In 5 anni Banca Etica ha scalato la classifica del credito sia in termini di risultato di gestione che in termini di “impieghi”, coniugando la dimensione “etica” con quella economica.
Oltre un secolo fa Mark Twain scriveva che “un banchiere è un tizio che ti presta l’ombrello quando c’è il sole, e lo vuole indietro appena inizia a piovere”. In termini tecnici, si parla di comportamento pro-ciclico: le banche prestano troppo nei momenti di boom economico, e troppo poco quando le cose vanno male. Un fenomeno che amplifica tanto le bolle quanto le recessioni.
Fin troppo facile riconoscere questo comportamento nelle banche italiane, che fino allo scoppio della crisi hanno prestato spesso “allegramente”, soprattutto agli amici degli amici e finanziando cattedrali nel deserto. Allo scoppio della crisi ecco il cosiddetto credit crunch, si chiudono i cordoni della borsa amplificando le difficoltà per imprese e famiglie. Difficoltà che si traducono in maggiori sofferenze per le banche, che tendono quindi a prestare ancora di meno, in una spirale che si auto-alimenta.
Questa è una delle spiegazioni dell’attuale livello di sofferenze. In media per le banche italiane siamo oltre il 10%. Un’enormità, tanto che da mesi si cerca una soluzione, tra bad bank e dintorni. Banca etica presta a realtà spesso considerate più rischiose o addirittura “non bancabili” dal sistema bancario tradizionale. A prima vista sarebbe quindi un risultato ottimo se riuscisse ad avere sofferenze in linea con le altre banche. Le sofferenze invece non sono simili, e non sono nemmeno leggermente più basse. A fine 2015 erano al 2,7%, circa quattro volte più basse del sistema bancario italiano. Le sofferenze nette erano ben al di sotto dell’1%.
Chi ha guidato la banca negli ultimi anni è riuscito a coniugare la dimensione “etica” con quella finanziaria ed economica, tenendo un comportamento anticiclico che ha permesso di aumentare i prestiti erogati a famiglie, imprese e realtà del terzo settore, della cooperazione sociale e internazionale, sostenendo le forme di “nuova economia”. Sabato a Padova l’assemblea di Banca Etica eleggerà il nuovo Consiglio di Amministrazione, che dovrà proseguire sulla strada che è stata tracciata fino a oggi, lavorando in continuità con i risultati di questi anni e proseguendo con la capacità di innovare e leggere le trasformazioni della società e dell’economia.
Il segreto della finanza etica è probabilmente prima di tutto considerare la finanza come uno strumento e non come un fine in se stesso. Una considerazione non banale nel momento in cui gran parte degli operatori finanziari sembrano inseguire soldi dai soldi nel più breve tempo possibile. Se la finanza è uno strumento, deve invece interrogarsi su quali siano gli obiettivi, ovvero quale sistema sociale, ambientale, produttivo vogliamo costruire, e su come mettersi al servizio e contribuire alla sua realizzazione. Per farlo occorre coniugare le competenze economiche con la conoscenza della finanza etica, dei suoi principi e dei suoi valori, della storia della Banca e del suo mondo di riferimento. Un percorso unico che si sta rivelando nettamente migliore non “solamente” dal punto di vista sociale e ambientale, ma prima ancora da quello economico e finanziario.
Il grafico qui sotto è un confronto tra il valore delle azioni di Banca Etica e quello dell’indice italiano delle prime 20 banche quotate italiane
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