La rivolta del mondo del volontariato, delle Ong che agiscono nel Mediterraneo.
Rabbia,
indignazione, ma non stupore, perché, dice all'Huffington Post uno degli
operatori sulla "rotta della morte", "avevamo ben chiaro che più che
una risorsa eravamo ormai visti come il problema". È la rivolta del
mondo del volontariato, delle Ong che agiscono nel Mediterraneo. È la
rivolta contro la "securizzazione" dell'emergenza migranti della quale
l'Italia, con l'attivissimo e grintoso ministro dell'Interno, Marco
Minniti, è capofila.
Tante le considerazioni che abbiamo
raccolto, il cui filo conduttore è il seguente: ora è tutto chiaro. Il
problema sono coloro che portano soccorso, non coloro che saccheggiano,
distruggono, bombardano e che spesso sono in combutta con i trafficanti
di esseri umani. Il coro delle critiche è trasversale: "Parigi, Roma e
Berlino hanno lavorato a un patto per regolamentare l'attività delle Ong
nel Mediterraneo. Il Forum del Terzo Settore esprime viva
preoccupazione per le notizie rilanciate dai mezzi di comunicazione in
questi ultimi giorni in merito alla ventilata intenzione da parte delle
autorità italiane ed europee di procedere con misure per limitare gli
interventi di salvataggio dei migranti che attraversano il Mar
Mediterraneo verso l'Europa, fino a prevedere la chiusura dei porti alle
navi di soccorso".
E ancora: "Il Forum raccoglie
l'esperienza di una molteplicità di organizzazioni italiane impegnate
per affrontare il fenomeno delle migrazioni con gli strumenti della
solidarietà, in Italia e nel mondo. La chiusura dei porti sarebbe una
misura inaccettabile, che contraddice i più elementari obblighi di
assistenza e solidarietà; misure punitive verso le organizzazioni non
governative potrebbero portare alla ingiustificata restrizione della
loro capacità di prestare soccorso, in presenza di un'iniziativa europea
ancora lacunosa". Per concludere: "Ci uniamo a quanti in questi mesi
hanno richiamato l'Europa nella sua interezza alle proprie
responsabilità in termini di assistenza. In particolare, crediamo che
Paesi come l'Italia, che si trovano ad affrontare il carico maggiore del
soccorso in mare, non possano essere lasciati soli nella gestione delle
fasi di ospitalità di medio e lungo periodo. I governi europei devono
assumere scelte coerenti, adottando decisioni credibili per la
realizzazione in tempi rapidi di un piano di ricollocazione di rifugiati
e migranti dei Paesi dell'Unione. Richiamiamo quindi l'attenzione del
Presidente del Consiglio Gentiloni e del Ministro Minniti, in vista
dell'incontro informale di Tallin di questa settima, a fornire
rassicurazioni sul fatto che l'Italia non intenda abdicare alle proprie
responsabilità in termini di assistenza e solidarietà e richiediamo, in
questo senso, un incontro urgente". In totale sintonia è la presa di
posizione dell'Aoi, la maggiore rappresentanza di Ong e organizzazioni
sociali di solidarietà e cooperazione internazionale:
"Aoi esprime forte preoccupazione per
quanto nei media emerge degli esiti del prevertice di Parigi, che
anticipa di pochi giorni il summit di Tallin, sul tema dei flussi
migratori. Italia, Germania e Ue hanno deciso: di dare 'fiducia' e
autonomia nel controllo dei flussi dei migranti e profughi al governo
libico, che non ha rispetto alcuno dei diritti umani, con la conseguente
piena e libera operatività alla sua guardia costiera, quella stessa che
spara alle navi che salvano vite umane, anche a quelle della guardia
costiera italiana; di colpire le ONG, limitandone fortemente l'operato
umanitario e stabilendo livelli di controllo addirittura delle loro
fonti di finanziamento. In questi mesi ONG e associazioni impegnate
nell'asilo e accoglienza dei profughi e migranti hanno inviato appelli,
posizionamenti e proposte al Governo italiano chiedendo incontri per un
confronto e hanno sensibilizzato le reti sociali della solidarietà
europea perché chiedessero un impegno dei loro Paesi a fianco
dell'Italia nell'affrontare la crisi umanitaria. Ma non questo tipo di
impegno, teso a erigere nuovi 'muri'". Il dissenso è totale: "
Le Ong attive sulle navi della
solidarietà – ricorda l'Aoi- sono state oggetto di attacchi mediatici e
commissioni d'inchiesta da cui è emersa chiaramente la loro missione e
la loro azione trasparente e coerentemente solidale.
