Pubblichiamo l'intervento di Diego Rizzato, direttore generale di Microcredito Italiano spa, sul tema del nuovo registro degli operatori di microcredito.
Il legislatore, proprio per questo, ha istituito questo nuovo soggetto nel panorama del credito: l’operatore di microcredito.
Peccato che i tempi non siano collimati. E’ stata creata una sezione del fondo appositamente per gli operatori, ma non c’erano operatori.
Per questo auspico che, quando ce ne sarà un congruo numero, la sezione dedicata del fondo di garanzia venga usata solo da questi ultimi.
La nuova normativa è, seppur perfettibile, un grande passo avanti rispetto al passato, dove operatori senza regole hanno occupato spesso nel bene, ma qualche volta anche no, il mercato di riferimento. Il regolamento (decreto del Mef n. 176, 17 ottobre 2014) prevede l’importante attività di tutoraggio, tramite l’erogazione dei servizi ausiliari e di monitoraggio previsti, i quali posso essere erogati anche tramite soggetti terzi che “sappiano fare questo mestiere”. Tali soggetti sono anche quelli (e i soli) che possono promuovere e collocare i finanziamenti.
Inoltre il legislatore ha previsto una sezione dedicata del fondo nazionale di garanzia a favore dei finanziamenti per il microcredito. Valutato anche che il regolamento consente una leva finanziaria di 1 a 16 (con 1 milione di patrimonio si possono erogare 16 milioni di finanziamenti), credo che ci siano tutte le condizioni per poter fare bene questo nuovo mestiere-compito, che sia chiaro, non è pane per sprovveduti e avventurieri, ma solo per gente professionalmente preparata e di buona fede.
Quali le pecche della normativa? Se proprio vogliamo trovarne qualcuna:
1) Il regolamento prevede che l’azienda finanziata possa avere massimo 5 anni di attività. Credo sia un limite. Portando il limite a 10 anni e magari raddoppiando anche gli altri parametri (indebitamento, fatturato, totale attivo), la platea dei prenditori si allargherebbe notevolmente con ovvi vantaggi per le pmi.
2) Non viene finanziata la srl ordinaria. Credo sia un limite. Sinceramente questa è una pecca, anche se l’ostacolo può essere aggirato partendo con una srl semplificata per poi trasformarla in ordinaria.
3) Il legislatore non ha pensato, dopo aver creato un regolamento (bene) e aver abbinato una sezione del fondo nazionale di garanzia (bene), a dare anche fiato al nuovo operatore, suggerendo alla politica canali di funding agevolato, e qui penso a Cassa depositi e prestiti. Se la Cassa fosse semplicemente “attenzionata” e mettesse a disposizione dei nuovi soggetti (e non delle banche) una linea di funding dedicata e specifica, questi ultimi potrebbero perlomeno partire senza affanni e avere il tempo per creare un virtuoso “funding mix” con altri intermediari vigilati, fondazioni, casse previdenziali, privati investitori, soci, che darebbe davvero grandi opportunità di successo a coloro che volessero intraprendere questo pur difficile percorso.
Fare funding a costi sostenibili è la vera sfida degli operatori. Se davvero la politica è quella di favorirli, sarà opportuno focalizzare l’attenzione su questo aspetto determinante. Rimanendo su tale tema, le casse mutue dei professionisti per esempio, detengono, solo di liquidità sul sistema, oltre 1 miliardo di euro. Sarebbe utile, magari tramite convenzioni per i nuovi iscritti agli ordini che possono accedere al microcredito, che le stesse potessero fornire cassa agli operatori, cassa fra l’altro remunerata ben oltre i tassi bancari. Lo stesso dicasi per società di gestione del risparmio, fondi pensione, fondi di investimento, fondazioni bancarie: creare sensibilità e attenzione verso il micro-credito e andare a fornire agli operatori il funding necessario può portare solo a percorsi virtuosi per tutti gli interlocutori. Questo, quindi, il vero nodo da sciogliere per far decollare il microcredito nuova versione 111 t.u.b. Vediamo invece molti che si affannano a creare strutture che possano fare il tutoraggio che è un falso problema, assodato che i 7 servizi previsti da decreto sono alla portata di tutti gli studi associati di professionisti, consorzi fidi, associazioni di categoria, incubatori di impresa.
L’altra cosa da fare è quella che, appena ci sarà un giusto numero di operatori, il fondo nazionale di garanzia dedicato al microcredito supporti solo gli operatori, come in origine doveva essere. Le banche “usino” gli operatori con appositi accordi e convenzioni per fare microcredito. Solo così, uscendo da logiche prettamente bancarie e usando in pieno la soft information, si creerà un volano virtuoso per far decollare migliaia di start-up e aiutare in momenti di debolezza la giovane pmi.
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