Dopo un incontro con alcuni sindacati, il Governo ha annunciato che ILVA sarà venduta alla multinazionale Arcelor-Mittal. Il piano prevede più di 5000 esuberi solo per cominciare, successivamente si avrà la facoltà di licenziare altri lavoratori in corso d’opera.
Il Governo vorrebbe quindi concludere in questo modo una vicenda difficilissima dopo il disastro della gestione Riva. L’acciaio, diversamente da come sostenuto da più parti, è tutt’ora il materiale da costruzione più importante al mondo assieme al cemento. La sua industria è quindi strategica. La cessione dell’ILVA alle multinazionali significa quindi svendere un pezzo fondamentale del patrimonio industriale e privare lo Stato Italiano di un settore fondamentale. Inoltre solo l’intervento dello Stato può garantire le necessarie bonifiche, la revisione degli impianti e dei cicli, la salvaguardia dell’occupazione.
Le multinazionali sono interessate, in questa fase in maniera esclusiva, ad acquistare marchi e impianti per garantirsi fette di mercato e produrre altrove dove le norme ambientali e di salute sono meno rigide e i salari più bassi.
In questo momento è opportuno invertire una politica che dura da più di 30 anni. L’Unione Europea ha imposto il ritiro dello Stato dall’industria e dai servizi per favorire le multinazionali. Tutto questo ha impoverito i lavoratori costretti a salari e diritti sempre più bassi con la scusa delle delocalizzazioni.
Gli esuberi previsti in ILVA si sommano a una situazione in cui la disoccupazione è altissima e i giovani non trovano lavoro. Ma non è possibile difendere i lavoratori senza la discriminante dell’uscita dalla UE e dall’euro che sono i principali strumenti con i quali i capitalisti e i banchieri attaccano i lavoratori.
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