domenica 24 dicembre 2017

Canzone per l'imprevedibile Presidente. De Andrè STORIA DI UN IMPIEGATO - 1973


STORIA DI UN IMPIEGATO - 1973
 «Quando è uscito "Storia di un impiegato" avrei voluto bruciarlo. Era la prima volta che mi dichiaravo politicamente e so di aver usato un linguaggio troppo oscuro, difficile. L'idea del disco era affascinante. Dare del Sessantotto una lettura poetica, e invece è venuto fuori un disco politico.
E ho fatto l'unica cosa che non avrei mai voluto fare: spiegare alla gente come comportarsi.» Fabrizio De Andrè La storia è quella di un impiegato che, dopo aver ascoltato un canto del Maggio francese, entra in crisi e decide di ribellarsi, senza però rinunciare al suo individualismo. Le canzoni che seguono rappresentano l'ordine logico di una presa di posizione solitaria, con un rapido (e onirico) succedersi dei fatti; poi l'esperienza fallimentare della violenza e solo dopo, in un ambiente crudo e forte come quello carcerario, la presa di coscienza del bisogno di una lotta comune. Il disco venne comunque attaccato dalla stampa musicale militante e vicina al movimento studentesco ''IL BOMBAROLO'' L'impiegato, mosso da motivazioni da disperato "se non del tutto giusto, quasi niente sbagliato", prepara un vero attentato il cui unico effetto è metterlo in ridicolo rivelando al tempo stesso la sua mania di protagonismo e la sua goffaggine. È una satira cruda del terrorismo degli anni settanta prima che questo assumesse dimensioni realmente tragiche. Si conclude esemplarmente con una ripresa dell'introduzione del disco.

Le parole
IL BOMBAROLO
Chi va dicendo in giro che odio il mio lavoro non sa con quanto amore mi dedico al tritolo,
è quasi indipendente ancora poche ore poi gli darò la voce il detonatore.
Il mio Pinocchio fragile parente artigianale di ordigni costruiti su scala industriale di me non farà mai un cavaliere del lavoro, io son d'un'altra razza, son bombarolo.
Nello scendere le scale ci metto più attenzione, sarebbe imperdonabile giustiziarmi sul portone proprio nel giorno in cui la decisione è mia sulla condanna a morte o l'amnistia.
Per strada tante facce non hanno un bel colore, qui chi non terrorizza si ammala di terrore, c'è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo, io son d'un altro avviso, son bombarolo. Intellettuali d'oggi idioti di domani ridatemi il cervello che basta alle mie mani, profeti molto acrobati della rivoluzione oggi farò da me senza lezione.
Vi scoverò i nemici per voi così distanti e dopo averli uccisi sarò fra i latitanti ma finché li cerco io i latitanti sono loro, ho scelto un'altra scuola, son bombarolo.
Potere troppe volte delegato ad altre mani, sganciato e restituitoci dai tuoi aeroplani, io vengo a restituirti un po' del tuo terrore del tuo disordine del tuo rumore.
Così pensava forte un trentenne disperato se non del tutto giusto quasi niente sbagliato, cercando il luogo idoneo adatto al suo tritolo, insomma il posto degno d'un bombarolo.
C'è chi lo vide ridere davanti al Parlamento aspettando l'esplosione che provasse il suo talento, c'è chi lo vide piangere un torrente di vocali vedendo esplodere un chiosco di giornali.
Ma ciò che lo ferì profondamente nell'orgoglio fu l'immagine di lei che si sporgeva da ogni foglio lontana dal ridicolo in cui lo lasciò solo, ma in prima pagina col bombarolo.

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