martedì 31 ottobre 2017

Ambiente. Il rapporto rifiuti urbani di Ispra.

Italia con forza verso l'economia circolare.


Ispra, l'Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale del Ministero dell'Ambiente, ha presentato il suo consueto Rapporto Rifiuti urbani annuale, e come sempre la lettura delle migliaia di dati in esso contenuto, consente di fare il punto della situazione su questo importante e delicato settore.
Vediamo i principali risultati.
La produzione di rifiuti urbani nel 2016 torna a salire, dopo anni di declino: +2,0% (590.000 tonnellate) sul 2015. C'è stato quest'anno, è vero, un cambio di metodologia che fa aumentare il dato, ma con il vecchio sistema sarebbero aumentati lo stesso (+0,9%). Siamo tornati sopra la soglia "psicologica" dei 30 milioni di tonnellate (ma stiamo sotto la soglia di 500 kg/ab/anno con 497). Il 2015 ci aveva fatto sperare in un disaccoppiamento fra dati del PIL e dei consumi (in ripresa) e dati dei rifiuti urbani (in calo).
Il 2016 ci riporta alla realtà dolce e amara al tempo stesso: cresce l'economia (bene) e tornano ad aumentare i rifiuti (male). Ma è così. Il confronto con l'Europa non è facile, riportando il Rapporto dati europei del 2015, quando i rifiuti erano ancora stabili. Ancora forti i differenziali regionali: la prima in classifica per produzione procapite, l'Emilia Romagna, produce 653 kg ad abitante all'anno, quasi il doppio dell'ultima in classifica, la Basilicata, con 354. Ma la spiegazione è sempre la stessa: incidono sui dati regionali PIL, sistemi di raccolta, estensione dell'assimilazione dei rifiuti speciali, e presenze turistiche. Non ci sono italiani più spreconi di altri.

La buona notizia è che la raccolta differenziata ed il riciclaggio continuano ad aumentare, ovunque, anche se gradualmente, senza salti. La raccolta differenziata è ormai sopra il 50% del totale dei rifiuti prodotti come media nazionale sia che si usi il nuovo metodo (52,5%) che si usi il vecchio (50,6%), comunque in crescita, del 3/5% sull'anno prima.
Un risultato importante, specie se letto insieme al coefficiente di riciclaggio, unico vero indicatore serio di politica ambientale. Secondo il metodo scelto dall'Italia fra quelli proposti dalla Commissione Europea, l'Italia ricicla effettivamente il 47,6% dei rifiuti urbani, ormai ad un passo dall'obiettivo fissato dall'attuale direttiva europea sui rifiuti del 50% al 2020.
Insomma, ci siamo. I differenziali regionali sono ancora elevati, con il Nord al 64,2% (migliore organizzazione ma anche diffusione storica delle raccolte domiciliari), il Centro al 48,6% (buona organizzazione ma maggiore diffusione del sistema a cassonetto) e il Sud al 37,6%. Dalla Toscana compresa in su (esclusa la Liguria) tutte le regioni italiane sono sopra il 50% di raccolta differenziata, livello medio europeo. Tassi di raccolta differenziata molto elevati (anche sopra l'80%) continuano ad essere tipici di comuni medio piccoli, in tutta Italia.
Ma notizie importanti arrivano anche dalle grandi città. Milano, Venezia, Verona, Padova e Firenze presentano valori a cavallo del 50%. Nelle grandi città è oggettivamente più difficile fare la raccolta differenziata, come dimostra lo studio europeo sulle capitali europee, tutte con valori molto bassi di differenziazione (20/30%). Una buona organizzazione dei servizi, anche non porta a porta, consente di raggiungere risultati importanti anche in città turistiche come Firenze e Venezia.
Con il crescere delle raccolte differenziate aumenta il valore complessivo degli scarti non avviati a riciclaggio, pari ormai a 2,5 milioni di tonnellate secondo Fise/Unire, dato che deve far riflettere sul "miraggio" rifiuti zero. Anche se la raccolta differenziata arrivasse al 70% avremo sempre il 10/15% di scarti da avviare a recupero energetico o in discarica oltre il restante 30%.
Ormai il riciclaggio è il principale destino dei nostri rifiuti seguito dal conferimento in discarica dove finisce il 25% dei nostri scarti, ormai quasi interamente trattati prima di essere interrati (il 90% circa dei rifiuti che vanno in discarica vengono sottoposti a trattamento come prevede il decreto Orlando da tre anni). Il flusso in discarica è diminuito del 5% rispetto al 2015, è nella media europea a 28%, ma rappresenta un valore ancora elevato: nei Paesi del nord Europa il valore è 1,5% e dovremo anche noi andare in quella direzione.
Il recupero di energia è attestato al 20% (18% incenerimento e 2% coincenerimento), 5,4 milioni di tonnellate, con una riduzione del 3,2% rispetto al 2015, valore più basso della media europea (27,5%). Una flessione dopo anni di continua crescita e che desta preoccupazione.
Ridurre la discarica e aumentare riciclaggio e recupero di energia restano le priorità di un Paese che comunque sta facendo passi avanti.
Il fenomeno dell'esportazione di rifiuti riguarda solo 433.000 tonnellate di rifiuti urbani mentre ne importiamo 208.000. I nostri rifiuti urbani (spesso trattati da impianti di selezione) vanno prevalentemente in Austria e Ungheria, ma anche nei Paesi Bassi ed in Germania, prevalentemente partendo dalla Campania e dal Friuli (nel prossimo Rapporto anche dal Lazio).
Buone notizie sul fronte economico, il costo ad abitante della gestione dei rifiuti urbani è aumentato "solo" dello 0,6% rispetto al 2015, attestandosi su un valore medio di 218 euro ad abitante all'anno, circa 500 euro per famiglia media. La Tari copre ormai oltre il 98% dei costi del servizio, era l'84% nel 2001. In 15 anni si è quindi ridotto il sussidio pubblico dalla fiscalità e questo fenomeno ha contribuito a spingere in alto le tasse locali, insieme all'aumento assoluto dei costi unitari di gestione.
Insomma un Paese, l'Italia, che va con forza nella direzione dell'economia circolare, con due terzi del territorio che presenta già performances d'eccellenza paragonabili alle migliori esperienze del nord Europa. Il Rapporto ci dice che non esiste una strategia "rifiuti zero", che i rifiuti esistono, non scompaiono ma possono essere riciclati e anche avviati a recupero energetico, riducendo la discarica, ma sapendo che non si può riciclare tutto e serve un mix ragionevole di riciclaggio e incenerimento, come in tutti i Paesi avanzati.

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