martedì 23 maggio 2017

Il reddito di cittadinanza del M5s non basta: per lo sviluppo serve la moneta fiscale

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Il reddito minimo a favore dei cittadini in difficoltà è un diritto, e dovrebbe anche essere un dovere per il buon governo e la buona politica. Sono più di 8 milioni gli italiani poveri, dei quali circa 4 milioni e mezzo vivono in condizioni di povertà assoluta, non possono cioè acquistare il minimo indispensabile per vivere. Ma non sono solo i poveri a soffrire. La situazione italiana è disastrosa: la disoccupazione ufficiale è al 12%, solo il 60% della popolazione è in attività, metà dei giovani non trova lavoro e il sud sprofonda. Le divisioni sociali e territoriali aumentano. Il reddito medio in Italia è oggi inferiore a quello che c’era prima dell’introduzione dell’euro, nel 1999. Tutto questo a causa dell’assurda politica di austerità imposta dall’Europa: questa austerità suicida conviene solo alla grande speculazione finanziaria che prospera sul debito pubblico. Che fare allora? Per combattere veramente la povertà occorre senz’altro garantire ai più poveri un reddito minimo, ma bisogna soprattutto fare ripartire l’economia e il lavoro contrastando l’austerità imposta dall’Unione Europea, dall’euro e dalla grande finanza.  
Tuttavia rischia di essere insufficiente. Infatti, i 5 Stelle propongono di finanziare il progetto di reddito minimo (circa 20 miliardi all’anno, in realtà la proposta è presentata come “reddito di cittadinanza”) tagliando le spese pubbliche improduttive, i costi della politica, tassando i giochi d’azzardo e combattendo l’elusione fiscale delle grandi società con sede in Lussemburgo o in Irlanda. Ma è molto probabile che tutto questo non basti. Occorre che il governo emetta qualche decina di miliardi di nuova moneta fiscale per finanziare non solo la lotta alla povertà, ma anche e soprattutto l’espansione dell’economia, l’aumento dei consumi e degli investimenti.
Il problema attuale dell’economia è un problema di domanda e di mancanza di liquidità: i redditi sono bassi, i consumi delle famiglie non ripartono, gli investimenti sono quindi scesi al livello minimo, le banche devono smaltire i crediti deteriorati e fanno credito solo a chi i soldi li ha già. La moneta non circola e l’attività produttiva ristagna. In questa situazione è lo Stato che deve muoversi e intervenireper ridare ossigeno monetario all’economia. Bisogna farla finita con l’austerità. Fare ripartire l’economia e l’occupazione è il vero e unico modo nel medio e lungo periodo di combattere la povertà.
Il progetto lanciato da Micromega prevede proprio che lo Stato emetta una nuova “moneta nazionale”: i Titoli di sconto fiscale. I Tsf sono titoli negoziabili emessi dallo Stato, garantiti dal loro valore fiscale e quindi immediatamente convertibili in euro sui mercati finanziari (proprio come i Bot e i Btp). I Tsf danno diritto a ridurre pagamenti dovuti alla pubblica amministrazione, per tasse, imposte, contributi sociali o pensionistici, tariffe, multe, ecc. I Tsf sono assegnati gratuitamente (e questa è la vera e grande novità) a famiglie, lavoratori, imprese, enti pubblici. I Tsf rappresentano subito denaro per gli assegnatari, perché si possono subito convertire in euro come qualsiasi titolo di Stato.
Però i Tsf saranno utilizzabili per ottenere sgravi fiscali solo dopo due o tre anni dall’emissione. Per esempio, a giugno 2017 si potranno emettere Tsf che saranno utilizzabili a partire da giugno 2019 (quindi due anni dopo). In questo modo, al moltiplicatore del reddito, si dà il tempo di aumentare il Pil, e perciò i conseguenti introiti fiscali, in misura tale da compensare il deficit pubblico che si creerebbe a parità di condizioni con l’emissione dei Tsf.
Insomma: grazie all’aumento della domanda, e quindi grazie alla ripresa della produzione e dei redditi, dopo 2 o 3 anni i Tsf si auto-ripagano. Le emissioni di Tsf genereranno una forte espansione della domanda interna: se per esempio si assegnano alle famiglie Tsf per 90 euro al mese, esse avranno un aumento effettivo del reddito di 90 euro (meno un piccolo sconto, pari al massimo a qualche punto percentuale). A causa dell’aumento dei consumi delle famiglie, della riduzione del cuneo fiscale delle imprese, e dell’incremento degli investimenti pubblici, l’economia riprenderà a marciare.
Così, sarà possibile finanziare non solo il reddito minimo per le famiglie bisognose (che si trovano soprattutto al sud), ma tutti i redditi e l’occupazione. La ripresa avverrà senza aumentare il debito pubblico: cioè senza uscire dall’eurozona, e senza quindi provocare salti nel buio e nuove crisi sociali. 

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