Dai pionieri di AssoCanapa alla “marijuana legale” di EasyJoint, semi e infiorescenze sono sempre più richiesti.
Lastampa.it
Non esiste un’associazione di categoria che rappresenta le aziende italiane produttrici di canapa, così ci si deve che affidare a una stima che sta tra i 300 e i 500 soggetti, molti dei quali nati negli ultimi tre anni. Stesso discorso per gli ettari coltivati: quelli per cui sono stati richiesti i contributi europei per le coltivazioni sarebbero circa 1300, di cui poco più di 200 in Piemonte. A seguire Toscana, Emilia, Lombardia, Veneto e Calabria. Un poco più chiara è la situazione in Europa. Secondo gli ultimi dati raccolti dalla Eiha, la European Industrial Hemp Association, sono coltivati oltre 25mila ettari di terreno. Mentre i campi per la produzione di fibre tessili e materiale per l’edilizia non hanno registrato nessun incremento rilevante, la Eiha tra il 2010 e il 2013 segna un più 90 per cento nella produzione dei semi - da 7 tonnellate e mezza a 240 - e del 3000 per cento per le infiorescenze, dalle 6 alle 11mila.
Per capire meglio quanto può costare lasciare un mercato che nasce a se stesso, c’è il caso della bolognese EasyJoint, azienda che si dedica alla commercializzazione delle infiorescenze creata lo scorso maggio dall’imprenditore e attivista Luca Merola. A pochi giorni dal debutto dei vasetti di fiori, ribattezzati con la poco precisa ma efficace definizione di «marijuana legale», le richieste sono state così numerose da far crollare il portale di pagamenti online PayPal. I prodotti di Marola ora arrivano in 200 negozi, con 56 aziende produttrici e oltre 290 richieste per entrare nella filiera. «Seguendo l’iter della legge sulla canapa industriale, abbiamo assistito alla sua amputazione– spiega Marola -. I limiti per i prodotti alimentari sono folli: 5 parti per milione di Thc, cioè la lieve sporcatura della buccia di qualche seme. Ma non c’è nemmeno una legge che lo vieta espressamente». La partita si gioca sull’etichetta, che non può avere la destinazione d’uso. «Pur vendendo infiorescenze legali, non possiamo indicare se devono essere usata per tisane, decotti, impasti. Aspettiamo le multe amministrative, ma abbiamo una squadra di avvocati che non vede l’ora di divertirsi con questo assurdo rompicapo». Dove pare non arrivare lo Stato, arriva lo spirito d’iniziativa dei privati. «Con un quadro legislativo le attività commerciali di cannabis light in Italia potrebbero generare un fatturato annuo minimo di circa 44 milioni – scrive Davide Fortin, ricercatore italiano della Sorbona che si occupa di cannabis a cui Marola ha chiesto una proiezione basata sui dati dei primi mesi di attività della EasyJoint -. Le previsioni SULle oltre 20 tonnellate acquistate porterebbero a una tassazione sui 6 milioni di euro e ricavi di 50mila euro per ettaro».
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