martedì 16 maggio 2017

Migranti. Chi ruba, a chi? Il collegamenti fra il clan Arena e la Fraternita di Misericordia di Isola Capo Rizzuto.

Così il parroco e il "gabibbo" sfruttavano i 100milioni dello Stato destinati ai profughi per comprarsi villa e beni

Un accurato intreccio fra il parroco, "gabibbo" e clan per sfruttare quel fiume di denaro percepito dallo Stato per accogliere i profughi, ma in realtà utilizzato per comprare ville e beni. Sul Corriere della Sera Fiorenza Sarzanini racconta come il caso di Leonardo Sacco e della Fraternita di Misericordia di Isola Capo Rizzuto fosse un vero e proprio metodo criminale.

"Con i milioni di euro elargiti dal Viminale per gestire l'accoglienza dei migranti aveva comprato case, macchine, barche, persino un cinema. Perché Leonardo Sacco, governatore da oltre 15 anni della Fraternita di Misericordia di Isola Capo Rizzuto, amministrava il centro come se fosse un'azienda privata. E lo faceva sotto la direzione di don Edoardo Scordio, il parroco che in realtà per i magistrati è il vero «dominus» della struttura. E secondo un «pentito» sarebbe addirittura «il padre biologico di Sacco»".

Il Corriere spiega come i due fossero collegati con la cosca Arena "alla quale assicuravano un'ampia fetta dei guadagni attraverso i contratti di appalto intestati a prestanome, ma anche l'assunzione di parenti e amici"
Sacco veniva chiamato il "gabibbo" e tutte le imprese che fatturavano per il campo profughi erano scelte dalla società maggiore del locale degli Arena.
Secondo il pentito Oliverio "Sacco, per il tramite della Misericordia, garantiva alla famiglia Arena moltissimi posti di lavoro cioè faceva lavorare le persone segnalate dagli Arena", fatto confermato dai controlli degli inquirenti.
In totale "sono oltre 100 i milioni che il ministero dell'Interno ha elargito alla Confraternita, in virtù di convenzioni stipulate direttamente o indirettamente, che poi ne malversava una parte rilevante non destinandola alla precitata finalità ma, per il tramite di prelevamenti per contanti, erogazioni a titolo di prestito e pagamento di asserite note di debito per assistenza spirituale alla Parrocchia Maria Assunta di don Scordio e introitavano le somme così distratte al fine di versarle in parte alla cosiddetta "bacinella" della cosca e comunque utilizzarle per interessi egoistici e diversi dalla loro destinazione pubblica".
Con il denaro pubblico sono finiti sotto sequestro "15 società attive nel settore agricolo, della ristorazione, del turismo, dell'edilizia, della prestazione di servizi, 129 immobili (tra cui 46 abitazioni, 1 residence, 4 ville, 9 garage, 6 depositi, 6 negozi e 38 ettari di terreno), 81 autovetture, 27 ambulanze e 5 imbarcazioni, nonché 90 rapporti bancari e 3 polizze assicurative, per un valore complessivo di circa 70 milioni di euro", riconducibili alla Confraternita e ai boss.

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