Dal 17 al 19 luglio, secondo il comando centrale (Centcom), le forze aeree statunitensi hanno compiuto almeno 28 attacchi contro quelle che hanno definito “unità tattiche e postazioni di combattimento” del gruppo Stato islamico nei pressi di Manbij.
Riccardo Noury Portavoce di Amnesty International Italia
Ammesso che lo Stato islamico avesse nascosto suoi uomini e armi in mezzo al villaggio – un modo di fare tipico dei gruppi armati che operano in Siria – il comando Usa sa bene che il diritto internazionale umanitario impone di prendere tutte le misure necessarie per ridurre al minimo i danni ai civili, compresa l’opzione di annullare o rinviare l’attacco in programma. E invece siamo di fronte alla più ingente perdita di vite umane causata da un’operazione della coalizione Usa in Siria. Da giugno i civili uccisi in attacchi del genere sarebbero oltre 100.
Il Pentagono ha promesso un’indagine. Che dev’essere però indipendente e trasparente, in grado di determinare cosa è accaduto ad al-Tukhar e chi sono i responsabili, affinché questi ultimi siano sottoposti a processo e le famiglie delle vittime ottengano pieno risarcimento.
Alla luce degli attacchi di al-Tukhar, Amnesty International sta riesaminando tutte le informazioni disponibili su decine di attacchi attribuiti alla coalizione a guida Usa, da questa sempre smentiti, nei quali sarebbero stati uccisi numerosi civili. Ciò che è purtroppo certo è che da quando, nel settembre 2014, la coalizione a guida Usa ha avviato le sue operazioni militari in Siria, gli attacchi aerei hanno ucciso centinaia di civili. Domenica cinque ospedali da campo ad Aleppo sono stati colpiti da bombardamenti attribuiti alle forze governative e all’aviazione russa. Altre vittime sono state segnalate a seguito degli attacchi aerei della coalizione in Iraq.
L’annunciata offensiva aerea e di terra della coalizione diretta da Washington per strappare Mosul allo Stato islamico rischia di diventare una trappola mortale per decine di migliaia di civili intrappolati nella seconda città irachena.
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