Ieri Piero Fassino, commentando a Un Giorno da Pecora quel che ho scritto e detto sul Rosatellum, ha rivelato agli ascoltatori, ma soprattutto a me, che “Travaglio viene dal FUAN, io vengo da tutt’altra storia, ognuno sta sulla sua barricata”. Pensando a un delirio momentaneo, i conduttori Geppi Cucciari e Giorgio Lauro hanno sgranato gli occhi e domandato se si riferisse proprio a quel Fuan. E Fassino, sicuro: “Sì, il Fronte universitario fascista. Travaglio viene da lì”. Siccome i due intervistatori manifestavano ancora incredulità, Fassino ha aggiunto magnanimo: “Travaglio ha pienamente diritto di farlo, solo che siamo su fronti opposti, non c’è possibilità di confusione”.
La “notizia” è stata subito ripresa da siti web e agenzie di stampa, quindi ha ottime possibilità di finire sui quotidiani di oggi. E non vi dico i social: pure lì lo scoop fassiniano ha avuto un discreto successo, grazie anche ai tweet di domestici, camerieri e tutto il personale di servizio. Tal Patrizia Prestipino, che risulterebbe addirittura membro della direzione nazionale Pd e responsabile del Dipartimento per la Difesa degli Animali, già celebre per un’uscita sull’esigenza di “continuare la nostra razza” ed evitarne “l’estinzione in Italia”, cinguettava: “Travaglio viene dal FUAN. Io da tutta un’altra storia’. Grande Piero!”.
Altri svelavano nuovi altarini della mia occulta carriera mussoliniana. Prima che qualcuno fabbricasse un mio fotomontaggio a Predappio, ho inviato una smentita alle agenzie: “Ho appreso oggi da Fassino, fonte notoriamente autorevole, che ‘Travaglio viene dal Fuan… dal fronte universitario fascista’. Non lo sapevo, ma nella vita si impara sempre qualcosa. Casomai il Travaglio di cui parlava Fassino fossi io, però, mi correrebbe l’obbligo di comunicare all’ex segretario, ex ministro, ex deputato ed ex sindaco quanto segue”.
“Io non ho mai avuto tessere in vita mia, né tantomeno quella del Fuan, non essendo io mai stato né militante, né simpatizzante né elettore fascista o neofascista o postfascista o parafascista. Comprendo l’imbarazzo di Fassino nel difendere la fiducia imposta dal suo partito sul Rosatellum alla maniera di Benito Mussolini nel 1923 sulla legge Acerbo, ma io non c’entro. Siccome però a nessuno può essere consentito di dare del fascista a chi non lo è mai stato, gli do appuntamento in Tribunale con un’immediata querela per diffamazione”.
Poi ho chiamato l’avvocato. Infine mi sono domandato cos’abbia spinto il pover’uomo a sparare una balla così stratosferica, sproporzionata persino al suo standard abituale. Le possibili spiegazioni dell’insano gesto sono quattro.
1) Fassino usa come fonti per informarsi gli stessi collaboratori che gli curano l’immagine e le campagne elettorali, il che spiegherebbe perché è così male informato, perché ha un’immagine così deprimente e perché non è più sindaco, deputato, segretario, ministro, ma un consigliere comunale qualunque.
2) Inebriato dai suoi insuccessi, Fassino ha iniziato a bere per dimenticare. Il che spiegherebbe anche gli altri suoi delirii a Un Giorno da Pecora: tipo che il Rosatellum “è uguale al Mattarellum” (dove 3 parlamentari su 4 erano eletti nei collegi uninominali e c’era il voto disgiunto rispetto alla restante quota proporzionale, mentre col Rosatellum 2 su 3 sono nominati nelle liste bloccate del proporzionale e c’è il voto congiunto); o che, “se me lo chiedono, sono disponibile a ricandidarmi” (dopo appena 5 legislature).
3) Già nervosetto di suo e intollerante alle critiche (quando collaboravo all’Unità, tempestava di telefonate i direttori Colombo e Padellaro per farmi cacciare: invano), da quando ha perso la poltrona di sindaco ed è stato degradato a semplice consigliere è in costante peggioramento. L’altro giorno, ad Agorà, mancava poco che passasse alle vie di fatto con la nostra garbata Silvia Truzzi, urlando, interrompendo, intercalando con eleganti “ne abbiano le scatole piene”, infine paragonando il Fatto ai nazi-ultrà che insultano Anna Frank. Ieri poi, con la bufala della mia militanza nel Fuan, ha rispolverato il meglio del peggio dello squadrismo rosso anni 70, quando chi non era di sinistra (tipo Montanelli) diventava automaticamente fascista e magari si beccava qualche pallottola in corpo. Ma anche dello squadrismo berlusconiano anni 90 e 2000, quando chi osava criticare B. diventava un “comunista” o magari – come accadde proprio a Fassino – un corrotto dalla Telekom Serbia col conto cifrato “Cicogna”.
4) Siccome è “disponibile a ricandidarmi se qualcuno me lo chiede”, ma purtroppo nessuno glielo chiede, Fassino ha pensato bene di offrire al suo capo su un piatto d’argento la testa di uno dei suoi rarissimi critici. Così, per rendersi utile. Purtroppo gli è andata buca, ma non tutto il male viene per nuocere: viste le condizioni in cui versa, dovrebbe riguardarsi. Ha bisogno di un lungo periodo di riposo. Altrimenti detto pensione.
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