La copertura nel 2023
Gli enormi spazi dove viene accatastato il minerale in attesa di essere usato nella produzione dell’acciaio verranno coperti nel 2023, stando al cronoprogramma degli interventi previsto da Arcelor Mittal e Gruppo Marcegaglia. Un lavoro imponente che durerà due anni e per il quale i nuovi proprietari contano di spendere non meno di 265 milioni di euro di investimenti in conto capitale, come scritto nel Piano industriale. Così nel frattempo i tarantini devono (e dovranno ancora) affrontare giornate come quella di lunedì: il vento soffia dall’Ilva verso il rione Tamburi e non c’è alcun rimedio che l’azienda possa porre per evitare che la nube arrivi nelle strade e nelle case del quartiere, uno dei più colpiti sotto il profilo sanitario dagli effetti della produzione dell’acciaio, stando al report prodotto un anno fa dalla Regione Puglia.
L’affondo di Emiliano è diretto: “Nessuno si preoccupa – scrive il presidente della Regione ricordando i recenti dati dell’Oms sulla pericolosità delle polveri sottili – Meno che mai il governo ed il ministro Calenda, che addirittura non vuole la Regione Puglia e il Comune di Taranto al tavolo Ilva per ricattare i lavoratori facendogli accettare esuberi e veleni senza il supporto della loro Regione e del loro Comune”. Un attacco nelle ore in cui si concretizza la nuova convocazione del tavolo della trattativa tra Am Investco e i sindacati: dopo lo stop imposto da Calenda lo scorso 9 ottobre, le parti torneranno a parlarsi il 31 ottobre.
Genitori Tarantini: “Ristoro per le criticità indotte”
In uno dei peggiori wind day – quelli in cui il vento spira dall’Ilva verso la città – che Taranto ricordi, si fa sentire anche l’associazione Genitori Tarantini che in mattinata aveva tenuto un sit-in davanti alla prefettura poco prima che la nube di minerale invadesse il rione Tamburi. Riferendosi alle prescrizioni imposte dalla Asl durante i giorni di forte vento proveniente da nord ovest e che riversa sulla città le polveri dei parchi minerali, i Genitori Tarantini hanno chiesto al prefetto “se il governo ha ricevuto sufficienti informazioni su cosa siano i wind day, quali problematiche comportino e cosa il governo abbia previsto a ristoro delle criticità indotte”. Per il principio secondo il quale “chi inquina paga”, il coordinamento di padri e madri tarantini chiede “di costringere l’azienda, dopo ogni wind day, a una bonifica e pulizia capillare dell’intero territorio, utilizzando le migliori tecnologie disponibili, fino a rimuovere ogni traccia di scarti di produzione”. Anche le spese per la bonifica e la pulizia “di balconi, lastrici solari e muri delle costruzioni civili – osserva l’associazione – devono essere addebitate all’Ilva” e viene chiesto al governo di farsi carico anche “della distribuzione alla popolazione di guanti in nitrile contro il rischio chimico”.
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