Scrittrice, giornalista, intellettuale
storica della sinistra, Rossanda ha fatto la resistenza da giovanissima e
ha militato nel partito comunista italiano, dal quale fu radiata dopo
aver fondato il 'Manifesto' insieme a Luigi Pintor, Lucio Magri, Aldo
Natoli.
A trentanove anni, il Pci di Palmiro
Togliatti la chiamò a dirigere gli intellettuali comunisti: "Arrivai
alla politica con la guerra, non attraverso i libri. Ero un'impiegata
dell'Enciclopedia Hoepli. Quando cadde Mussolini, non sapevo nemmeno
bene cosa fosse il Gran consiglio del fascismo. Ero rimasta nella zona
grigia. Né a favore né contro. Del regime avevo avuto un'idea di
gigantismo. Invece, si afflosciò senza decenza. Lì cominciai a
interrogarmi. Avvicinai il mio professore, Antonio Banfi, e gli dissi:
'Dicono che lei sia comunista'. Mi guardò e rispose: 'Cosa cerca?'. Capì
che desideravo una bussola. Prese un foglietto e vi scrisse sopra una
lista di libri. C'era anche 'Stato e Rivoluzione' di Lenin. Mi disse:
'Torni quando li avrà letti'. Lo feci e diventai comunista". Oggi
Rossanda ha novantatré anni e vive a Parigi.
Ha cominciato con l'essere antifascista.
E vedere che una settimana fa undici milioni di francesi hanno votato per Marine Le Pen mi fa spavento.
Molti di loro sono operai.
Si sono sentiti abbandonati dalla
sinistra: avevano riposto troppe speranze sulla volontà e le possibilità
reali che Hollande aveva in Europa. Non so se avrebbe potuto realmente
difendere l'occupazione senza un accordo per altro improbabile con la
Ue. Non sono d'accordo di dargli responsabilità che forse non ha avuto:
l'occupazione non l'ha difesa nessuno. Ciò non toglie che votare per
Marine Le Pen non mi sembri una scelta accettabile.
Perché?
Perché votandola hanno sparso i semi di
uno nuovo partito neo-fascista in uno dei paesi più importanti
dell'Europa: un fatto intollerabile.
Sono tutti fascisti?
Non credo, sono persone arrabbiate, impoverite, piene di risentimento. A cui la sinistra non ha saputo rivolgersi.
Mélenchon non ha saputo intercettarli?
Lui ha espresso una novità, ma questa
novità è stata spazzata via dal sistema elettorale a doppio turno.
Vedremo ben presto se a partire da lui può rinascere una sinistra forte,
come negli anni sessanta è stato il partito comunista francese. Le
elezioni politiche sono prossime.
Può risorgere anche il partito socialista?
Queste elezioni hanno disintegrato la
scena politica tradizionale, cancellando i due partiti che sono stati il
fondamento della quinta Repubblica, cioè i socialisti e i gaullisti.
Che dovranno dimostrare di essere in grado di ricostruirsi.
A sinistra, molti guardano con ammirazione a Macron.
Macron è un uomo di centro-destra, non
ha nulla della cultura di sinistra, non è neppure un timido
social-democratico. È totalmente allineato all'austerità dell'Europa di
Bruxelles.
Altiero Spinelli scriveva che
destra e sinistra, un giorno, si sarebbero distinte dal ripudio o dal
favore che avrebbero accordato all'Europa. Non è quello che è successo
in Francia?
Dubito che in Francia conoscano Altiero
Spinelli, che era un federalista convinto, non un marxista come me.
Marxista ortodossa, per la precisione.
Ortodossa? Per buona parte della sua vita, lei è stata considerata un'eretica!
Questa è una semplificazione di voi giornalisti.
Non ha fiducia nell'Europa?
L'Europa, in quanto istituzione, non ha i
compiti né di un partito né di un sindacato. Penso che quel che
potrebbe fare sarebbe darsi un orizzonte neo-keynesiano. Ma non vedo
come possa organizzare delle lotte politiche o sindacali contro la sua
stessa direzione.
Però la storia della sinistra è internazionalista.
La sinistra avrebbe solo da guadagnare
da un ampliamento dei suoi orizzonti, mondializzazione compresa. È
all'interno di questa situazione ormai data che dovrà cercare di
riorganizzarsi.
A sinistra del Pd si è mosso qualcosa, ultimamente.
L'unica traccia di sinistra che è rimasta la scorgo nel sindacato. Quello dei metalmeccanici, sopratutto.
Gli operai sono ancora i lavoratori più sfruttati?
Gli sfruttati, in senso proprio, sono
soltanto loro. Gli altri sono poveri. La lotta di classe è ferocissima,
anche in questo momento. Forse, addirittura più di quanto non lo fosse
dieci, vent'anni fa. L'attacco della classe dominante agli operai è
stato spaventoso. Li stanno facendo a pezzi.
Ci sono persone che lavorano con la partita Iva che guadagnano di meno e hanno la metà delle loro garanzie.
Sono lavoratori ridotti a uno stato di
miseria. Ma essere o non essere operai non è questione di reddito,
dipende dai rapporti di produzione. I lavoratori di cui lei parla o ce
la fanno, e allora si arricchiscono; oppure vengono spazzati via. Sono
ridotti a una condizione simile a quella del proletariato, ma non sono
il nuovo proletariato.
Perché no?
Perché non avvertono un desiderio di
conflitto, tendono ad adattarsi, ad andare ciascuno per la propria
strada. Il proletariato non è solo una condizione economica: è anche un
modo di percepirsi uguali, fratelli, uniti.
È per questo che nessuno si rivolta più?
Quando Renzi ha approvato quell'ignobile
legge chiamata Jobs Act non c'è stata nemmeno una sollevazione contro. E
posso capirlo: se mi dicono di scegliere tra il crepare e il
sopravvivere, scelgo di tirare avanti. Capisco meno l'assenza di
un'opposizione del ceto politico.
Lei perché ha lottato?
Perché vivere per accettare il mondo così com'è non vale la pena.
È davvero così male il mondo di oggi?
Una vita che è invasa anche nella sfera
più intima dalla competitività e dal mercato, per me, è insopportabile.
Non accetto nulla di questo mondo. Rispetto le culture orientali, l'idea
di conciliarsi con il tutto. Ma nella cultura occidentale la politica è
conflitto e lotta.
Lei ha vinta o ha perso?
La mia vicenda riguarda un piccolo gruppo. Abbiamo perduto, ma non mi sono arresa.
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