martedì 24 ottobre 2017

Scuola. L’egemonia culturale passa (anche) dalla scuola: intervista a Lucia Donat Cattin.

Cara Lucia, che cosa significa oggi per voi dedicare tempo ed energie al tema della formazione docenti? 

 Per capire cosa vuol dire oggi dedicarsi alla formazione docenti, credo si debba partire da più lontano. La formazione dei docenti è sempre stata riconosciuta nei contratti dei lavoratori della scuola, ma a lungo un patto scellerato ha fatto sì che i docenti non si aggiornassero più di tanto e il ministero e i presidi non dovessero spendere cifre importanti per formare gli insegnanti della scuola italiana. L’eterogeneità estrema spaziava da insegnanti di alto livello culturale a soggetti che più o meno seriamente si muovevano su quanto avevano appreso durante i propri studi universitari e ripetevano in maniera un po’ schematica dei modelli che prima o poi si scontravano con i cambiamenti della società. Il sistema teneva, in maniera approssimativa e precaria, o almeno ha più o meno tenuto fino a che alla Scuola è stata garantita una autorevolezza all’interno della società e delle famiglie. Cosa che oggi non è più…


Ed oggi gli insegnanti non sono più così polarizzati come livelli?
Lo sono ancora, anche se lo scadimento dell’insegnamento universitario ha evidentemente delle conseguenze sul livello medio; ed esistono ancora tanti che non hanno chiaro quale e quanto importante sia la loro funzione, quelli che possiamo definire come i portatori di una concezione impiegatizia dell’insegnamento che tanto male fa all’immagine del dipendente pubblico. Sia ben chiaro, che noi crediamo che il pubblico impiego vada messo al centro di un investimento da parte dello Stato, che il Lavoro pubblico sia oggi sempre più attaccato in maniera strumentale, con gravi conseguenze per lo stato sociale ed i servizi pubblici. Ma è certo che di questo attacco che subiscono, i lavoratori del Pubblico Impiego devono essere consapevoli, perché rimanendo sulla difensiva o provando a nascondersi non fanno il bene della categoria.

Come tradurresti questo concetto nel mondo della scuola?
Dicendo che i docenti, e tutti i lavoratori della scuola, devono riprendere coscienza della  funzione generale che svolgono. La scuola è l’istituzione che prepara al futuro attraverso la trasmissione di saperi e modelli educativi. È su questo terreno che la controparte, l’Europa della conoscenza, la “modernizzazione” dei tecnocrati e dei pedagogisti alla moda, ha lanciato un attacco potente. La Buona Scuola e il Piano Nazionale di formazione dei docenti (sul quale abbiamo scritto un’analisi piuttosto approfondita http://scuola.usb.it/fileadmin/archivio/scuola/Documenti/Documento_Piano_Nazionale_Formazione_USB_Scuola.pdf) sono una stretta violentissima sui modelli educativi. Ed i modelli educativi sono un’idea di futuro. Di che futuro si tratti ce lo dicono l’Alternanza Scuola Lavoro, la precarietà diffusa che attende i nostri studenti, l’emigrazione di massa che ormai da qualche anno vede partire dal nostro paese centinaia di migliaia di giovani con livello di istruzione medio-alto.

Non stai parlando più solo di formazione…
Certamente no. Sto parlando però di un’organizzazione sindacale che insieme al lavoro di difesa dei diritti e delle tutele dei lavoratori, svolga anche un ruolo politico-culturale. Durante il nostro ultimo congresso questo dato è emerso molto chiaramente. Nel suo intervento Luciano Vasapollo, direttore del Cestes, ha parlato esplicitamente del fatto che noi dobbiamo intestarci una grande battaglia per l’egemonia politica e culturale. Questo pensiero ci chiama direttamente in causa come scuola, come lavoratori di un settore che della trasmissione dei modelli fa, come dicevo prima, la sua ragion d’essere.


Che rapporto avete con il Cestes e che tipo di attività intendete sviluppare nei prossimi anni?
Il Cestes svolge da anni una fondamentale attività di analisi e di elaborazione teorica, e fornisce al sindacato delle indicazioni decisive sulla composizione di classe. Penso all’ultimo numero di Proteo sul lavoro operaio e sulla catena del valore, tanto per fare un esempio. Ora, il compito che noi come scuola possiamo svolgere è quello di portare questa elaborazione su un terreno di massa, essendo il Cestes un soggetto riconosciuto dal Miur per la formazione dei docenti. E siccome il Piano di Formazione Docenti obbliga o obbligherà  ben presto tutti i docenti ad un consistente impegno in termini di ore, come verrà quasi certamente sancito nel prossimo contratto, abbiamo deciso di giocare le nostre carte in questo ambito.
Abbiamo organizzato corsi sulla crisi economica, sulla valutazione, sull’inclusione scolastica, sulle competenze, naturalmente da un punto di vista che intende ribaltare i modelli di narrazione dominante. Fare questo significa fare lotta per l’egemonia, con le nostre forze che non sono infinite certo, ma avendo in mente un progetto politico. Senza falsa modestia, siamo l’unico soggetto oggi in grado di fare questa operazione.


Che reazione vi aspettate di suscitare?
Intanto crediamo di potere proporre un modello qualitativamente alto. Ai corsi di Milano e Bologna “Oltre le competenze. Un approccio critico per una didattica plurale”, proveremo con l’aiuto di un importante ricercatore belga, che però è stato anche un docente, Nico Hirtt, a smontare la didattica per competenze ed a recuperare alcune conquiste importanti della pedagogia democratica e marxista, traducendo tutto questo in possibili modelli operativi, cosa che i colleghi chiedono a gran voce. Almeno quelli che cercano di tenere in piedi un’idea alta di insegnamento, che sono quelli ai quali ci rivolgiamo, cercando di fare capire che ciò richiede un impegno politico sindacale diretto. Cerchiamo insomma anche dei militanti, degli attivisti per  costruire un soggetto sindacale forte e credibile.

E rispetto al mondo studentesco come intendete porvi?
Guarda, i corsi di formazione sono rivolti ai docenti e non possono ricadere sugli studenti. Ciò non toglie che proveremo a tradurre il nostro lavoro di analisi su ASL (http://scuola.usb.it/index.php?id=20&tx_ttnews[tt_news]=96982&cHash=efd42a76f3&MP=63-1027) in un corso, perché anche su questo i colleghi devono svegliarsi, cogliendo gli interessanti segnali di intervento studentesco su questo vergognoso e ancora sottovalutato e inesplorato mondo dello sfruttamento sistematico: l’Alternanza Scuola Lavoro.


Ci diamo appuntamento quando metterete in piedi questo corso, allora?
Certamente!

Grazie Lucia del tuo tempo.
Grazie a voi di Contropiano.

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