si installano in Italia nuove micidiali bombe atomiche.
Le spese militari sono le uniche a non essere sottoposte ai vincoli dell’austerità europea, le sole spese pubbliche che aumentano davvero.
Quale che sia l’articolo della prima parte della Costituzione che venga preso in considerazione, ciò che oggi risalta è la sua sfacciata inapplicazione o esplicita violazione. Aveva ragione Calamandrei quando disse che senza l’azione del popolo tutti quei bei principi sono carta straccia. Un anno fa il popolo ha votato in massa per difendere quei principi, contro Renzi, le banche e la Confindustria, i poteri europei. Ma poi tutto si e fermato lì, la devastazione della Costituzione è continuata. E senza la rottura dei trattati e dei vincoli della UE e della NATO continuerà.
Sentiremo oggi ipocrite commemorazioni dei settant’anni della Costituzione da parte di chi si è abituato e ci ha abituato a non rispettarla. Ricordiamoci invece che, per applicare davvero i principi della nostra Carta, bisogna rovesciare il tavolo dove da più di trent’anni si amministra la politica italiana. Questo per me oggi vuol dire #PoterealPopolo.
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