Per i politici la criminalità organizzata esiste, ma solo tra un voto e l’altro. Quando le urne si avvicinano sparisce.
Vi racconto due storie, due diverse guerre, due resistenze che mettono tristemente a nudo l’incapacità della politica di comprendere quale sia la parte da cui stare e soprattutto che mostra l’incapacità di intraprendere un percorso coerente per ottenere risultati duraturi e non l’effimera notorietà di una stagione o di una occasione.
Storie che molti sentiranno lontane, che molti avvertiranno come troppo locali perché ci si possa soffermare per una riflessione, che altri non riusciranno a comprendere fino in fondo perché vivono e hanno sempre vissuto in contesti troppo differenti per sapere che l’arte e l’evasione possono essere qualcosa di profondamente diverso da cultura ed edonismo, per diventare vera e propria resistenza.
Solo pochi, pochissimi chilometri separano due realtà diverse tra loro, Casoria e il centro storico di Napoli, ma legate indissolubilmente da un’esigenza che a molti sembrerà assurda: quella di essere, di diventare luoghi di normalità. E normalità significa soprattutto avere le stesse opportunità che esistono altrove e che altrove nessuno mette in discussione. Alla Sanità i napoletani quando escono di casa hanno i sensi allertati perché sanno che è in corso una faida tra clan. Una guerra che è insieme guerra generazionale e lotta, corpo a corpo, vicolo per vicolo, palazzo per palazzo, per ciò che più conta: il predominio sulle piazze di spaccio. E mentre le “stese” continuano, la cittadinanza assiste all’incapacità di creare sinergie e fare squadra. La politica stralocale, che pure prova a occupare suolo, a sottrarre terreno alla criminalità, entra in contrapposizione con le forze dell’ordine. Queste considerano le “stese” un male minore rispetto alla camorra di qualche tempo fa, apparentemente più potente perché forza imprenditoriale, ma in fondo proprio per questo più prevedibile nelle azioni militari.
In tutto questo a me è concesso un ruolo esterno, osservo, studio, intervengo e quando lo faccio immancabilmente mi si dice che esagero, che diffamo, che dovrei trovarmi un lavoro. Talvolta mi si invita a godere delle bellezze della città, ma sarebbe bello che potessimo goderne tutti, soprattutto chi, oggi, alla Sanità, se si attarda la notte può trovarsi sotto una pioggia di proiettili.
A dieci chilometri dal centro storico di Napoli c’è Casoria. A Casoria ci sono stato lo scorso novembre quando Antonio Manfredi, direttore del Cam (Contemporary Art Museum of Casoria) ha deciso di dedicarmi una sala. Un gesto irrituale - quello di dedicare una sala a una persona in vita - attraverso cui si sperava di attirare l’attenzione, soprattutto della politica che decide di fondi e finanziamenti. Un gesto attraverso il quale si era pensato di restituire a Casoria quella normalità che altrove è data per scontata. Dove normalità significa che, se esiste un museo che è un gioiello incastonato nel sottoscala di una scuola media, che esiste e resiste da 13 anni, logica e civiltà imporrebbero che il Comune e la Regione lo sostenessero per dare ai cittadini di Casoria quello che meritano, ovvero la possibilità di essere centrali laddove invece regna la marginalità.
All’inaugurazione della sala a me dedicata era presente il Sindaco di Casoria; la sua presenza fu promessa di impegno, eppure nel documento di programmazione per il prossimo biennio il Cam non è contemplato e, molto probabilmente, dopo 13 anni, dovrà chiudere i battenti. Se questo dovesse accadere, con il Cam Casoria avrà perso l’unica possibilità di scambio vero che in questi anni gli sia stata concessa. E l’avrà persa perché la politica quando c’è da stringere mani e patti è sempre presente, quando c’è da mantenerli latita.
Ma che c’entra il Cam di Casoria con il quartiere Sanità? Ecco cosa: alla Sanità oggi si organizzano eventi, c’è un’occupazione che ha il sapore della resistenza. Oggi questa occupazione è denuncia costante, denuncia delle condizioni di abbandono di un quartiere dove si vive con paura. Peccato che alle prossime elezioni la camorra non esisterà più perché servirà un racconto diverso. Io “invento” la camorra per vendere libri. La politica ne inventa la fine per essere rieletta. Ma poi la camorra a metà mandato torna e la politica la combatte. Quando dovessi scrivere di nuovo di camorra alla Sanità, sono certo che tornerà a essere una mia allucinazione.
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