Giuseppe Nicosia – ASCIA
Parte 1: legalizzare per risolvere il problema del traffico illecito
Giornalmente vengono effettuati arresti o denunce per possesso di cannabis. Nonostante la dura repressione e l’impegno delle FF.OO., il fenomeno è in crescita.
Le motivazioni sono semplici e legate a fattori puramente economici: la cannabis è una sostanza meno dannosa dell’alcol, ma che provoca ugualmente piacere a chi la usa.
Bere responsabilmente tutte le sere due birre fredde, o un buon calice di vino, provoca quella “leggera euforia” che possiamo paragonare, per effetto, al consumare marijuana. L’alcol però fa male al nostro fegato; mentre il consumo responsabile di cannabis (usando un vaporizzatore), non provoca danni gravi accertati. L’unico danno può essere provocato dall’eventuale aspirazione del fumo, se usiamo assimilarla attraverso il classico joint (spinello): il monossido di carbonio, lo stesso che si produce durante la combustione delle sigarette di tabacco, è infatti cancerogeno.
Data dunque la scarsa pericolosità della cannabis rispetto a qualsiasi altra “droga” legale, il suo consumo si è largamente diffuso nella nostra società.
Purtroppo però la produzione ed il commercio di cannabis non è regolamentato. Così le narcomafie approfittano del fatto che in moltissimi vogliono farne uso, ma nessuno può venderla legalmente per scopo ricreativo, ne’ coltivarla per uso personale.
Purtroppo l’unico scopo delle organizzazioni criminali è quello di far profitto, e non badano minimamente alla qualità del prodotto, vendendo anche a minorenni.
I dati più recenti riportati dal Dipartimento Politiche Antidroga, che risalgono purtroppo al 2010, evidenziano che: “..il 22,4% della popolazione ha sperimentato l’uso di cannabis almeno una volta nella vita, il 5,2% l’ha usata nell’ultimo anno, il 3,0% l’ha usata nell’ultimo mese”.
Dati assolutamente in difetto se consideriamo tutte quelle persone che non dichiareranno mai di consumare cannabis fin quando sarà illegale.
Dalla Relazione sui dati relativi allo stato delle tossicodipendenze in Italia (anno 2015 e primo semestre 2016), esaminata sicuramente con scarsa attenzione dai nostri rappresentanti politici nel gennaio del 2017, si legge: “nel 2013 (ultima annualità disponibile) è stato stimato che in Italia ci sono 6,1 milioni di utilizzatori di cannabis. Le attività connesse agli stupefacenti, rappresentano quasi il 70% delle attività illegali complessive, capaci di pesare per circa lo 0,9% sul Prodotto Interno Lordo italiano. Il consumo di cannabis sul territorio nazionale alimenta un giro d’affari pari a circa 4 miliardi di euro”
Cifra assolutamente sottostimata, e alla quale dobbiamo aggiungere le spese che lo Stato affronta per reprimere il fenomeno.
Immaginate cosa accadrebbe regolamentando l’autoproduzione per i maggiorenni e controllando e prevenendone l’uso, come avviene per alcol e tabacco, nei confronti dei minorenni.
Abbiamo letto tanti articoli sull’EasyJoint, la cannabis light legale. La trovata commerciale ha superato persino le aspettative degli ideatori che, appena entrati in commercio, hanno ricevuto un ordine ogni 30 secondi e sono stati costretti a chiudere la vendita online. Ci sono persino state resse negli shop, con centinaia di persone che chiedevano il prodotto.
Immaginate allora cosa accadrebbe autorizzando la coltivazione per uso personale, e aprendo dei coffeshop sul modello olandese (attività preposte a vendere cannabis certificata solo a maggiorenni, pagando regolarmente le tasse).
Parte 2: legalizzare per risolvere il problema della mancanza di farmaco.
Oggi l’autoproduzione e la concessione a ditte private di produrre cannabis, potrebbero risolvere anche un altro grave problema: nelle farmacie italiane è diminuita la disponibilità di cannabis per i pazienti.
Molte persone usano la cannabis come antidolorifico. In questo caso, uno dei modi migliori di usare la cannabis è quello di vaporizzarla: il paziente prende un pezzetto di infiorescenza, prescrittagli dal medico e acquistata in farmacia, e l’assimila attraverso un vaporizzatore.
Il quantitativo giornaliero necessario dipende dall’intensità del dolore, e dal contenuto di cannabinoidi presenti nell’infiorescenza, oltre che da una serie di altri fattori quali lo stato fisico dell’individuo e l’alimentazione tenuta.
