giovedì 21 luglio 2016

UN PAESE A PEZZI FISICAMENTE E MORALMENTE

Un paese a pezzi: lo dimostrano il terribile incidente ferroviario della Puglia e il progressivo disfacimento degli acquedotti, ieri Roma si è allineata con Genova e Firenze nella dimostrazione di un vero e proprio crollo. 

pane-rose.it Franco Astengo
Nello stesso tempo una grande operazione contro l’ndrangheta ha messo in rilievo, ancora una volta se mai ce ne fosse stato bisogno, le infiltrazioni della malavita in un gran numero di lavori di pubblica utilità e, in particolare, di grandi opere (nella fattispecie il fantomatico terzo valico che dovrebbe velocizzare i collegamenti tra il Piemonte e la Liguria devastando le valli alle spalle di Genova).
Qualcuno si è interrogato sul fatto che dall’elenco manca la TAV, ma lasciamo i sospetti in un angolo almeno in questo momento.
Il primo punto sul quale appuntare la nostra riflessione riguarda l’espansione della capacità di controllo della criminalità organizzata al di fuori dai propri territori d’origine e in particolare al Nord: non si tratta di un fenomeno recente (risale almeno agli anni’30 del secolo scorso, attraverso il meccanismo dei domicili coatti) eppure ogni volta che il fenomeno risalta all’evidenza giornalistica c’è chi si (o fa finta) stupisce.

Nella somma di ingiustizie che alimentano la vita di questo Paese appare evidente che manca la consapevolezza del fenomeno di una criminalità organizzata che ha in mano buona parte del territorio e attività decisive per lo sviluppo (o di quel poco che ne resta) ed egualmente in ogni occasione risaltano i collegamenti con la politica.
Non esiste, evidentemente, nessuna seria azione di contrasto al Nord come al Sud e le cosiddette “grandi opere” (per lo più inutile e, anzi pericolose) rappresentano terreno di scorribanda adatto a questo tipo di imprese.
Un paese a pezzi che avrebbe bisogno di ricostruire la rete ferroviaria nel suo insieme con la priorità rivolta alle linee sulle quali si spostano lavoratori e studenti ogni giorno; di rifare la rete idrica che, nel complesso, si trova in situazioni penose; di ammodernare la rete stradale, in gran parte, ferma a 50 anni fa; di provvedere al recupero dei grandi centri storici.
Un paese completamente privo di un piano industriale e ormai al di sotto dei livelli minimi nei settori strategici della siderurgia, della chimica, dell’elettronica, dei beni di consumo, dell’agro alimentare, finendo asservito alla tecnologia straniera nei campi decisivi dell’innovazione tecnologica.
Un paese che, fin dagli anni’80 del XX secolo, ha sbagliato clamorosamente il modello di sviluppo cedendo alle privatizzazioni dell’industria e delle grandi utilities e sciogliendo enti come l’IRI che, pur tra grandi contraddizioni, avrebbero potuto svolgere una funzione preziosa.
E’ stata lasciata, invece, via libera alla grande corruzione e all’ingresso in forze della criminalità organizzata nei grandi affari pubblici.
Sarebbe necessario un grande piano d’intervento pubblico con una massa d’investimenti adeguati ma le possibilità finanziarie che pure esistono sono rivolte al salvataggio di banche mandate a ramengo da politiche finanziarie di tipo familistico, clientelare, subalterne e logiche speculative mentre i bilanci degli enti locali sono strozzati dai debiti contratti per operazioni finanziarie sbagliate fondate su derivati e titoli tossici.
Le operazioni antimafia (n’drangheta, camorra, ecc, ecc) mettono ogni volta in mostra una situazione di questo tipo collegandola alla politica, alle logiche di potere, al voto di scambio.
E’ questa la situazione concreta nella quale ci troviamo, in un quadro di disoccupazione cronica (quella giovanile al 40%), di definizione del processo di dissolvimento dello stato sociale, d’incapacità di affrontamento delle grandi emergenze come quelle delle migrazioni.
Non c’è reazione, non c’è intervento sociale, decade il ruolo dello Stato che i governanti confondono con l’esercizio di un indiscriminato potere come si vorrebbe realizzazione con le deformazioni costituzionali.
Franco Astengo

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