lunedì 2 ottobre 2017

Spagna. RAJOY NON PRENDE ATTO.

Si allarga la crepa dalla Catalogna alla Spagna intera. Il premier contestato per la gestione del referendum. A rischio un altro equilibrio di un importante paese europeo.

Mentre si profila la definitiva vittoria del Sì (le proiezioni lo danno al 90%), a seggi chiusi Mariano Rajoy, contestatissimo per la sua gestione sui fatti del referendum, si presenta in diretta tv per dire che "oggi non c'è stato alcun referendum, è chiaro a tutti". E poi attacca: "Il nostro stato di diritto mantiene la sua forza e resta in vigore, reagisce di fronte a chi vuole sovvertirlo. E' stato una sceneggiata" degli indipendentisti. Parole che suonano come un non prendere atto di quanto accaduto e un annuncio che segue di poco il bilancio momentaneo della cronaca di una giornata violentissima: sale ad almeno 761 il numero di feriti dopo le cariche della polizia in Catalogna. Lo riferisce il governo locale citando i servizi di emergenza.

Poi il primo ministro, in una giornata dove il Mossos si è rifiutato di eseguire gli ordini e dove la Guardia Civil ha caricato i vigili del fuoco, aggiunge: "Ringrazio le forze di sicurezza dello Stato che hanno tenuto fede agli obblighi e rispettato il mandato della Giustizia davanti ad un attacco così grave alla nostra legalità". Oltre a questo, nega l'affluenza alle urne: "Il referendum è stato un ricatto di pochi. La maggioranza del popolo catalano non ha partecipato alla sceneggiata degli indipendentisti", ha aggiunto. "Queste persone hanno dato prova di senso civico e grande rispetto per i principi che sono alla base della nostra convivenza: oggi abbiamo constatato la forza della democrazia spagnola".
"Domani convocherò le forze politiche parlamentari per riflettere sul futuro" ha spiegato precisando che "non intendo chiudere nessuna porta, non l'ho mai fatto. Offro un dialogo sincero nei confini della legge e della democrazia".
Rivolgendosi alle autorità catalane, Rajoy ha auspicato infine che "che adesso rinuncino e non continuino nell'errore. Che non facciano nuovi passi su una strada che non porta da nessuna parte".
LA REPLICA - "I cittadini catalani si sono guadagnati il diritto ad uno Stato indipendente" replica con il Sì in tasca il presidente catalano Carles Puigdemont. "Lo stato spagnolo ha scritto oggi una pagina vergognosa della sua storia in Catalogna" chiosa in attesa di presentare "ufficialmente i dati del referendum al governo".
La giornata chiave sugli sviluppi dell'esito referendario sarà il 3 ottobre, giorno in cui sarà di scena uno sciopero generale in Catalogna per denunciare la repressione dello stato spagnolo. Lo ha annunciato questa sera in Plaza Catalunya Jordi Cuixart, presidente di Omnium, con l'Anc una delle due grandi organizzazioni della società civile indipendentista.
Su più fronti intanto si susseguono le posizioni critiche nei confronti di Rajoy. In giornata il sindaco di Barcellona lo aveva definito "un capo del governo codardo ha inondato di polizia la nostra città. Barcellona città di pace, non ha paura".
"Oggi lo Stato spagnolo ha davvero perso la Catalogna" ha tuonato poco prima l'ex presidente catalano Artur Mas. "Molti di quelli che erano contro l'indipendenza, hanno fatto la fila ai seggi", ha osservato invece il leader di Podemos Pablo Iglesias. Insomma, fra Spagna e Catalogna c'è stato "un vero strappo", rilevano alcuni analisti.
I catalani si sentono umiliati, trattati da Madrid come un protettorato coloniale. Il governo di Madrid dice ora di voler escludere come interlocutori il presidente e il vicepresidente catalani Carles Puigdemont e Oriol Junqueras, perché "parleranno con i tribunali". I due leader catalani sono stati denunciati per disobbedienza, abuso di potere, presunte malversazioni.
Rischiano otto anni di carcere. Dirigenti indipendentisti, dal canto loro, hanno chiesto le dimissioni di Rajoy dopo "l'attacco franchista" alla Catalogna, rifiutando che possa essere lui l'interlocutore del 'giorno dopo'.
Le prime mosse dei due avversari saranno decisive. Da martedì governo e parlamento catalani possono optare per una dichiarazione di indipendenza, che scatenerebbe una furibonda reazione di Madrid. Ma Puigdemont e Junqueras non escludono un tempo di riflessione. Che dia spazio al negoziato. Rajoy dovrà decidere se alzare il tiro, o tentare di raffreddare le acque.

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