Oggi di nuovo Italia, Francia, Germania e
Ue insieme hanno deciso di 'sposare' la linea di Frontex e di
individuare nel soccorso umanitario in mare delle organizzazioni sociali
il problema, il mitico 'pull factor' del fenomeno migratorio.
L'Aoi chiede che il Governo italiano
incontri le rappresentanze Ong, il Tavolo Asilo e le associazioni tutte
che stanno sulle navi della solidarietà nel nostro Mediterraneo per
spiegare prima del vertice di Tallin quali sono le posizioni certe
dell'Italia e quali le motivazioni: perché venga data una risposta certa
alle tante richieste di incontrarsi e confrontarsi. L'Italia non si può
permettere una divisione netta tra la politica e la società civile
solidale e responsabile". Le organizzazioni attive nel Mediterraneo sono
9, presenti con 12 imbarcazioni. Di queste, secondo Medici Senza
Frontiere, battono bandiera italiana solo 2: la Prudence (di MSF) e la
Vos Hestia, di Save the Children. Chiudere i porti alle ONG straniere,
significherebbe quindi non solo chiudere i porti alla maggior parte
delle centinaia di volontari che, da tutta Europa, partono per cercare
di salvare chi, nel Mediterraneo, rischia di morire ogni giorno, mentre i
loro governi stanno a guardare. L'ultimo rapporto della Guardia
costiera, relativo al mese di aprile, conferma che circa il 40% dei
soccorsi in mare viene effettuato proprio dalle navi ONG: su 12.590
migranti salvati, 5.015 sono stati tratti in salvo dalle Organizzazioni
non governative e ben 3.523 da navi commerciali (pescherecci,
mercantili), che sommati fanno circa il 68% dei soccorsi effettuati nel
Mediterraneo. Nel 2016, stando al rapporto della Guardia Costiera
Italiana, le ONG hanno recuperato complessivamente 46.796 migranti, più
del doppio di quanti ne avevano soccorsi l'anno precedente (20.063). E
nei primi 4 mesi del 2017 hanno salvato 12.646 persone, il 35% del
totale. Il resto degli interventi sono stati fatti da mercantili (16%),
Guardia Costiera italiana (29%), Marina organizzazioni che fanno ricerca
e soccorso in mare, ma Militare (4%), Frontex (7%) e Eunavformed (9%).
Eppure, le ONG restano "il problema".
Rimarca in proposito Francesco Petrelli,
portavoce di Concord Italia: "L'attacco politico degli ultimi mesi è
stato evidente, ricordiamo tutti chi ha usato per primo l'espressione
'taxi del mare2. A questo si aggiunge una grande imprecisione e mancanza
di informazioni, tanto che, davanti alla commissione parlamentare, chi
ha detto le cose più positive e veritiere sono gli ammiragli della
marina italiana, che conoscono bene come operano le Ong in mare". Le
convenzioni internazionali, ricorda ancora Petrelli, "impongono di
salvare le persone in mare e di portarle nel porto vicino più sicuro.
Le Ong salvano tra il 30% e il 40% dei
migranti e questo è un indicatore che può essere letto anche al
contrario e indica la risposta mancata dell'Europa. Sembra quasi che si
voglia impedire alle organizzazioni di fare la cosa più giusta e
naturale, il terreno più neutro: salvare chi rischia la morte, così da
usare i morti come deterrente. Si ignora però che chi scappa dalla
guerra e dalla miseria non si ferma nemmeno coi carri armati, non ha
nulla da perdere. Siamo davanti a un problema epocale, strutturale
storico, possiamo farlo diventare un'opportunità, altrimenti sarà una
catastrofe". Una catastrofe annunciata. "Se le notizie emerse ieri sera
nei media rispetto agli esiti del prevertice di Parigi saranno
confermate dai documenti adottati dal vertice di Tallin – dice ad Hp
Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne di Oxfam Italia - l'Unione
Europea compirà un enorme passo indietro sul fronte della protezione dei
diritti umani nel proprio territorio e a livello internazionale. E'
giusto che l'Italia chieda, e ottenga, un maggiore impegno degli altri
Stati Membri nel gestire le sfide collegate all'aumento dei flussi
migratori, che vedono il nostro paese in prima linea: è questa la strada
da percorrere. Altre soluzioni, come la delega del controllo delle
frontiere europee alla Libia, un paese che non è stabile e che non può
in alcun modo essere "la porta sud dell'Europa", o la limitazione
dell'operato delle Ong che rispondono oggi all'imperativo umanitario di
salvare vite umane, non solo sono inefficaci per gestire il fenomeno, ma
aumenteranno il numero di persone che soffrono e muoiono davanti alle
nostre coste, in terra e in mare".
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