Si allarga la crepa dalla
Catalogna alla Spagna intera. Il premier contestato per la gestione del
referendum. A rischio un altro equilibrio di un importante paese europeo.
Mentre si profila la definitiva vittoria del Sì
(le proiezioni lo danno al 90%), a seggi chiusi Mariano Rajoy,
contestatissimo per la sua gestione sui fatti del referendum, si
presenta in diretta tv per dire che "oggi non c'è stato alcun
referendum, è chiaro a tutti". E poi attacca: "Il nostro stato di
diritto mantiene la sua forza e resta in vigore, reagisce di fronte a
chi vuole sovvertirlo. E' stato una sceneggiata" degli indipendentisti.
Parole che suonano come un non prendere atto di quanto accaduto e un
annuncio che segue di poco il bilancio momentaneo della cronaca di una
giornata violentissima: sale ad almeno 761 il numero di feriti dopo le
cariche della polizia in Catalogna. Lo riferisce il governo locale
citando i servizi di emergenza.
Poi il primo ministro, in una giornata dove il Mossos si è rifiutato
di eseguire gli ordini e dove la Guardia Civil ha caricato i vigili del
fuoco, aggiunge: "Ringrazio le forze di sicurezza dello Stato che hanno
tenuto fede agli obblighi e rispettato il mandato della Giustizia
davanti ad un attacco così grave alla nostra legalità". Oltre a questo,
nega l'affluenza alle urne: "Il referendum è stato un ricatto di pochi.
La maggioranza del popolo catalano non ha partecipato alla sceneggiata
degli indipendentisti", ha aggiunto. "Queste persone hanno dato prova di
senso civico e grande rispetto per i principi che sono alla base della
nostra convivenza: oggi abbiamo constatato la forza della democrazia
spagnola".
"Domani convocherò le forze politiche parlamentari per riflettere sul
futuro" ha spiegato precisando che "non intendo chiudere nessuna porta,
non l'ho mai fatto. Offro un dialogo sincero nei confini della legge e
della democrazia".
Rivolgendosi alle autorità catalane, Rajoy ha auspicato infine che
"che adesso rinuncino e non continuino nell'errore. Che non facciano
nuovi passi su una strada che non porta da nessuna parte".
LA REPLICA - "I cittadini catalani si sono
guadagnati il diritto ad uno Stato indipendente" replica con il Sì in
tasca il presidente catalano Carles Puigdemont. "Lo stato spagnolo ha
scritto oggi una pagina vergognosa della sua storia in Catalogna" chiosa
in attesa di presentare "ufficialmente i dati del referendum al
governo".
La giornata chiave sugli sviluppi dell'esito referendario sarà il 3
ottobre, giorno in cui sarà di scena uno sciopero generale in Catalogna
per denunciare la repressione dello stato spagnolo. Lo ha annunciato
questa sera in Plaza Catalunya Jordi Cuixart, presidente di Omnium, con
l'Anc una delle due grandi organizzazioni della società civile
indipendentista.
Su più fronti intanto si susseguono le posizioni critiche nei
confronti di Rajoy. In giornata il sindaco di Barcellona lo aveva
definito "un capo del governo codardo ha inondato di polizia la nostra
città. Barcellona città di pace, non ha paura".
"Oggi lo Stato spagnolo ha davvero perso la Catalogna" ha tuonato
poco prima l'ex presidente catalano Artur Mas. "Molti di quelli che
erano contro l'indipendenza, hanno fatto la fila ai seggi", ha osservato
invece il leader di Podemos Pablo Iglesias. Insomma, fra Spagna e
Catalogna c'è stato "un vero strappo", rilevano alcuni analisti.
I catalani si sentono umiliati, trattati da Madrid come un
protettorato coloniale. Il governo di Madrid dice ora di voler escludere
come interlocutori il presidente e il vicepresidente catalani Carles
Puigdemont e Oriol Junqueras, perché "parleranno con i tribunali". I due
leader catalani sono stati denunciati per disobbedienza, abuso di
potere, presunte malversazioni.
Rischiano otto anni di carcere. Dirigenti indipendentisti, dal canto
loro, hanno chiesto le dimissioni di Rajoy dopo "l'attacco franchista"
alla Catalogna, rifiutando che possa essere lui l'interlocutore del
'giorno dopo'.
Le prime mosse dei due avversari saranno decisive. Da martedì governo
e parlamento catalani possono optare per una dichiarazione di
indipendenza, che scatenerebbe una furibonda reazione di Madrid. Ma
Puigdemont e Junqueras non escludono un tempo di riflessione. Che dia
spazio al negoziato. Rajoy dovrà decidere se alzare il tiro, o tentare
di raffreddare le acque.
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