Praticamente, se al paziente venisse data la possibilità, potrebbe ottenere un buon effetto antidolorifico inalando i vapori di 0,5g di “Jack Herer”* coltivata in casa (*varietà di cannabis a prevalenza sativa che ha circa il 20% di THC).
Questa genetica sarebbe un ottima sostituta del “Bedrocan”, con la sola differenza che forse dovrebbe usarne un po’ di più (Bedrocan 22% di THC).
Sottolineo, a tal proposito, che la presunta dose letale di cannabis è circa 40.000 volte superiore alla dose normale. Ciò vuol dire che, per rischiare la morte, il paziente dovrebbe usare 20kg di cannabis, invece degli 0,5g prescritti. Si deduce che, anche se ne usasse 5g invece che 0,5g, gli effetti collaterali più “gravi” sarebbero comunque alquanto blandi se paragonati a quelli di quasi tutti i farmaci in commercio: giri di testa, euforia, sonnolenza. (PS: Gli effetti indesiderati possono essere limitati assumendo semplicemente del CBD e un po’ di Vitamina C)
Purtroppo non tutti i pazienti sono in grado di coltivare cannabis: alcuni non possono fisicamente, altri non hanno ne’ il tempo, ne’ le competenze; altri ancora necessitano di farmaci derivati dalla canapa, che possono essere realizzati solo in farmacie galeniche.
Per quanti pazienti realmente potrebbe essere di beneficio l’autoproduzione e, dunque quanti di questi non graverebbero sulle scorte di farmaco?
Il paziente anoressico o il paziente che soffre di insonnia cronica e che consumano cannabis per inalazione, sono persone che hanno lo stesso diritto di acquistare cannabis di chi soffre di epilessia, o di un malato oncologico.
Razionalmente, in una situazione in cui la cannabis medica scarseggia, negare l’autoproduzione a chi necessita di infiorescenze che potrebbero essere autoprodotte, crea un enorme danno a tutti i pazienti in terapia con cannabinoidi. Non possiamo creare pazienti di I° e di II° livello, ma effettivamente genitori con figli epilettici, che necessitano di un olio con posologia certa, hanno necessariamente un bisogno maggiore di rivolgersi al farmacista.
In una situazione di crisi come quella attuale, distribuendo in egual modo la cannabis sia a chi potrebbe autoprodurla, sia a chi non può farlo, aggrava il problema di entrambi. Lo dimostra il fatto che, indistintamente dalla patologia che li ha colpiti, molti malati oggi sono senza farmaco.
Non urlo “autoproduzione, unica soluzione”, ma sto proponendo una soluzione al problema. Organizzare corsi di studio per spiegare alle persone come produrre cannabis terapeutica, e autorizzare aziende private a produrre cannabis medica, porterebbe nel giro di pochi mesi a svariati benefici.
I pazienti autorizzati all’autoproduzione dovrebbero semplicemente rivolgersi al medico, senza passare in farmacia.
Le aziende private potrebbero immettere sul mercato un quantitativo tale di farmaco che basterebbe certamente per tutti i malati, e ad un prezzo che automaticamente scenderebbe.
Qualcuno obietterà dicendo che la cannabis autoprodotta potrebbe essere contaminata, o deteriorata. Ma questo può accadere anche con la cannabis distribuita dalla farmacia: la FM2 è stata triturata, ed i cannabinoidi in essa presenti hanno perso più rapidamente il loro principio attivo. Inoltre il paziente che acquista le infiorescenze, potrebbe conservare le infiorescenze in modo non corretto e, prendendo umidità, potrebbero svilupparsi muffe anche le infiorescenze di Bedrocan.
Volendo guardare oltre, si potrebbe anche autorizzare le farmacie galeniche, previa analisi del prodotto, a lavorare la cannabis autoprodotta, e che il paziente deve assimilare in olio o in capsule.
“La legalizzazione della cannabis non è una questione di primaria importanza”.
Quante volte abbiamo sentito queste parole pronunciate dai nostri rappresentanti politici?
Abbastanza per capire che non sono sufficientemente informati sull’argomento.
Ora più che mai è necessario garantire la cura con cannabinoidi a tutti i malati che necessitano di tali terapie, e occorre sottrarre alle mafie un mercato ricchissimo.
Le ricerche scientifiche hanno dimostrato che in medicina l’impiego di cannabis, per il suo potere terapeutico, è indispensabile quanto quello degli antibiotici.
I dati statistici ci dimostrano invece che il traffico di droga è la principale fonte di guadagno della criminalità organizzata.
E allora: …la legalizzazione della cannabis è una questione di primaria importanza?
Giuseppe Nicosia – ASCIA
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