mercoledì 27 luglio 2016

Lazio, firmato protocollo per la gestione dei beni confiscati alla mafia

Alla firma del protocollo hanno partecipato, tra gli altri, il Procuratore Giuseppe Pignatone, il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, e il sindaco di Virginia Raggi.

osservatorelaziale.it Redazione
immagineLAZIO - E' stato siglato ieri pomeriggio, negli uffici della presidenza del tribunale di Roma, il nuovo protocollo per la gestione dei beni confiscati alle organizzazioni mafiose nel Lazio. Il documento, già sottoscritto due anni fa da un numero ristretto di soggetti, è stato oggi allargato a 18 organizzazioni. Tra i firmatari, oltre al Tribunale di Roma, figurano la Regione Lazio, Roma Capitale, Camera di Commercio di Roma, Unindustria, Confcommercio Roma, Abi, Cgil, Cisl, Uil, Federlazio, Cna, Coldiretti Lazio, Associazione Libera e Legacoop. Alla firma del protocollo hanno partecipato, tra gli altri, il Procuratore Giuseppe Pignatone, il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, e il sindaco di Virginia Raggi. “La necessità di questa cogestione con tanti soggetti che non hanno alcun obbligo istituzionale deriva dal fatto che il tribunale di Roma, in questo momento, gestisce un patrimonio enorme. Siamo sui 1100 immobili in sequestro e 300 aziende attive sul mercato. Un patrimonio di un miliardo e mezzo circa – ha affermato il presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Roma, Guglielmo Muntoni – La nostra prima preoccupazione è quella di mantenere tutte le aziende che sequestriamo attive, mantenendo i posti di lavoro e le attività commerciali. L'altro scopo è quello di assegnare gli immobili, se liberi, e destinarli ai comuni in cui si trovano per uso pubblico”.
Presente, ovviamente, alla firma dell'accordo anche la procura capitolina che -come spiegato da Pignatone “non figura tra gli impegni specifici perché è quella che da il là alle richieste con le indagini”. In un passaggio del suo intervento, il procuratore ha poi sottolineato come spesso lo sforzo degli attori impegnati nel contrasto alla criminalità organizzata non vengano percepiti fino in fondo. “Quando, dopo un sequestro, una azienda sequestrata ricomincia a lavorare non è uno scandalo perché tutto continua come prima e dietro c'è un mafioso come prima -ha detto Pignatone riferendosi al lavoro delle istituzioni che si impegnano per restituire i beni confiscati alla collettività- E' un esempio virtuoso di una società e di uno Stato che funziona e che rimette in moto delle realtà produttiva evitando licenziamenti e perdite di ricchezza complessiva.

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